Il mondo delle fiabe è sconfinato per i motivi e le interpretazioni di lettura che se ne possono trarre, a prescindere dalle condizioni spazio-temporali che gli danno voce trovando chi lo ascolta.
Uomini e troll di Selma Lagerlöf è una raccolta di fiabe svedesi tradizionali e non che, secondo Iperborea, si prestano ad essere raccontate per mettere in luce i punti oscuri dove realtà e immaginazione si confondono lasciando, ripulite da moralismi preconfezionati, intatte le incertezze che le rendono storie attuali, sulle quali soffermarsi.
Uomini e troll di Selma Lagerlöf: fiabe in cerca di un’etica
Il bambino scambiato apre la raccolta di Uomini e troll dando una versione molto più precisa e più umana del pensiero comune che si ha dell’istinto materno e di come questo si sviluppa a prescindere dalla logica della paternità che riconosce un figlio solo se concepito nel matrimonio o del quale è comunque accertata la consanguineità. Innestata sulla certezza/incertezza della proprietà biologica la fiaba è efficace per illustrare una verità che, più che una morale assoluta, suggerisce un’etica di comportamento che si può adottare per riavere indietro ciò che è stato sottratto o non accettato per motivi estetici.
Il tomte di Töreby segue lo stesso filo conduttore con il quale Selma Lagerlöf intesse un percorso narrativo incentrato sull’etica umana. In questa fiaba, l’elemento magico è rappresentato da un folletto protettore al quale la servitù, indirettamente, si rivolge per impedire al padrone di sperperare la sua fortuna al gioco. Anche in questo caso, si racconta una scelta esistenziale il cui risultato sarà incerto ma decisivo per delineare lo stile con il quale i personaggi andranno incontro al vivere o al morire.
Una vecchia storia d’alpeggio racconta la storia di una ragazza lasciata sola in una capanna che, sorpresa da un brigante, riesce a difendersi e a fuggire portando in salvo sé stessa e le proprietà dell’uomo che sposerà. I motivi fiabeschi analizzati da Propp e che rimandano ai riti d’iniziazione con i quali si preparavano fanciulle e fanciulli al matrimonio e all’ingresso in società ci sono tutti. L’andamento della fiaba è sicuro perché la ragazza viene descritta come intelligente, istruita, ben informata e questo farà la fortuna sua e della comunità. Eppure nessuno si salva dalla cecità, dall’abbandono, dalla pazzia e quello che secondo la logica e la morale doveva portare per forza portare a un lieto fine condurrà a un finale che ha qualcosa di troppo innaturale per essere razionalizzato e interpretato in senso positivo.
Magister Fryksyedt è uno dei personaggi descritti in un romanzo che, nell’insieme, non ha incontrato i gusti della zia Nana, la lettrice più severa e attenta di Selma Lagerlöf. Più che una fiaba, è un aneddoto che fa da anello da congiunzione tra la realtà e l’immaginazione di Uomini e troll rimanendo sul piano del racconto. Vere o false che siano, le deduzioni tratte possono non essere considerate corrette (la parola sbagliato non compare nel testo) però rimangono coerenti all’immagine che l’autrice voleva infondere nel romanzo cogliendone la realtà che la zia si sente responsabile di tramandare alla nipote.
A proposito di emigrazione non è una fiaba ma una storiella decisamente edificante per chiarire, in pochi passaggi, che esprimere un’opinione non equivale a pensare. Il personaggio che tace per tutto il tempo e il personaggio che parla non appena viene interpellato sono gli unici che restano in tema al discorso mettendo la parola fine alla discussione narrata.
Mathilda Wrede è un’opera d’arte ritratta mentre è ancora in vita e che, secondo Uomini e troll, è sulla buona strada per arrivare alla santificazione. Fiabesca per il semplice fatto di esistere, Mathilda ha il talento di ascoltare l’umanità rifiutata ridando vita a storie condannate a stare e agire in realtà dominate dalla prigionia, dalla miseria e dalla cattiveria. Figura mediana, descritta come predicatrice ma percepita e riconosciuta per il ruolo salutare che esercita in società, la Wrede assomiglia un poco a Momo di Michael Ende e, come l’estimatore dell’opera d’arte, è difficile non concordare sulla credenza di trovarsi di fronte a un ritratto che, per il suo valore empatico, dispiacerebbe perdere.
L’acqua di Kyrkviken è una fiaba in cui le forze naturali e le forze divine si scontrano in un mondo in cui credenze popolari e dogmi religiosi coesistono nelle immagini del pastore e del pescatore. Tra di essi si instaura un dialogo che verrà risolto tramite un inganno che, sebbene ordito in buona fede, avrà un esito tragico. Alla ragione insita alla fiaba, perduta la battaglia, non resta altro che essere compatita per il fatto che non potrà più esprimersi in una morale che non sia di cordoglio e pentimento.
Lo spirito servitore chiude, infine, la raccolta e racconta la storia dell’apprendista calzolaio il quale, dopo essersi avventurato in un cimitero, ne torna cambiato e provvisto di poteri magici. A differenza delle fiabe classiche, dove la trasformazione dell’eroe viene ben accolta in società, il personaggio andrà incontro a una serie di sfortune e disgrazie che lo costringeranno a smettere di credere nelle capacità acquisite per tornare ad adattarsi alla sua condizione originaria.
Ripercorrendo le prime impressioni raccolte nel percorso narrativo che Selma Lagerlöf indica con il titolo di Uomini e troll ciò che affascina di queste fiabe è che, pur seguendo un’idea ben precisa di etica, ben poco si prestano a divenire materiale dalla quale ricavare una morale oggettiva e incontrovertibile. L’effetto di lettura è molto particolare e interessante, da approfondire con altre opere della stessa autrice giustamente insignita del Premio Nobel per la Letteratura del 1909. 🙂
Autrice: Selma Lagerlöf
Titolo: Uomini e troll
Titolo originale: Troll och Människor
Traduzione: Emilia Lodigiani e Andrea Berardini
Casa Editrice: Iperborea
Pubblicazione: 2018
Pagine: 140
Prezzo di copertina: € 16
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