“Perché chiamarmi assassino e non piuttosto la collera di Dio che arde sulle orme dell’oppressore e moda la terra quand’è intrisa di sangue?”
Quando ho letto questo incipit, tratto da Il vendicatore di Thomas De Quincey ho pensato subito di aver per le mani un libro ad alta tensione. Furente, feroce, travolgente. Di quelli da divorare, dai quali lasciarsi coinvolgere e sconvolgere. Non è stato così, per la prima volta mi sono trovata di fronte a un’opera narrativa che non mi ha affascinato più di tanto.
Mi piace la letteratura ottocentesca o meglio, mi piace la letteratura inglese ottocentesca. Almeno per quanto riguarda i pochi autori o autrici ai quali mi sono accostata come lettrice. Ne apprezzo l’eleganza stilistica, l’ironia, la capacità di creare intrecci e colpi di scena mai scontati che li rendono, secondo me, sempre attuali.
Se poi vi è una componente emotiva molto forte, tipica del pensiero romantico inteso nel senso letterario del termine, la letteratura inglese è il massimo. Con Thomas De Quincey non ho rilevato queste peculiarità.