La felicità è un concetto astratto al quale, come l’amore, tutti aspirano e di cui tutti vogliono farne parte.
Tuttavia, poche sono le storie in cui la felicità è connaturata alla persona e alle azioni che compie per far in modo che questa condizione non dipenda dalla realtà in cui nasce, cresce, balla.
Josephine Baker è il soggetto che, malgrado le premesse, ha saputo essere Scandalosamente felice fino alla fine dei suoi giorni e che Gaia de Beaumont sceglie per ricostruire il racconto romanzato di una vita di successo.
Scandalosamente felice di Gaia de Beaumont: i passi di Josephine Baker
Josephine Baker entra in scena, nella Parigi degli anni Venti, “vestita” di un gonnellino di banane ballando sui ritmi della musica afroamericana.
Nera, esotica e bellissima è una novità sconvolgente, anche per i contesti in cui nasce e sviluppa la sua fama di ballerina e star internazionale.
Figlia di un musicista itinerante e di una domestica, Josephine nasce a Saint Louise e trascorre l’infanzia in un ghetto lavorando, rubando e facendo la fame nell’epoca del proibizionismo e delle spedizioni punitive dei bianchi contro le comunità di colore, da poco affrancate dalle leggi schiaviste americane.
Il ballo, più che un sogno, è l’unica speranza per evitare le uniche carriere disponibili alle quali le è consentito l’accesso: la serva, la cameriera o la prostituta.
“Ballavo per riscaldarmi”
Minorenne, Josephine riesce a farsi assumere in una compagnia teatrale come guardarobiera dove apprende e perfeziona la sua conoscenza dei balli più in voga del momento preparandosi ad entrare in scena alla prima occasione.
Colta l’opportunità, decide di non lasciarla andare e, in una fuga rocambolesca da casa, segue la troupe fino a Philadelphia e riesce a farsi accettare da essa per il suo modo assolutamente unico e singolare di intrattenere e divertire il pubblico con le sue movenze selvagge e disarticolate e le buffe mimiche facciali.
A diciannove anni, Josephine è sposata e porterà sempre con sé il cognome del marito, Baker, che, peraltro, abbandonerà cogliendo subito, senza pensarci, la proposta di esibirsi a Parigi indossando il minimo indispensabile.
Sempre danzando e sorridendo, l’americana di colore dà spettacolo collezionando amanti, rigorosamente bianchi, e scuotendo l’Europa dalla depressione, non solo economica ma anche emotiva e sessuale, del primo dopoguerra.
Osannata, celebrata ma non amata, Josephine Baker irrompe prepotente nelle vite di un tempo che per lei fu Scandalosamente felice fino e anche oltre lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Periodo al quale reagisce reinventandosi, con lo stesso successo ottenuto nel ruolo di ballerina, collaboratrice del controspionaggio francese prima e tenente dell’aeronautica poi.
Con il secondo dopoguerra, i passi di Josephine Baker sembrano destinati a interrompersi ma l’eroina, realmente esistita, reagisce all’invecchiamento, alla sofferenza e alle brutture del vivere con la solita, costante, impertinente esuberanza.
Le sue tournée in America e altrove, fallimentari sul piano individuale e professionale, la riporteranno sempre in Francia, ormai sua patria d’adozione, luogo dove cerca di raggiungere il successo che le serve per spegnere la fame di giustizia e umanità di cui ha sempre patito facendosi paladina dei diritti che ha visto violare per mezzo della povertà e della discriminazione razziale.
Nel suo stile sempre spettacolare, coreografico e volutamente scandaloso, Josephine decide di imporsi non solo per divertire ma anche per mobilitare il pubblico ad agire per il bene di tutti, non solo dei propri simili o quando è più comodo e conveniente sebbene la storia romanzata di una vita sulla quale non vi è molto da ridere, per l’inesauribile energia che ha speso per essere integrata e accolta, si faccia via via sempre più fredda, indifferente e incapace di meravigliarsi.
L’andamento narrativo pare affievolirsi e uniformarsi allo stile di scrittura un po’ piatto e un po’ banale con il quale Gaia de Beaumont cerca di seguire pregi, difetti e ritmi di una Josephine Baker sfuggente e incontenibile.
Sul finale ci si aspetta, dopo tante scenette che la ritraggono sorridente, spiritosa ed egocentrica fino all’inverosimile, di versare amare lacrime di rimpianto e compatimento. Tuttavia, non è nello stile di Josephine Baker offrire questo e, fino all’ultimo, entrerà in scena solo per ballare e far le smorfie mostrando, a chi legge e a chi l’applaude, come si può reagire alla tristezza, al cinismo e al disincanto.
Un vecchio detto, dimostrato da studi americani, dice che ridere fa bene al cuore. Con questo pensiero, di sfondo al libro di Gaia de Beaumont, come si fa a leggere Scandalosamente felice senza sentirsi scaldare al ritmo e al suono dei suoi passi?
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