La prima volta che ho ascoltato una traccia vocale lasciata da Emanuela Maisano mi sono lasciata affascinare dalla sua voce. Gentilezza, eleganza, charme sono gli aggettivi che affiancherei alla mia ospite di oggi.
Ho incontrato Emanuela di persona a Milano e quando ha cominciato a raccontarmi della sua passione per la radio le ho, a mia volta, parlato di un passo che avevo letto su Haiku e SaKè dove Susanna Tartaro dice:
“Verso la fine degli anni Ottanta […] mi capitò una vecchia intervista a Primo Levi. Ad un certo punto dell’ascolto di quella vecchia bobina, in un preciso momento che non dimenticherò mai, “capisco” la radio. Ricostruisco. A una domanda dell’intervistatore, Levi non risponde subito, c’è quello che in gergo si chiama “buco”, ovvero un silenzio un po’ troppo lungo. Poi si sente un cigolìo, lievissimo, come di chi stia cambiando posizione per mettersi più comodo sulla sedia. Ancora silenzio, sembra interminabile. Poi, ecco: la rotellina sfregata tra le dita dell’accendino, che immagino di plastica, tipo i vecchi Bic. Subito dopo, è questione di secondi, l’aspirazione di quella che ora vedo come una sigaretta tra le labbra dello scrittore. Alla fine, un lungo respiro. Vedo ancora il fumo che esce dalla sua bocca e che va esaurendosi con questo lungo, interminabile respiro di Levi al microfono, prima di rispondere alla domanda. Fine del buco sonoro. Levi risponde. Ed ecco a voi: la radio.”
Mentre cercavo di riportare le sensazioni provate durante la lettura, di come certi vuoti arrivino a toccarci nel profondo pur essendo di natura volatile ed evanescente, gli occhi azzurri di Emanuela brillavano di curiosità e il suo volto si apriva in un sorriso di comprensione. Sentivo che capiva ciò che stavo cercando di condividere con lei.
Mi disse che le avevo fatto venire i brividi, forse perché avevo compreso cosa alimenta la sua passione per la radio.
Oggi i brividi li ha fatti venire lei a me, perché con il suo Curriculum del lettore ha compreso la mia passione per i libri, narrandosi.