A una superficiale lettura della sinossi, Il guardiano di Peter Terrin pare la versione belga-olandese, con intarsi provenienti dalla letteratura kafkiana, dell’individuo descritto da Dino Buzzati con Il deserto dei tartari e, in un certo senso, è così.
A divergere leggermente dal tema dell’uomo lasciato solo con i suoi pensieri è il modo con cui Il guardiano triplica il suo Io con l’intento di tener separate tra loro le singole parti di cui un individuo, bloccato in una condizione di attesa perenne che ne mette a dura prova la salute mentale, è composto.