Più o meno in questo periodo, sul blog si torna a parlare dei libri e delle storie finlandesi di Arto Paasilinna.
Sembra quasi una tradizione di lettura e, quest’anno, il romanzo scelto è Piccoli suicidi tra amici.
A una superficiale lettura della sinossi, Il guardiano di Peter Terrin pare la versione belga-olandese, con intarsi provenienti dalla letteratura kafkiana, dell’individuo descritto da Dino Buzzati con Il deserto dei tartari e, in un certo senso, è così.
A divergere leggermente dal tema dell’uomo lasciato solo con i suoi pensieri è il modo con cui Il guardiano triplica il suo Io con l’intento di tener separate tra loro le singole parti di cui un individuo, bloccato in una condizione di attesa perenne che ne mette a dura prova la salute mentale, è composto.
La vita perfetta di William Sidis di Morten Brask è l’ultimo dei libri editi Iperborea che ho scelto di leggere prima della fine del 2021.
Romanzo logico e giusto, è una storia singolare perché si struttura, soffermandosi sul significato della parola perfetta, sulle considerazioni che si fanno quando si segue, senza ragionare, la comune inclinazione a credere che la parola felice sia di scontata applicazione quando si narra di una delle menti più brillanti della Storia.
Il mondo delle fiabe è sconfinato per i motivi e le interpretazioni di lettura che se ne possono trarre, a prescindere dalle condizioni spazio-temporali che gli danno voce trovando chi lo ascolta.
Uomini e troll di Selma Lagerlöf è una raccolta di fiabe svedesi tradizionali e non che, secondo Iperborea, si prestano ad essere raccontate per mettere in luce i punti oscuri dove realtà e immaginazione si confondono lasciando, ripulite da moralismi preconfezionati, intatte le incertezze che le rendono storie attuali, sulle quali soffermarsi.
Tra i libri dell’estate passata, L’anno della lepre di Arto Paasilinna è forse tra i più belli per mantenere la tradizione di leggere la letteratura finnica e conoscere meglio l’umorismo nordico.
Con Il figlio del dio del tuono si replica, dunque, quella che è iniziata come un’esperienza di lettura insolita, non sempre facile da decifrare, ma piacevole per la modulazione di toni con cui Arto Paasilinna racconta argomenti delicati e complessi che si intersecano con lo spirito finnico e con la storia, la cultura e la politica di una nazione famosa in tutto il mondo per i laghi, le foreste, le aurore boreali e i temporali che descrivono un palcoscenico sul quale viverci non è poi così semplice.
Che ne è stato di te, Buzz Aldrin?
Un buon titolo per progettare un romanzo normale che si ispira al secondo astronauta a mettere piede sulla luna e a raccontare la storia di Mattias.
La risposta che Johan Harstad formula in questo libro è ampia e articolata.
Non c’è niente da aspettarsi dai suoi personaggi eppure, dati i grandi riferimenti di cui si avvale per dare corpo alla narrazione, si spera che soddisfi le aspettative di chi è convinto che, tutto sommato, non serve andare sulla luna per avere qualcosa da raccontare.
Ho notato La fonte della vita di Bergsveinn Birgisson in libreria perché mi sembrava fuori posto, come se il lettore o la lettrice prima di me avesse cambiato idea non concludendo così il percorso che va dallo scaffale alla cassa.
Questa discordanza mi è rimasta impressa e me ne sono ricordata in un secondo momento, quando ho trovato il libro dove immaginavo dovesse essere il suo posto.
Dando uno sguardo alle prime pagine pare che La fonte della vita contenga una storia che, dall’Islanda e dalla Danimarca, sia giunta fino alle orecchie di Leopardi. Ciò mi ha convinta a comprare un’opera curiosa, un romanzo pratico e razionale, un libro di difficile definizione.
Crepitio di stelle. Il titolo del romanzo di Jón Kalman Stefánsson è suggestivo.
Vien da chiedersi come sia possibile che le stelle abbiano un suono descrivibile con la parola crepitio.
Un suono che richiama la carta che brucia ed esala un ultimo barlume di vita prima di tramutarsi in cenere ma che comunque lascia tracce sufficienti per comporre un romanzo sull’amore, sulla memoria e sulla poesia condotto dalla voce narrante di un adulto e dalla visione che un bambino ha degli istanti, anche dolorosi, dell’esistere.
Paragonato a L’anno della lepre di Paasilinna, La via del bosco di Long Litt Woon si presenta come una storia di lutto, funghi e rinascita.
I due libri, così accostati, esulano un po’ dai soliti romanzi per addentrarsi nelle caratteristiche che, insite in questa forma letteraria, li classifica come tali raccontando quel qualcosa a cui normalmente non si pensa e che sorprende per non essere mai stato notato prima.
La via del bosco è un libro che racconta un corso volto a rielaborare il lutto soffermandosi sulle strutture della micologia e della complessità di emozioni e sentimenti dalle quali è possibile ricavare possibilità che si crede aver perduto per sempre e che cambiano la visione generale che si ha di certe tematiche.