Oggi, sul blog, si cambia genere con Al di là delle parole di Carl Safina e si coglie l’occasione di rimanere entro i confini del regno animale e, al contempo, uscire dal tema umanistico che, per quanto variegato e complesso, a volte, annoia.
Prima di motivare le intenzioni che mi muovono a recensirlo, consiglio (quando se ne sentirà il momento) di mollare tutto e leggere questo libro perché merita di arrivare a quante più persone siano in grado (o abbiano desiderio e bisogno) di comprendere cosa c’è al di fuori dell’umanità.
Al di là delle parole di Carl Safina: ciò che gli animali insegnano sull’umanità
Si può considerare Al di là delle parole di Carl Safina un saggio, un documentario e un romanzo corale dedicato all’osservazione e alla comprensione di elefanti, lupi e orche lasciando loro il diritto di essere come sono senza dover per forza metterli in relazione con l’umano e con i quesiti che caratterizzano l’umanità nel suo insieme.
A differenza degli esseri umani, i tre macro gruppi animali presi in considerazione non sembrano interessati a dare un senso alla loro esistenza e la percezione che ne siano consapevoli è molto forte.
A dispetto di quanto affermava Protagora, gli animali non umani non sembrano sentirsi “la misura di tutte le cose” né supporre di avere il diritto di scegliere chi merita di stare al mondo in base all’utilità perché:
“Sanno esattamente chi sono loro, e chi sono tutti gli altri. Capiscono benissimo chi è importante per chi”.
Chiarito questo, Carl Safina si prepara a capire i soggetti narrati facendo affidamento su quanto si sa sui temi della coscienza, della consapevolezza e dell’intelligenza emotiva e sociale andando al di là dei pregiudizi che si sono sviluppati in ambito etologico e dei tabù in cui si nega l’esistenza di pensieri e sentimenti umani negli animali.
“Negando la possibilità che qualsiasi altra creatura avesse pensieri o sentimenti di sorta, rinforzarono quanto tutti noi volevamo sentirci dire, più d’ogni altra cosa: siamo speciali. Siamo completamente diversi. Migliori. I migliori”.
L’autore intende dunque confutare un approccio che induce la scienza a seguire protocolli d’osservazione antitetici alla disciplina stessa e, per rimediare, riformula le domande (cosa insegnano gli animali sull’umanità?) rivedendo da altre prospettive le risposte che hanno generato parecchie incomprensioni su ciò che pensano e provano gli animali.
Gli elefanti: famiglia, empatia, lutto e dolore
Tenendo presente tale premessa si impara, ad esempio, che gli elefanti sono un insieme di famiglie guidate dalla matriarca riconosciuta come la sola capace di garantire la sopravvivenza, la riproduzione, l’unità e il benessere di ogni singolo componente.
“[…] è raro che cerchino di imporre la propria dominanza o tentino di acquisire uno status superiore. Il conseguimento di uno status non è una componente davvero importante nella società degli elefanti, e comunque arriva con l’età, come se la cosa tenuta in maggior considerazione fosse l’esperienza”.
L’esperienza degli elefanti e la maturità della matriarca non hanno a che fare con l’istinto ma con la memoria e la memoria è una caratteristica del pensiero che, a sua volta, risiede in un cervello senziente e consapevole.
Più è anziano l’individuo e maggiori saranno le probabilità che una o più famiglie di elefanti sopravviva in natura rafforzando i legami e costruendo relazioni in cui è possibile apprendere la cooperazione, il mutuo soccorso, l’empatia e mettere in atto comportamenti che manifestano l’amore per sé stessi, per i propri simili e, se necessario, anche per i non simili.
Questo è ciò che viene da presumere quando si leggono le pagine dedicate al come gli elefanti vivono il lutto e il dolore stando accanto, curando e assistendo, i componenti della propria e altrui famiglia.
Dalle testimonianze raccolte da Carl Safina, fa impressione e commuove visualizzare mentalmente gli aneddoti e i casi in cui gli immensi pachidermi sono stati visti percorrere chilometri per raggiungere il punto esatto in cui un loro simile è stato assassinato per le zanne, per cupidigia territoriale, per rappresaglia politica (per motivi, insomma, di natura umana) al fine porgere l’ultimo saluto alla salma sfiorandola con le proboscidi per poi coprirla di terra e vegetazione.
Gesti rituali compiuti da animali per i quali l’individuo conta, anche se è umano.
Gli elefanti, dunque, sembrano pensare, sentire e agire in modo molto simile all’umano rappresentando, nel concreto, valori che siamo abituati a collocare su un piano teorico, ideale, invisibile e che, invece, sono ben più preziosi dell’avorio che portano.
I lupi: status, libertà, indipendenza e altri valori concreti
Un altro modello sul cosa gli animali insegnano sull’umanità viene anticipato dall’ululato dei lupi reintrodotti nel parco di Yellowstone negli anni Settanta dopo essere stati sterminati e dopo che ci si è resi conto del danno che ciò ha causato all’ecosistema interno ed esterno della riserva.
Numerati e monitorati, i lupi sono predatori tosti e spietati e il motivo per cui sono così sembra riconducibile a una tendenza, che si pensa solo umana, a dare molta importanza allo status e al prestigio dell’individuo all’interno del gruppo sociale al quale appartengono.
Nel mio piccolo e, forse condizionata dai libri di London, ho spesso letto le lotte e gli intrighi dei lupi, per quanto cruente, come azioni giustificabili e necessarie per sopravvivere e stare nel contesto in cui viaggiano, cacciano e socializzano ed è sulla stessa linea di pensiero che ho letto come giusta e naturale l’azione umana di riportare i lupi (demonizzati da una società e da una cultura dimentica della sua origine venatoria) nelle loro terre.
I lupi sono lupi. Cercando di seguire la prospettiva di Al di là delle parole, ciò che possiedono per mantenere lo status libero e indipendente che ispirano, è una spiccata inclinazione a socializzare senza uscire dai ranghi stabiliti e di guadagnarsi il rispetto e il prestigio individuale all’interno di una collettività in cui ognuno sa chi è e cosa può permettersi di fare o non fare per vivere, prosperare e mantenere gli equilibri di un ecosistema che li colloca in cima alla catena alimentare.
Spietati nel rispettare e far rispettare le leggi della natura selvaggia i lupi si lasciano osservare, quasi fossero coscienti del loro essere spontanei detentori di qualità che suscitano ammirazione anche nella società umana come, per citarne alcune, la tenacia, la determinazione, la fiducia in sé e nei propri simili, la lungimiranza, la generosità, la lealtà, il coraggio e l’intelligenza e che rappresentano “il kit di risorse” di cui i lupi sono equipaggiati per gestire una struttura sociale dove, per parità di genere, contano due cose: la personalità del singolo e le abilità strategiche sviluppate per il bene comune.
Chi li ama vede nei lupi parecchie similitudini con la società umana, chi li odia non li vede altro che come le proiezioni delle paure, delle insicurezze e delle mediocrità che il cacciatore non si riconosce e che usa come etichette per fare del lupo la preda che non è.
Leggendo le storie di Al di là delle parole i lupi impartiscono all’uomo una dura lezione dimostrandogli, assieme ad altre specie animali osservate, che non ha l’esclusiva sull’intelligenza, che le virtù e i valori considerati tipicamente umani non sono solo umani e che:
“A essere una prerogativa umana non è la razionalità, ma l’irrazionalità, abilità fondamentale per visualizzare ciò che non esiste e perseguire idee irragionevoli”.
In sintesi, gli umani non sono gli unici, speciali e i più importanti in natura. Una verità che spaventa ammettere ma che, per gli altri animali, non è poi così sconvolgente.
Le orche assassine: modelli di tolleranza, pace e rispetto
Questo concetto, che scardina l’assunto di Protagora nel quale si indica solo e soltanto l’uomo come la misura di tutte le cose, è evidente anche in contesto marino osservando o, per la precisione, ascoltando le orche assassine, creature incredibili, affascinanti per come vivono in società complesse che interagiscono nella tolleranza, nel rispetto e nella pace.
Anch’esse abili cacciatrici (forse da questo deriva l’attribuzione dell’aggettivo assassine) le orche narrate in Al di là delle parole risultano estremamente longeve, sempre pronte a condividere il cibo, dedite al gioco e alla cura della prole, anche quando essa ha abbondantemente raggiunto e superato l’età infantile.
A differenza degli elefanti (che non hanno bisogno degli esseri umani per esistere e stare in sintonia con il mondo) o dei lupi (ai quali non importa nulla del genere umano e per il quale non sembrano provare paura malgrado le persecuzioni di cui sono oggetto) le orche sembrano inclini a considerare l’umanità interessante e divertente.
C’è dell’ironia in quest’ultima percezione d’autore. È come se una specie animale dicesse, in base alla frequenza che le è propria e che la caratterizza da altre sue simili, che, in fondo, l’umanità non è poi tanto male. Potrebbe essere un’opinione consolante per chi non sa chi è, dove sta andando e perché.
Quali valori insegna, ancora, l’animale sull’umanità?
Leggendo l’ultima parte di Al di là delle parole di Carl Safina, penso la saggezza e l’umiltà di accettare il fatto che gli esseri umani non sono i migliori ma che, nonostante ciò, il mondo è un luogo meraviglioso in cui vivere coesistere, se si cambia il termine di paragone con il quale viene misurato.
Riprendendo l’assunto di Protagora, si potrebbe modificare il senso e chiedersi chi ha o sente di avere le capacità di preservare, a tempo infinito, tutte le cose del mondo, nella sua variegata bellezza.
La risposta potrebbe sorprendere, 😉
Autore: Carl Safina
Titolo: Al di là delle parole. Che cosa provano e pensano gli animali
Titolo originale: Beyond Words. What Animals Think and Feel
Traduzione: Isabella C. Blum
Casa editrice: Adelphi
Collana: Animalia
Pagine: 687
Pubblicazione: 2018
Prezzo di copertina: € 34 (li vale)
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