Il rosso e il nero di Stendhal è uno di quei libri che pensi di dover leggere perché è un classico, nello specifico francese, della letteratura ma che, almeno nel mio caso, dopo aver letto Balzac, Flaubert, Proust o De Maupassant ho abbandonato perché mi sembrava privo di fascino.
Il rosso e il nero di Stendhal: romanzo storico e di formazione
Perno narrativo del romanzo è Julien Sorel.
Figlio di un carpentiere benestante e ignorante, istruito dal curato del paese ed educato da un ufficiale medico del periodo napoleonico, il protagonista viene sorprendentemente scelto dal sindaco di Verrières come precettore e insegnante di latino per i suoi figli.
L’aspetto aristocratico e l’indole orgogliosa di Julien agevola questo passaggio dalla casa paterna a quella del primo cittadino. Per la mentalità provinciale come quella illustrata da Stendhal, infatti, non vi è in lui nulla che possa essere utile o remunerativo per la famiglia d’origine che, pur contrattando un po’, ben volentieri si libera del ragazzo, come se fosse una bocca in meno da sfamare.
L’istruzione ricevuta dal curato, però, interessa al sindaco.
Avere un precettore può tornare utile per la reputazione di un uomo che sogna di diventare deputato e il giovanissimo Sorel è l’investimento più economico a disposizione.
La paura di perdere un’opportunità, inoltre, induce il primo cittadino ad agire in fretta, senza informarsi sull’educazione effettiva del nuovo acquisto o immaginare che un bel giovane possa risvegliare il cuore della bella e timida moglie, confinata in casa a badare ai figli. In tal senso, il sindaco corre un rischio non calcolato poiché il contesto storico sul quale Stendhal struttura il romanzo è quello della Francia ai tempi della Restaurazione e del recente passato napoleonico del quale, sotto sotto, è nostalgica.
Contesto, istruzione ed educazione dell’individuo sono dettagli che non vengono forniti al lettore per caratterizzare il personaggio, così che possa entrare in empatia con esso, ma per spiegare come:
- il periodo napoleonico abbia finito di sovvertire la gerarchia pre-rivoluzionaria smobilitando una classe sociale (la borghesia) che ha così modo di accedere e sostituirsi all’aristocrazia sopravvissuta nella gestione del potere politico ed economico di un’intera nazione;
- la fantomatica Restaurazione, che doveva ristabilire l’antico regime, abbia fallito mescolando ulteriormente le carte in tavola perché se, nel frattempo, la borghesia aveva colto l’occasione di arricchirsi e di “nobilitarsi”, l’aristocrazia aveva perso ciò che rendeva credibili e rispettabili i titoli e gli stemmi delle famiglie altolocate per nascita.
Il malcontento collettivo che trapela dal romanzo porta a seguire gli effetti che ciò ha su un individuo che, in sostanza, non sa più chi è, cosa vuole e a quale causa votarsi.
Julien Sorel non è un protagonista ma il rappresentante di un’intera società in crisi identitaria. Un dettaglio che dà al romanzo storico scorrevolezza e fascino argomentativo.
Si dice che Il rosso e il nero sia anche un romanzo di formazione però, pensando a Bel-Ami di de Maupassant, a me è parso più un romanzo deformativo il che è molto coerente con il carattere critico e informativo dell’opera di Stendhal.
Confrontando George Duroy e Julien Sorel come personaggi, somiglianti per il bell’aspetto, l’intelligenza, le ambizioni e per l’estrazione sociale, è facile notare come il primo abbia ben più successo individuale rispetto al secondo in un gioco complessivo dove vince non chi è più ipocrita e istruito a esserlo ma chi è opportunista di natura.
A Julien Sorel questo opportunismo di fondo manca e, se l’aveva, è stato distrutto anzitempo da nozioni contraddittorie che, fornite dai modelli indicati da Stendhal, l’hanno istruito a comportarsi da ipocrita mentendo su tutto quello che concerne l’educazione della persona.
- Il curato che insegna il latino e i testi sacri ma non educa a ragionare su ciò che significano e come va tramandato nella memoria collettiva troppo tardi si accorge che l’intelligenza del personaggio non aveva bisogno di credere in un dogma per realizzarsi ma di imparare a pensare con discernimento;
- l’ufficiale medico che narra le imprese napoleoniche senza spiegare le implicazioni emotive e sentimentali che stanno alla base di tali gesta non fa in tempo a completare l’educazione di un giovane che aveva bisogno di affetto e di una guida che lo orientasse sul come relazionarsi con gli altri e, nello specifico, su come amare e farsi amare dal gentil sesso;
- il direttore del seminario che insegna a disprezzare il denaro e a provare orrore verso la mondanità per poi collocare l’allievo prediletto nel cuore, arido e pulsante dell’avidità e della vanità umana, facendone segretario di un nobile parigino non si renderà conto di aver commesso un peccato mortale su un’anima che, invece, aveva bisogno di conoscere il suo valore e le qualità di cui era portatore e che potevano contribuire allo sviluppo etico e morale di una società viziata, annoiata e disgustata da sé stessa.
Queste carenze nell’educazione del personaggio privano, di fatto, il lettore delle basi formative di cui ha bisogno per farsi coinvolgere dal romanzo maturando, con esso, il desiderio che accada qualcosa che completi la narrazione rendendola più umana e personale. Ciò, purtroppo, non accade e l’individualità di Julien Sorel viene sistematicamente mutilata nella sua umanità e nella sua ragion d’essere. Compatirlo, per questo, equivarrebbe commettere, su un personaggio così disgraziato, un atto di reale e inenarrabile crudeltà.
Con Il rosso e il nero, insomma, niente si salva. È un massacro che Stendhal descrive con troppa precisione per suscitare quel fascino che, di solito, ci si aspetta da un’opera che coinvolge ed educa alla bellezza.
Autore: Stendhal (Henry Beyle)
Titolo: Il rosso e il nero
Titolo originale: Le Rouge et le Noir
Traduzione: Angela Cerinotti
Casa editrice: Demetra
Collana: Acquarelli
Pubblicazione: gennaio 1998
Pagine: 502
Prezzo di copertina: € 8.26
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