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La nausea di Jean-Paul Sarte: una prima rilettura

21 Gennaio 2022
La nausea di Sartre: storia di un individuo senza importanza

Qualunque sia il titolo più calzante per definirlo – La nausea, la noia, Melancholiail libro di Jean-Paul Sartre è la prima rilettura che affronto quest’anno per valutare quanto le mie impressioni di lettrice siano coerenti con il messaggio insito nel testo.

La nausea di Sartre: storia di un individuo senza importanza

Rileggere La nausea di Sartre è disseppellire un’esistenza fissata in un romanzo che, per ammissione stessa dell’autore, rimane insuperato perché non replicabile in modo da fornire interpretazioni diverse da quelle scritte.

La storia, come chiosa Céline, è la storia di un individuo senza importanza, Auguste Roquetin che, dopo aver molto appreso e molto viaggiato, si ritira a Bouville per dedicarsi alla biografia di un personaggio storico percepito come importante ovvero di Rollebon, castellano di Marommes.

L’idea di tenere un diario per appuntare i suoi progressi sorge in un momento specifico:

“Questa sera mi sento assai a mio agio, molto borghesemente nel mondo”.

ma rievoca un episodio in cui il narratore, osservando dei ragazzini intenti a giocare con dei ciottoli in riva al mare, si rende conto di non essere in grado di imitarli.

Per la prima volta fa caso a una vaga e indefinita sensazione di malessere che contaminerà ogni aspetto – pratico, intellettuale ed emotivo – della sua vita. Seguono pagine malinconiche in cui, tra alti e bassi e con gradualità, Roquetin dimentica l’episodio del ciottolo ma non la sensazione provata. Scrivendo si interroga sui motivi che gli hanno fatto perdere interesse per il suo lavoro e il perché continua a fingere di farlo intrattenendo, nel contempo, un minimo di contatto sociale con il bibliotecario da lui soprannominato L’Autodidatta.

La necessità di definire ciò che prova però permane e scompare solo quando si trascina al Caffè per ascoltare Some of These Days.

Probabilmente è per rivivere questo senso di liberazione che Roquetin osserva con attenzione la sua immagine riflessa, i riti domenicali della gente intenta a passeggiare e a scambiarsi sorrisi e cenni di saluto e i volti ritratti in quadri esposti in un museo, importanti perché riconosciuti come gli unici ad aver esercitato il diritto di creare la società che li espone.

“[…] me n’ero sempre reso conto: non avevo il diritto di esistere. Ero apparso per caso, esistevo come una pietra, una pianta, un microbo. La mia vita andava a capriccio, in tutte le direzioni. A volte mi dava avvertimenti vaghi, a volte non sentivo che un ronzio senza conseguenze”.

Tutti espedienti che non funzionano perché non rappresentano altro che blandi surrogati che, invece di alleggerire, acuiscono il senso di nausea di Roquetin rendendolo particolarmente irritabile e insofferente nei riguardi del suo unico interlocutore, L’Autodidatta, che prova a togliergli “l’esclusiva” dell’uomo solo e le teorie che ad esso si accompagnano cercando di collocarle a categorie umanitarie che, peraltro, Auguste rifiuta in blocco.

“Io non voglio farmi assimilare […] non commetterò la sciocchezza di dichiararmi . Io non sono umanitario, ecco”.

Tutto quello che accade o non accade nel libro conduce, comunque, alla rivelazione intuita all’inizio del diario.

Il narrante si rende conto di esistere tanto quanto esistono le cose e le persone che lo circondano. Condizione alla quale, impegnati a stare o vivere, non pensano.

È una consapevolezza della quale, tutto sommato, Roquetin non se ne fa niente rimanendo coerente ai principi sociali con cui si definisce l’individuo senza importanza, che non ha il diritto di scegliere di esistere né il diritto di decidere chi o cosa è superfluo all’esistenza stessa.

Di per sé, Auguste Roquetin non sembra sentirsi in colpa di esistere ma capisce che è la sua condizione di individuo visibile agli altri che lo induce ad apparire come se fosse importante condividere come proprie e personali le piccole e grandi meschinerie del genere umano al quale appartiene.

Nel libro, tutti sono solleciti, fino alla nausea, nel consigliargli come adeguarsi a questa convenzione sociale e a pensare, comportarsi e vivere come una collettività in cui è molto più facile e comodo considerare simile e uguale sinonimi dallo stesso significato esistenziale.

L’incontro con Annie, la donna amata, tuttavia, scioglie La nausea e permette a Roquetin di tornare al suo stato esistenziale iniziale, quello in cui si vede inerte come il ciottolo raccolto sulla spiaggia tanto quanto è inerte al cambiamento un paracarro abbandonato lungo un percorso che Annie, senza successo, ha provato a smuovere in una direzione per rendere il vivere meno noioso e più vario di quel che è in realtà.

Per concludere, anche a una prima rilettura le impressioni in merito a La nausea di Jean-Paul Sartre sono coerenti con quanto ricordavo del messaggio insito nel testo. Di “nuovo” aggiungerei che anche L’Ansia sarebbe stato un titolo calzante per questo libro o forse no. Intanto, continua ad esistere e, se serve, si sa dove trovarlo.

Autore: Jean-Paul Sartre
Titolo: La nausea
Titolo originale: La Nausée
Traduzione: Bruno Fonzi
Casa editrice: Einaudi
Pubblicazione: Edizione 37, Anno 2021
Pagine: 238
Prezzo di copertina: € 12.00

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