Morfologia della fiaba è il saggio scelto per completare la lettura degli studi di Vladimir Ja Propp iniziata con Le radici storiche dei racconti di fate.
Le pubblicazioni non sempre seguono un ordine cronologico. Questo è il caso della Morfologia, primo volume giunto ai lettori molto tempo dopo il suo approfondimento, Le radici.
Entrambi, comunque, sono state fonti di un dibattito tra studiosi formalisti e strutturalisti avviato con la lettura critica di Claude Lévi-Strauss.
Critica alla quale Propp risponde all’interno di Morfologia della fiaba. Un libro che parla di…
Morfologia della fiaba di Vladimir Ja Propp: riassunto della nascita di un metodo
Il termine morfologia è un termine botanico ispirato alla passione che Goethe aveva per questo campo scientifico che Vladimir Ja Propp applica allo studio della fiaba.
Il perché sceglie di analizzare la fiaba viene spiegato nel capitolo primo, Stato dell’arte e degli studi etnografici.
L’autore scrive che il materiale a disposizione risulta ancora poco organizzato così come è poco chiaro il metodo o i metodi adottati per classificarlo correttamente.
Ciò spiega perché in Morfologia della fiaba si ha una rassegna di quanto è stato fatto sul piano della catalogazione con indicazione degli errori commessi e che, nell’insieme, permettono all’autore di cogliere la sfida di fare un po’ d’ordine.
Specificato il fine:
“Una corretta elaborazione morfologica è propedeutica a una corretta elaborazione storica”
con il capitolo secondo, intitolato Il metodo e il materiale, si procede dichiarando:
- la fonte di riferimento scelta per l’analisi del materiale (L’indice delle favole di Aarne)
- quali e quante fiabe si utilizzeranno nel corso della trattazione (100 fiabe catalogate secondo la dicitura “di magia”)
- il dove lo studioso concentrerà l’attenzione al fine di enumerare con precisione tipologia, quantità e combinazioni delle funzioni dei personaggi dimostrando che la struttura di base della fiaba è monotipica.
Il capitolo terzo, Funzioni dei personaggi, combacia con il terzo step precedentemente dichiarato.
Le funzioni individuate da Propp sono 31 in tutto e, sebbene con variazioni si ripetano regolarmente, creano nuovi dubbi sul come dare fissità strutturale alle fiabe al fine di catalogarle distinguendo le une dalle altre. A questo punto di Morfologia della fiaba, risulta chiaro che con le stesse funzioni individuate è possibile dare alla narrazione significati diversi.
Propp si chiede quante favole si possono trovare in una e, all’interno di essa, come queste metanarrazioni variano e si distinguono fra loro.
Con il capitolo quarto, la Morfologia della fiaba si complica, anche nel titolo (Assimilazioni e casi di duplice significato morfologico della funzione).
Per discernere le stesse funzioni con significati diversi della favola, l’autore sposta il punto di vista sulle conseguenze che esse generano.
Ciò comporta ulteriori difficoltà d’analisi che vengono esplicate nel capitolo quinto e nel capitolo sesto intitolati, rispettivamente, Altri elementi della favola e Distribuzioni delle funzioni secondo i personaggi.
Elementi che vanno compresi e comparati con i Modi di inserimento di nuovi personaggi nella vicenda riportati, con le loro eccezioni, nel capitolo settimo a sua volta associato agli Attributi dei personaggi e loro significato presentati nel capitolo ottavo. Va ricordato, anche, che tali capitoli costituiscono l’embrione che ha dato origine, struttura e forma al secondo volume di Propp, Le radici storiche nei racconti di fate.
Il capitolo nono, La favola come unità, è la sintesi e ripetizione degli argomenti trattati per buona parte della Morfologia della fiaba.
Obiettivo di Propp rimane quello dichiarato e cioè quello di sviluppare un metodo che definisca e descriva con esattezza morfologica la fiaba/favola tramite un elenco dei casi di studio e delle combinazioni dei loro movimenti narrativi indicando, al contempo, il cosa stiamo leggendo.
Ne emerge uno schema che pare un’equazione matematica, scritta da un linguista e antropologo russo, che si conclude dicendo che il senso di ricavare uno schema tipico nella fiaba è quello di tramandare alle nuove generazioni un metodo per individuare con precisione “i fenomeni di schematismo e ripetizione” indagati nella Morfologia che possa essere applicato anche allo studio delle opere letterarie contemporanee al tempo in cui viene formulato il saggio.
Morfologia della fiaba e il dibattito tra Claude Lévi-Strauss e Vladimir Ja Propp
Fulcro di interesse per i lettori ai quali la Morfologia della fiaba si rivolge è la discussione che alimenta, a cominciare da Claude Lévi-Strauss. Questi, dopo aver:
- fatto una premessa che distingue gli studiosi formalisti dagli strutturalisti;
- ampiamente lodato il lavoro di Propp;
- considerato che i limiti della traduzione inglese possano aver posto a loro volta dei limiti alle sue riflessioni sul tema;
avanza delle critiche.
Secondo Lévi-Strauss, lo stimato Propp avrebbe:
- escluso l’analisi della fiaba in rapporto al mito;
- scomposto la forma dal contenuto confondendo il concreto con l’astratto;
- non considerato, dall’analisi della struttura della fiaba, il linguaggio e i modi che essa adotta per riconoscersi come genere a sé e distinguersi dalle narrazioni storiche o romanzesche.
Critiche che vengono giustificate rimandando alla distinzione tra strutturalisti e formalisti con la quale Lévi-Strauss apre la sua dissertazione e che gli servono per far sapere in cosa sbaglia, in genere, l’analisi formalista.
“[…] l’errore del formalismo, credere che ci si possa impegnare nella grammatica e rinviare il lessico”.
In Struttura e storia nello studio della favola, Vladimir Ja Propp replica che, prima di tutto, egli non è un formalista ma un empirico. Se si è creato tale equivoco è probabilmente perché il suo primo critico è uno strutturalista.
Concorde nella cattiva traduzione inglese dei suoi studi, Propp prosegue:
- consigliando ai suoi detrattori di esaminare il Goethe scienziato e da esso trarre tutti i chiarimenti di cui abbisognano per rivedere la Morfologia nell’ottica in cui l’autore la intendeva e
- raccontando il come è arrivato a scegliere la favola come materiale e contesto di applicazione pratica del metodo da lui teorizzato spiegando il perché, man mano che il lavoro procedeva, ha adottato termini fraintendibili come morfologia, funzioni, composizione e intreccio.
Il confronto che si crea tra Claude Lévi-Strauss e Vladimir Ja Propp in Morfologia della fiaba pare un duello in cui non si capisce chi è l’eroe e l’antagonista, il cavaliere o il drago.
Un duello di ragionamento in cui il premio in palio, in questo caso, non è salvare la principessa rapita e sposarla ma fornire al lettore la risposta alla domanda: come funzionano le fiabe?
Un duello, per me, che l’ho letto equiparando invece di comparare, si è rivelato emozionante anche se non risponde al perché le fiabe, così apparentemente rudimentali nelle forme ma razionalissime nelle strutture, emozionano come se fossero una finestra aperta dell’ignoto.
Immaginare tali studiosi come personaggi appassionati, oltre che esperti in materia, al punto da disquisire su di essa nei più minimi dettagli ha dato senso alla lettura e fatto riflettere sullo scopo della fiaba.
Scritto ciò, penso proprio che, dopo Morfologia della fiaba di Vladimir Ja Propp, mi dedicherò alla lettura di tutte le fiabe che troverò per il puro piacere di leggerle mettendo da parte, senza sensi di colpa, l’idea di ragionarci su. 🙂
Autore: Vladimir Ja Propp
Titolo: Morfologia della fiaba
Titolo originale: Morfologija skazki
Traduzione: a cura di Gian Luigi Bravo
Casa editrice: Einaudi
Collana: Piccola Biblioteca
Pubblicazione: 2000
Pagine: 229
Prezzo: € 18
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