È la prima volta che leggo qualcosa di Katherine Mansfield.
La scelta di cominciare leggendo il suo Quaderno d’appunti deriva da una delle tante cose dette da Yiyun Li nelle conversazioni sulla letteratura raccolte in Caro amico dalla mia vita scrivo a te nella tua in cui si contrappongono i ragionamenti dell’autrice neozelandese con i pensieri di Virginia Woolf, della quale era contemporanea.
Con Quaderno d’appunti di Katherine Mansfield, tradotto da Elsa Morante, inizia così il mio primo tentativo di lettura di una delle maggiori autrici della narrativa breve del Novecento, troppo presto strappata alla sua arte.
Se Ritratto di signora mi parve leggero e sorprendentemente scorrevole malgrado le non esigue dimensioni e i passaggi narrativi, a tratti non proprio vagamente opinabili e indubbiamente irritanti, come poteva apparire il breve romanzo gotico al quale Henry James ha dato il titolo di Il giro di vite?
Martin Eden è il romanzo che mi è stato suggerito per leggere qualcosa di realmente piacevole, capace di dare a intelletto, anima e cuore un momento di leggerezza e armonia.
Diversi erano i titoli validi per questo obiettivo di lettura e la firma di Jack London mi sembrava un elemento rassicurante e degno di fiducia per cogliere l’occasione e tornare ai cari, vecchi classici.
I tre moschettieri di Alexandre Dumas è un classico della letteratura francese che ho rivisto su carta.
Abituata alle immagini delle trasposizioni cinematografiche e televisive avevo coltivato per l’opera originaria un interesse di lettura, se si può dire, intermittente.
L’idea che mi ero fatta dei moschettieri mi piaceva e sono rimasti nella mia immaginazione come cavalieri mossi dai più nobili ideali, sempre pronti a compiere qualche eroica avventura. È con questo stato d’animo che mi sono decisa a leggere il romanzo di Dumas.
Rivederli però mi ha dato delle impressioni un po’ diverse da quelle che ricordavo.