Le radici storiche dei racconti di fate di Vladimir Jakovlevič Propp è una corposa raccolta di materiale in cui i racconti di fate non sono intesi come prodotto di fantasia o di mero folclore popolare ma come reperti da studiare attentamente per risalire, storicamente, all’età arcaica dell’uomo, ancora più remota rispetto all’antichità e alle realtà che i moderni riconducono al mondo classico.
Anche in questo post mi limiterò al compito, non facile, di schematizzare e riassumere uno studio complesso, stratificato e, nelle varianti raccolte, molto affascinante.
Avviso comunque che, malgrado l’impegno profuso nella sintesi del libro, è un post lungo (2841 parole)
Le radici storiche dei racconti di fate di Vladimir Jakovlevič Propp e le origini della fiaba
Secondo quanto riportato nell’Introduzione a cura di Alberto M. Cirese, Le radici storiche dei racconti di fate è un’opera pubblicata vent’anni dopo La morfologia della fiaba ma che, però, è stata erroneamente diffusa come se fosse uno studio antecedente alla reale opera prima inerente gli studi di ricostruzione degli elementi fiabeschi e loro collocazione nelle strutture culturali occidentali.
Tale discordanza cronologica nell’andamento editoriale della Morfologia e di Radici deriva principalmente da un conflitto politico-ideologico al quale si aggiunge la critica di Benedetto Croce che trovava:
“[…] insensato ogni tentativo di ricercare nella storia la genesi o l’origine delle fiabe”
Un reazione, questa, molto simile a quella espressa riguardo l’approccio metodologico che Ernesto de Martino (peraltro menzionato) propose per indagare il mondo e la mentalità primitiva.
Al di là delle critiche e delle varie discrepanze citate, Le radici storiche dei racconti di fate cerca nelle fiabe indizi che possano illustrare il contesto storico in cui nascono, si sviluppano e/o vengono tramandate. La tesi presenta dei limiti nell’esaurire la materia che comunque viene argomentata nei capitoli intitolati:
Premesse
Le Premesse di Le radici storiche dei racconti di fate ripetono gli studi eseguiti sulle strutture fiabesche in Morfologia dalle quali sono stati estrapolati i motivi che Vladimir Jakovlevič Propp intende approfondire per desumere, dalla categoria fiaba:
- il sistema culturale in cui nascono e
- i riti e i culti religiosi ai quali si collegano
cercando, prima di contestualizzarli in un passato storico definito, di capire il senso di tali pratiche e cosa, delle loro corrispondenze, è rimasto nelle trasposizioni e nelle inversioni di senso successive.
Nel metodo d’analisi, avvisa l’autore, non sono escluse le correlazioni con il mito anche se verrà trattato omettendone la bibliografia prodotta in merito perché considerata non sufficiente a chiarire il significato originario del racconto di fate.
L’intreccio
Secondo L’intreccio, molti racconti di fate hanno come principio narrativo il tema del distacco e della separazione che si determina quando si infrange un divieto con il quale la comunità affronta la paura di perdere ciò che la fa stare bene rassicurandola.
La paura di uscire di casa viene controllata attraverso una vasta gamma di divieti ai quali i capi riconosciuti dalla società primitiva devono sottostare. Essi non possono:
- vedere la luce,
- essere visti,
- mangiare gli stessi cibi della comunità che protegge o in compagnia di essa,
- toccare terra,
- relazionarsi con le persone che vivono all’esterno dello spazio di reclusione (di solito una torre)
- tagliare i capelli (in quanto sede dell’anima e delle forze magiche) e, per le fanciulle, non pettinarli durante i giorni mestruali.
Motivo di base della reclusione di ragazzi e ragazze nei Racconti di fate è che, in quanto simboli divini, la loro incolumità deve essere preservata per garantire il benessere del popolo.
“Al capo o ‘re’ si attribuisce un potere magico sulla natura, sul cielo, sulla pioggia, sugli uomini, sul bestiame e dal suo benessere dipende il benessere del popolo. Perciò custodendo con ogni cura il re si custodiva magicamente il benessere del popolo intero”.
Ovviamente, i divieti vengono infranti. La fanciulla viene rapita e il ragazzo o si libera o si mette in viaggio per riportarla a casa o trasformarsi nel soggetto narrativo identificato come eroe della vicenda.
La foresta minacciosa
Individuata nella violazione del divieto una condizione imprescindibile per avere L’intreccio, Le radici storiche dei racconti di fate motiva la reazione e la necessità di addentrarsi verso La foresta misteriosa, luogo dove avviene l’incontro con un secondo personaggio, la maga.
La maga può essere di tre tipi – donatrice, rapitrice, guerriera – e vive in una piccola capanna con caratteristiche architettoniche che richiamano il mondo naturale, animale e spirituale.
Eseguita una meticolosa analisi delle tipologie della maga Propp passa a illustrare come si svolge quello che è un rito d’iniziazione dal quale il fanciullo deve passare per raggiungere l’età adulta identificando nella maga donatrice la figura più antica dei Racconti di fate.
In quanto riconosciuta, in una società dedita alla caccia, come la padrona e la custode di forze che regolano la realtà con le quali la fiaba convive la maga ha anche la funzione sociale di collegare il mondo dei vivi con il mondo dei morti.
Per quanto minacciosa, la foresta è la fonte di sostentamento primaria dell’umanità arcaica ed è solo successivamente, con il sopraggiungere dell’agricoltura e della religione agricola, che assume simbolismi negativi discostandosi così dal suo significato originario.
La maga diventa una strega cattiva, il maestro un mostro stregone e le forme di mutilazione perpetrate durante il rito d’iniziazione (e che potrebbero, semplicemente, spiegare e/o mimare i dolori fisici che subentrano nelle fasi di crescita fisica e sessuale dell’iniziato) abolite, variate o adattate in base al contesto storico e al suo sviluppo.
La grande casa
Superata La foresta minacciosa e le prove correlate al rito d’iniziazione, all’eroe che ha completato il processo di crescita restano tre possibili strade da intraprendere per attraversare lo spazio della sua esistenza:
- tornare a casa,
- rimanere nel bosco,
- trasferirsi in una società di suoi simili.
La grande casa è una struttura o un punto di raccolta per soli uomini che, per la ripartizione dei doveri e l’organizzazione della convivenza, ricorda molto la caserma e la disciplina militare anche se i soggetti che la abitano sono identificati come cacciatori o briganti.
Vietata alle donne, questo motivo presenta un’eccezione con la figura della “sorellina”. Ad essa sono correlati dei vincoli che non hanno a che fare con il matrimonio ma con la segretezza come regola da rispettare per rimanere all’interno della comunità del bosco e dalla quale è possibile uscire con il matrimonio o per impedire l’uccisione di un bambino nato in condizioni di promiscuità sessuale.
“La fiaba, in genere, non conosce il sentimento della compassione”.
Semplificando, La grande casa è una fase di transizione (e lo stadio primigenio della fiaba) in cui l’eroe, pur avendo saputo affrontare il cambiamento e pur essendo in possesso dei doni e degli aiuti necessari per sopravvivere in un ambiente pre-agricolo, non ha ancora deciso di esercitare il diritto acquisito di sposarsi e, con ciò, di assumersi le responsabilità atte a perpetuare la specie umana e a trovare il proprio posto esistenziale, in equilibrio tra la vita e la morte.
I doni fatati
Allo studio de Le radici storiche dei racconti di fate non sono da escludere I doni fatati che, connessi agli oggetti di cui la fiaba dispone, esprimono le capacità raggiunte dall’eroe allontanatosi di casa.
In questo capitolo, l’autore elenca le modalità ricorrenti con cui si identifica l’eroe trasformato nella facoltà che riceve che, in fase arcaica, corrisponde di solito a un animale, un’aquila o un cavallo, adatto sia come mezzo di trasporto e sia come aiuto pratico per raggiungere scopi per lo più venatori, basilari per il sostentamento proprio e della comunità di appartenenza. Tali figure hanno come caratteristica principale quella di saper controllare almeno uno dei quattro elementi esistenti in natura (aria, acqua, terra e fuoco).
È in fase successiva che subentrano gli oggetti intesi come mezzo per evocare il potere e/o la facoltà acquisita e che possono provenire dall’aiutante (piume, pelli e peli, denti e artigli) o da strumenti di uso quotidiano (un’arma, un contenitore, un pettine, una bambola).
Malgrado la molteplicità dei motivi fiabeschi esaminati e la puntuale registrazione delle modifiche subite e con le quali hanno attraversato la storia variando di significato originario, il motivo di base rimane sostanzialmente invariato.
“La maga e i suoi doni sono due aspetti di un tutto, e la fiaba ha conservato integralmente questa connessione”.
Conclusa la prima fase di studi e di analisi del materiale raccolto, Le radici storiche dei racconti di fate passa (o oltrepassa) la seconda fase dell’opera.
Il traghetto
Segnalando i modi in cui l’eroe si muove nello spazio narrativo diventa chiaro e comprensibile come e perché Il traghetto rispecchia il valore compositivo e trasformista della fiaba e della sua struttura di base.
“Il traghetto nell’altro regno è l’asse del racconto di fate ed è anche il suo centro”
Un valore che, assieme a quello della maga donatrice e degli oggetti fatati, rimane anch’esso invariato nel tempo. Al più, le forme con cui si presenta indicano, nella loro varietà, il tipo di popolazione e il contesto in cui hanno senso di stare e di essere veicolate come:
- un uccello, tipico delle popolazioni che abitano in prossimità del mare;
- un cavallo, per spostarsi via terra e in spazi principalmente dediti all’allevamento;
- una barca o una nave per le comunità di pescatori o di navigatori;
- un albero per le comunità silvane e sciamaniche;
- una scala o delle cinghie in comunità, di solito, fondate sull’agricoltura e con strutture sociali più sofisticate.
Ogni immagine simbolica reperibile nei Racconti di fate è, inoltre, adatta per individuare con esattezza i punti di collegamento tra mondo sotterraneo, terrestre e celeste e con quali modalità possono essere attraversate.
Sul fiume di fuoco
Al centro dell’attenzione del capitolo intitolato Sul fiume di fuoco è il serpente.
Analizzato in tutti i suoi aspetti, originari e successivi, per cercare di capire il motivo (molto diffuso in Europa o in paesi di antica religione statale come l’Egitto, l’India e la Cina) per cui l’eroe lo combatte, il serpente è un simbolo “facile” da riconoscere perché:
- ha più teste,
- sa volare,
- controlla tutti gli elementi naturali e, in collaborazione con la maga che ne protegge il perimetro,
- custodisce e protegge il cuore del regno dell’Aldilà.
Approfondendo, Propp illustra una probabile evoluzione del serpente per arrivare al momento storico in cui diviene una minaccia che, nei Racconti di fate, deve essere neutralizzata tramite il duello con l’eroe. Di tale simbolo si riscontrano due tipologie che sono:
- il serpente inghiottitore il quale, connesso al rito d’iniziazione, ha la funzione di inghiottire i fanciulli per poi rigettarli come uomini capaci di eccellere nell’arte della caccia, nelle pratiche di guarigione e nella comprensione del linguaggio degli animali. Ne consegue che, nella fase più arcaica, è un simbolo buono, un benefattore.
- il serpente trasportatore identifica la fase in cui il significato simbolico originario comincia a sdoppiarsi e la funzione di inghiottire assume connotazioni malefiche perché sancisce, definitivamente, il passaggio dal vecchio al nuovo, dalla vita alla morte. L’eroe non è più colui che viene inghiottito ma colui che libera la “vittima” predestinata.
“Il motivo del duello con il serpente si è sviluppato da quello dell’inghiottimento. […] Quest’evoluzione è un prodotto di mutamenti nella vita economica e nel regime sociale. Venuto meno il rito, si perde il senso dell’atto dell’inghiottimento e dell’eruttazione, che viene sostituito da varie forme transitorie e quindi sparisce del tutto. Il centro di gravità dell’eroismo si trasferisce dall’inghiottimento all’uccisione dell’inghiottitore. Le forme e gli strumenti mutano a seconda degli strumenti effettivamente usati dai popoli. Quanto più alta è la cultura del popolo, tanto più le forme di lotta si avvicinano a quelle che troviamo nella fiaba contemporanea”.
Compreso ciò, Sul fiume di fuoco riporta le forme che, derivate dalle due tipologie di base, determinano la nascita nei Racconti di fate del serpente:
- rapitore di anime o, inserendo in esso l’elemento erotico, di fanciulle;
- acquatico al quale si attribuisce potere sulle risorse idriche e che, incolpato per averne abusato, viene declassato a mostro crudele e malefico per giustificarne l’uccisione;
- ctonico, connesso al Regno dei Morti di cui è guardiano che in età venatoria si allinea all’immagine del serpente inghiottitore;
- celeste come risultato del trasferimento in cielo, avvenuto in età agricola, del serpente ctonico-inghiottitore. Simbolo negativo, viene sempre combattuto e ucciso per non perdere il raccolto, causa siccità e alluvioni, o per ottenere l’immortalità.
In questo capitolo Vladimir Jakovlevič Propp raggiunge l’obiettivo principale della tesi dell’opera, dimostrare che la fiaba può essere letta non solo come prodotto di fantasia ma anche come:
“una preziosa fonte, un prezioso ricettacolo di fenomeni culturali da tempo svaniti nella nostra consapevolezza”
dalla quale estrarre le informazioni che mancano per raggiungere anche gli obiettivi fissati nelle Premesse.
Oltre le terre lontane
Per paradosso, Oltre le terre lontane riconduce Le radici storiche dei racconti di fate al punto di partenza. A quando l’eroe esce di casa dopo aver trasgredito al divieto di non allontanarsi per raggiungere Il reame lontano la cui ubicazione è segnalata e spiegata nei capitoli precedenti.
In modo multiforme e apparentemente contraddittorio, la fiaba racconta cosa avviene quando l’eroe sceglie di tornare a casa e, grazie alle facoltà e alle conoscenze acquisite sull’Aldilà, essere riconosciuto abbastanza maturo per entrare in società ed esercitare il diritto al matrimonio.
Specificato ciò, Le radici storiche dei racconti di fate elenca i modi in cui l’Oltretomba è raccontato dall’eroe che è riuscito a completare, andata e ritorno, il viaggio che ha motivato la genesi della fiaba e soddisfacendo la curiosità sottintesa che essa rivolge a un Aldilà immaginato come Il paese dell’abbondanza.
Concezione che, nelle sue varie forme, è comune a tutte le epoche e strutture comunitarie che le caratterizzano e che nasconde:
“[…] un gravissimo pericolo sociale: esse portano l’uomo a rifiutarsi di lavorare. Più tardi la casta sacerdotale s’impadronisce di queste rappresentazioni dell’altro mondo, dove le speranze e i desideri vengono esauditi, onde consolare il popolo con la prospettiva di una ricompensa per la sua sopportazione su questa terra […]”
Sottolineato ciò ed esaurito l’argomento inerente l’eroe e l’educazione esistenziale, sessuale e sociale dell’uomo, Propp passa dunque alla disamina della sposa nei Racconti di fate.
La sposa
Di norma, La sposa è la principessa con la quale si identifica la fidanzata promessa all’eroe una volta che avrà compiuto il rito d’iniziazione per il quale è partito e può essere di due tipi:
- docile e fedele,
- debole e ribelle
che vanno analizzati in base al rapporto che la legano al padre influenzandone azioni e comportamenti.
Scritto ciò, Le radici storiche delle fate collega il soggetto (l’eroe) all’oggetto (la principessa) per far luce sulle circostanze e sulle strategie adottate per riconoscere e rendere legittima l’unione matrimoniale formulata tramite:
- la marchiatura del promesso sposo con una ferita, visibile su mani e volto, di solito arrecata dalla stessa fidanzata
- una serie di prove e imprese (imposte dalla fidanzata o dal padre di lei) che il pretendente deve superare.
I motivi che impongono la narrazione di imprese sono molteplici e di solito tendono ad indagare in profondità la natura, le conoscenze e le abilità magiche del pretendente mentre la paura di fondo sembra riconducibile al fatto che, in situazioni di passaggio di potere, non è detto che il suocero o la principessa o tutti e due insieme non sviluppino una qualche forma di resistenza al cambiamento al quale andranno incontro.
Altro sulla sposa però Le radici storiche dei racconti di fate non scrive facendo supporre che in questo capitolo Propp si sia adeguato alla concezione dell’immagine del femminino come un simbolo di potere decaduto e che ha senso di esistere solo in relazione all’uomo senza approfondire se questa idea fosse, in effetti, in linea con la mentalità primitiva che ha dato vita alla fiaba e tenendo, come materiale valido, motivi fiabeschi in cui si giustificano la violenza carnale (deflorazione totemica) e le “percosse” per sottomettere gerarchicamente la moglie al marito.
Il racconto di fate come complesso
Se nei capitoli precedenti sono state riportate le fonti dei motivi costitutivi della fiaba Il racconto di fate come complesso ne sintetizza gli enunciati fondamentali che, dalla fase più antica, hanno prodotto le variazioni raccolte ed esaminate nelle loro correlazioni e corrispondenze storiche.
In sintesi della sintesi, Le radici storiche dei racconti di fate di Vladimir Jakovlevič Propp è uno studio di come i primitivi istruivano le nuove generazioni a coesistere con l’ambiente e a relazionarsi con i propri simili.
Nella sua abbondanza di nozioni, è un testo affascinante per risalire al come, in età arcaica, ci si predisponeva a raccomandare ai posteri di “comportarsi bene” e “mettere la testa a posto”, agire cioè secondo coscienza e in base ai contesti in cui l’umanità è esistita, esiste ed esisterà determinandosi in un mondo che è magico perché inesplicabile.
Una morale che, malgrado le molteplici variazioni con le quali è stata tramandata, rimane tuttora comune a ogni cultura che si conosca e che si rispetti. 🙂
Autore: Vladimir Jakovlevič Propp
Titolo: Le radici storiche dei racconti di fate
Titolo originale: Istoričeskie korni volšebnoj skazki
Traduzione: Clara Coïsson
Collana: Bollati Boringhieri
Pagine: 578
Pubblicazione: Ristampa novembre 2020
Prezzo: € 20.00
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