Il pensiero cinese di Marcel Granet fa parte del materiale che ho utilizzato per comporre la tesi di laurea in cui volevo confrontare due culture, la Grecia e la Cina antiche, esplorando il pensiero, rispettivamente, causale e correlativo.
Il tema mi interessa ancora.
Ricordo che mi ero ripromessa di tornarci su per riassumerlo, in alcune sue parti, in un unico post.
Il pensiero cinese di Marcel Granet: espressione, idee e sistema del mondo Orientale
La polarità, è questa la direzione che dovetti dare per la tesi su Pensiero causale e pensiero correlativo in Grecia e in Cina – Due culture a confronto. Sembrava il termine più adatto per accostarmi alla cultura Orientale rispettando le categorie con cui si applica il metodo comparativo tipico della cultura Occidentale.
Il pensiero cinese di Marcel Granet ne è un modello che, lasciando da parte l’Introduzione, è costituito dai seguenti libri:
in cui si distribuiscono i temi:
- del linguaggio,
- del tempo,
- dello spazio,
- di cosmo, del microcosmo dell’etichetta
- delle ricette di governo, di bene pubblico, di Santità e
- di ortodossia confuciana.
Causale e Correlativo, Causale o Correlativo, il fascino del pensiero rimane inalterato. Ciò che cambia è il modo con il quale lo si immagina e che può essere una lotta di forze critiche o un panorama che fluisce in tutti i suoi dettagli.
Libro I. L’espressione del pensiero
L’espressione del pensiero, si sa, si rivela principalmente attraverso il linguaggio.
È una convinzione sulla quale Il pensiero cinese di Marcel Granet non discute chiarendo però che, tra Occidente e Oriente, vi sono dei modi leggermente diversi di intendere e mettere in pratica tale concetto.
“Noi siamo abituati a considerare il linguaggio come una forma simbiotica organizzata al fine specifico di comunicare idee.
I Cinesi non separano l’arte del linguaggio dagli altri procedimenti di segnalazione e di azione”.
Lingua e scrittura cinese, monosillabiche e figurative, sono strutturate in modo tale da comunicare, con precisione concreta ed efficace, le molteplici tonalità con cui i sentimenti umani si correlano agli insiemi delle realtà sensibili che li ispirano rendendoli applicabili a tutto ciò che compone una società umana e civile.
A cambiare, nel modo di pronunciare una determinata parola non è il significato astratto ma l’azione con cui si invita l’ascoltatore ad agire secondo il pensiero condiviso e in conformità con la composizione e con le dinamiche che rendono concreta la realtà delle cose e delle essenze individuali.
Il linguaggio cinese è l’etichetta, l’insieme di regole e strutture alle quali il pensiero si adatta per esprimersi e che si attua anche nella scrittura.
I caratteri dei segni grafici del cinese sono considerati limitati in quanto raccolti e desunti dalle tracce provenienti dal mondo naturale ma sono sufficienti per integrare in essi le derivazioni simboliche che si desidera evocare, sul piano umanistico e sociale, per rappresentare le corrispondenze con le quali è possibile tenere in ordine delle realtà in movimento.
“Il primo dovere del Capo è quello di fornire agli uomini i simboli che permettono di addomesticare la Natura perché essi indicano la personalità di ciascuno degli esseri così come il loro posto e il loro rango nel mondo”.
Fissate le immagini evocate per esprimere Il pensiero cinese, Marcel Granet spiega anche qual è la funzione dello stile in un linguaggio strutturato, per lo più, sulle formule:
- della sentenza,
- del proverbio,
- dell’aneddotica e
- delle massime da calendario
con cui si veicolano metafore che appaiono banali, stereotipate, prive di significato ma atte a indicare specifici sentimenti.
Lo stile deve essere efficace per rendere immediata, chiara e comprensibile la più piccola variazione del pensiero espresso in un determinato contesto e nel rispetto di specifiche ritualità. In tal senso, le sentenze sono gli strumenti più adatti per strutturare lo stile perché:
“Non cessano di dettare agli uomini, a partire da un certo gesto, tutta la condotta che si impone quando si vuole aiutare la Natura, e alla Natura stessa esse sanno sempre ricordare, con un solo segno, l’insieme dei suoi doveri tradizionali”.
Una narrazione raccontata negli stessi termini ma esposta con spirito diverso può “causare” opinioni diverse. Ciò significa, semplificando, che colui che parla non cerca di giustificare la logica del pensiero ma di accreditare l’opinione che ha formulato per risvegliare, non per informare, il pensiero di chi ascolta.
Infine, il Libro I dedicato all’espressione del pensiero cinese condivide alcune considerazioni sui Ritmi del linguaggio che, nello scritto, non sono segnalati mediante una forma di interpunzione ma nel corso di una lettura a voce. Un’immagine dell’argomento che ricorda vagamente il latino e invita, nello specifico, a fare dei parallelismi con la metrica adottata per organizzare un discorso comprensibile e chiaro in tutte le sue sfumature di significato.
Libro II. Le idee direttrici
La panoramica sulle modalità adottate per esprimere Il pensiero cinese letta nel Libro I è propedeutica per capire quali sono Le linee direttrici tracciate secondo le nozioni di:
- Tempo e Spazio, concepiti nel loro movimento e che non vengono distinti per il valore razionale che veicolano;
- Yin e Yang, categorie cardinali sulle quali i cinesi ripongono fiducia assoluta;
- Numeri e la loro funzione classificatoria e protocollare in rapporto ai segni naturali, agli emblemi divinatori, alla musica e all’architettura;
- Tao e la sua funzione regolatrice di un vasto e dettagliato sistema di insiemi.
Nessuna delle nozioni elencate è posta in discussione per trarre da esse una definizione razionale ma sono studiate nel loro complesso e organizzate in base a come si rivelano e si alternano fra loro.
“Lo studio delle rappresentazioni di Spazio e Tempo sono un sapere al quale si confonde lo studio della morfologia sociale”.
Tempo e Spazio sono concepiti nella loro totalità e non come, rispettivamente, una monotona successione di momenti simili fra loro o un’estensione di elementi omogenei giustapposti fra loro secondo una logica standard. Sono insiemi complessi che interagiscono fra loro e dai quali derivano le forme intermedie alle quali Il pensiero cinese si accosta per collegarle a specifiche norme sociali.
Le forme del Tempo e dello Spazio sono pure. Il primo è simboleggiato dal cerchio, il secondo da un quadrato. Su questa coppia simbolica si struttura l’Impero che, suddiviso in cinque quadrati, ha nell’Imperatore il centro dove convergono e si dipanano, seguendo un andamento circolare, le relazioni sociali che, a loro volta, si mettono in atto facendo in modo che la scomposizione del Tempo in periodi, stagioni ed epoche combaci perfettamente con l’estensione dello Spazio in regioni, ambiti, climi e orienti.
Ogni parte del Tempo e dello Spazio è composta da un insieme di attributi le cui rappresentazioni si confondono con le sequenze liturgiche e rituali sviluppate per regolare l’ordine sociale e organizzare le attività umane secondo cicli e ambiti compiuti e tra loro interdipendenti secondo i ritmi che ne scandiscono l’alternanza fluida e naturale.
Da questa concezione deriva ciò che Marcel Granet descrive come una federazione gerarchizzata di estensioni eterogenee dove:
“Alla nozione di asse spazio-temporale si sostituisce, nel pensiero cinese, il concetto di centro spazio-temporale di cui l’Imperatore è il fulcro di movimento e di accordo tra periodi e regioni”.
Come coppia, Spazio e Tempo non ha alcun valore oppositivo e lo stesso vale per le nozioni di Yin e Yang intese come forze all’interno delle quali si distribuiscono categorie classificatorie intese come complementari e, per questo, utili a perfezionare la lettura dell’Universo e del suo Ordine attraverso la liturgia, il cerimoniale, l’arte topografica, cronologica e divinatoria.
“Il pensiero cinese non scinde mai la considerazione dei tempi da quella delle estensioni dove a prevalere è l’idea di alternanza, non di opposizione”.
Tale ampia e complessa visione d’insieme in tutti i suoi movimenti si ripercuote anche nell’uso dei Numeri e delle tre serie (denaria, duodenaria, decimale) atte a descrivere la realtà e le sue qualità geometriche e non a misurarla o a quantificarla.
“Invece di servire a misurare, i Numeri servono ad opporre e ad assimilare. Li si impiega per integrare le cose nel sistema formato dall’Universo.
[…] i Numeri servono a segnalare rapporti e proporzioni senza impedire né la manipolazione né un certo gioco nelle proporzioni.
[…] non sono altro che Emblemi […]”
Infine, il Tao è la nozione di cui ci si avvale per ricondurre il pensiero cinese all’Ordine dell’Universo e alle gerarchie di cui è composto per regolare le Realtà apparenti rappresentate per emblemi e collegate alle realtà concrete.
“Il Tao è l’Efficacia, ma caratterizzata dalla sua azione regolatrice in quanto si confonde con il principio sovrano di organizzazione e di classificazione.”
Tradotto come cammino, via da percorrere per, il Tao segue e attiva i sistemi di corrispondenze stabilite da microcosmo e macrocosmo che ne determinano l’alternanza di movimento e di variazione.
In quanto responsabile del Creato (non autore) al Sovrano è assegnato il compito di unire e mantenere lo status quo. Il Tao è uno strumento di potere, il mezzo con cui il vertice sociale collega Terra, Cielo, Universo e tutte le variazioni che si muovono al loro interno.
Libro III. Il sistema del mondo
Le idee di Ordine, Totalità ed Efficacia sulle quali Il pensiero cinese si concentra per studiare le loro variazioni sono le direttrici che accreditano la visione di mondo la cui autorità sociale è ispirata ai Modelli di un sistema complessivo distribuito su:
- Macrocosmo dove le preoccupazioni politiche sono più importanti delle speculazioni cosmologiche e le cui leggende hanno valore nella misura in cui raccontano il Mondo seguendo i metodi e i principi illustrati nei primi due libri di Marcel Granet. Anche le storie mitiche, dunque, obbediscono ai modelli di realtà estrapolati e archiviati in protocolli su cui si regola il sistema gerarchico della Cina feudale
“[…] fatto essenziale: la concezione del Mondo fisico è interamente governata da rappresentazioni sociali”.
- Microcosmo che indica l’insieme dei riti, delle usanze e dei miti relativi alla complementarietà della coppia destra e sinistra all’interno delle quali si distribuiscono le virtù materiali e spirituali intese, sempre, come gruppi di insiemi fra loro correlati e che vanno onorati in base alle circostanze e alle variazioni che creano quando entrano in contatto fra loro.
“Il pensiero cinese non si interessa ai contrari ma ai contrasti, alle alternanze, agli scambi ierogamici di attribuiti”.
- Etichetta, è l’unica legge che la cultura cinese rispetta perché serve a mettere in pratica tutte le corrispondenze catalogate in merito allo studio e alla lettura di Macrocosmo, Microcosmo, Universo e dalla quale trae un sistema coerente di atteggiamenti da mettere in atto.
“La psicologia cinese, ribelle a ogni postulato spiritualista, è una psicologia del comportamento che si adatta a una morale dell’atteggiamento”.
Tali motivi concettuali spiegano il perché, in Cina, non esiste l’idea di peccato originale e perché Il pensiero cinese non si è mai chiesto se la natura umana è buona o cattiva.
La Natura, nel senso ampio e umanistico del termine, è il prodotto di una combinazione di elementi che, dosati in molteplici modi affatto casuali, riconducono alla comprensione d’insieme del Tempo e dello Spazio, del Microcosmo e del Macrocosmo, dell’Essere e della maniera di essere.
Libro IV. Sètte e scuole
Focalizzandosi sul termine dosaggio, incontrato nel Libro III, diventa relativamente semplice seguire l’argomento del Libro IV dedicato alla fioritura di Sètte e Scuole in cui Il pensiero cinese si è occupato di comporre e tramandare Ricette il cui unico obiettivo è trovare il principio unico per comprendere il Tutto.
Le Ricette di governo sono organizzate secondo:
- l’arte di riuscire: mansione che spetta ai Politici, è la pratica di cogliere le occasioni di cambiamento dove le probabilità di imporsi superano i rischi di fallire per un’errata lettura della realtà sulla quale si vuole agire;
- l’arte di convincere, usando la formula del paradosso, è il percorso da seguire per forzare l’attenzione, ridurre al silenzio e insinuare, alla fine, un consiglio. Tale compito è assegnato ai Dialettici e ai Retori incaricati di comporre le ricette oratorie più efficaci per convincere senza cadere nelle trappole della discussione;
- l’arte di qualificare equivale a verificare che le designazioni e i comportamenti protocollati si svolgano correttamente e secondo specifici precetti morali. Attinente all’Etichetta, è un’arte che viene distribuita tra i Logici, incaricati a controllare che gli emblemi linguistici e di pensiero siano aderenti alle realtà che suscitano, e gli Storici (Annalisti) per eventuali aggiornamenti e/o integrazioni allo scibile di cui sono depositari;
- l’arte di legiferare si confonde con l’arte di qualificare e si occupa di controllare le combinazioni diplomatiche più adatte per garantire la stabilità sociale al fine di conciliare le forze (pubbliche e private) interne allo Stato. Si tratta di un lavoro amministrativo che spetta ai Legisti applicare, in un’equa distribuzione di pene e ricompense, con discrezione e imparzialità.
Le Ricette del bene pubblico fanno riferimento a:
- Confucio e allo spirito umanista
Paragonato a Socrate, Confucio è, secondo Il pensiero cinese, il patrono di una morale conformista e un esempio di morale nazionale il cui spirito è correlato all’azione di dirigere le coscienze degli uomini verso ideali di perfezione da perseguire con la pratica di virtù umane – rispetto di sé e degli altri, magnanimità, buona fede, diligenza, liberalità – che possono concretizzarsi solo interagendo con altri uomini all’interno di una società civile.
- Mö tseu e la dottrina del dovere sociale
Nobile senza fortuna, Marcel Granet lo definisce un conservatore pessimista la cui dottrina del dovere sociale, fondata sul principio di autorità, accorda il primato non all’umanesimo confuciano ma al senso di proprietà e alla morale tradizionale secondo cui l’opinione comune deve essere assoggettata ai precetti di pietà filiale, amore fraterno, lealtà e pudore da esercitare in una laboriosa temperanza collettiva. In Mö tseu non vi è distinzione sensibile del tu e dell’io che è, anzi, il principio di tutte le piaghe sociali. Fondamento dell’ordine sociale, secondo tale dottrina, non è il sentimento di reciprocità ma il dovere morale di vivere rispettando i dettami dell’aiuto reciproco.
Le Ricette di Santità sorgono in contesto e corrente Taoista e si ripartiscono:
- nell’arte della lunga vita e nelle pratiche magiche e nei rituali da tramandare per preservare i contatti stabiliti con la realtà sensibile e naturale favorendo il rinnovamento delle energie vitali che le attraversano;
- nella mistica dell’autonomia che, erroneamente associata alla dottrina taoista alla quale peraltro si sovrappone, invita a un quietismo naturalista in cui si medita e si predica in quiete e silenzio per combattere i dogmatismi propri dell’intelligenza razionale. Per le costrizioni in cui vive, la società umana non è naturale e la meditazione sulla sua natura è intesa non come un ritorno alle origini ma come uno studio approfondito degli elementi che l’hanno contaminata falsandone le corrispondenze d’insieme.
Le ricette di governo, del bene pubblico e della Santità costituiscono il materiale di base che ha portato lo sviluppo de L’ortodossia confuciana ripartita nelle correnti sincretiste composte da:
- Mencio e dai principi di governo per mezzo della beneficenza. Di ispirazione confuciana e taoista, tale dottrina è stata accreditata nella politica ufficiale dell’epoca Han come modello di saggezza da applicare alle relazioni sociali al fine di istruire la collettività ad agire secondo la morale del lavoro e del mutuo soccorso;
- Sun tseu e il governo per mezzo dei riti intesi come convenzioni da rispettare per mantenere l’equità sociale e civile. Malgrado non risenta delle influenze taoiste, Sun tseu ne adotta le metafore per imporre l’opinione che solo nelle cerimonie rituali è possibile rendere concreto e reale il senso di bene comune;
- Tong Tchong-Chou e il governo per mezzo della storia. Infuenzato dalla dottrina di Sun tseu, Tong Tchong-Chou si occupò di commentarne i precetti in cerca dei riti più adatti per propagare la dottrina confuciana (eliminando, al contempo, tutte le dottrine esterne all’ortodossia confuciana) e le sei arti racchiuse nei Libri Canonici, pilastri del pensiero e della cultura cinese:
Che king (libro delle poesie)
Chou king (libro dei documenti)
Li king (libro dei riti)
Yo king (libro della musica)
Yi king (libro dei mutamenti)
Tch’ouen ts’ieou (gli annali)
Rileggendo Il pensiero cinese di Marcel Granet mi è venuto il dubbio che forse nella tesi di laurea avrei dovuto adottare un metodo di studio e di esplorazione che, invece di porre a confronto la Grecia e la Cina antiche, ne indagasse le corrispondenze culturali in cerca di ciò che Fritjof Capra indica come Il punto di svolta.
Forse, chissà.
Sarò ancora in tempo per rifletterci e meditarci su?
In fondo, lo spazio sul blog c’è (e anche gli strumenti di pensiero per farlo) 🙂
Autore: Marcel Granet
Titolo: Il pensiero cinese
Titolo originale: La pensée chinoise
Traduzione: Giorgio R. Cardona
Casa editrice: Adelphi
Pagine: 473
Pubblicazione: gennaio 2004
Prezzo: € 36
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