Molti romanzi sono strutturati su personaggi che, cercando di capire la verità su sé stessi, vivono con tormento i dubbi riguardanti le loro origini ispirando le combinazioni narrative con cui dare forma, tragica o comica, a storie sulle quali dibattere o, semplicemente, moraleggiare.
Un lupo nella stanza di Amélie Cordonnier è una prospettiva di lettura che si discosta, con le sue soluzioni classiche, dal filone tradizionale (padre ignoto, madre infedele, prole incerta) per approfondire, invece, altri motivi che mettono in discussione il tema della maternità.
Tema che malvolentieri si presta ad essere messo in discussione col rischio di far emergere un tabù che fa comodo lasciare come tale, a prescindere dai colori con cui si presenta.
Un lupo nella stanza di Amélie Cordonnier: amare o non amare?
Un lupo nella stanza, è così che si sente la voce narrante di Amélie Cordonnier quando si accorge che il suo bambino è, pur essendo chiare e certe la paternità, la fedeltà coniugale e le origini dei genitori, diverso.
Tutti, in famiglia, sono bianchi. Alban, invece, ha un puntino anomalo sul collo che comunica che il pargolo, in realtà, è mulatto.
L’idea che il figlio stia mutando il colore della pelle ossessiona la narratrice che, nel tentativo di venirne a capo, scopre di essere stata adottata e di aver vissuto per trentacinque anni nell’illusione di sapere tutto ciò che serve ed è necessario per stare al mondo integrandosi ad esso come donna, come insegnante, come moglie, come madre.
I valori in cui è cresciuta si ribaltano e, ai traumi infantili che le sono propri, si aggiunge lo sconcerto di essere stata a sua volta abbandonata e allevata da una famiglia che, per codardia e senso di protezione, le ha sempre taciuto la verità.
È nei pensieri e nel cuore di una madre che stenta a riconoscere come suo il figlio, legittimo e biologico, che compare Un lupo in una stanza e dà vita a un romanzo in cui la paura di perdere l’amore del marito, il rispetto della figlia e di non riuscire ad allevare il secondogenito in modo normale cresce di pari passo con i mutamenti di colore dell’epidermide di Alban.
“La paura inconfessabile di non riuscire ad amare quel bambino, quel neonato dal colore indefinito, che non ha nulla, proprio nulla a che vedere con il figlio che avrebbe desiderato”.
Come allontanare la bestia e tutelare Alban dai pericoli che corre? C’è un modo per fargli da madre senza doverlo nascondere e mascherare? Perché quello che era sembrato così facile e spontaneo con Esther, la primogenita, diventa con Alban un’impresa impossibile, al limite della follia?
La narratrice entra nel panico e, anche se lo stile narrativo di Amélie Cordonnier rende la situazione quasi divertente per come viene descritta inserendovi giochi di rime, filastrocche per bambini e strategie per accudire una creatura che si vorrebbe cambiare con un’altra, è chiaro che si sta consumando un dramma che corre il rischio di mutarsi in tragedia, proprio come accade al Gregor Samsa di Kafka.
L’ultima speranza è a Marsiglia, là dove risiede la persona che ha mentito alla protagonista, in esaurimento emotivo e nervoso, e che, quasi per paradosso, l’ha sempre fatta sentire protetta dal sentirsi un’orfana tradita e abbandonata.
“L’amore è un padre che guida con la propria figlia sulle ginocchia. È un uomo burbero che, pur essendo distrutto e il più delle volte intrattabile, non la abbandona con le sue paure e se la porta in barca a notte fonda. Nonostante il freddo mordente, la tempesta, le onde e il mal di mare. Nonostante le critiche del maestro e gli sguardi di riprovazione delle comari che dicono che non è possibile una roba del genere, ma ti pare, non si fa”.
Il confronto con il padre adottivo riesce a stanare la vera natura materna della narratrice e a dare un senso più propositivo alla comparsa metaforica di Un lupo nella stanza.
Il trucco e la palette di colori vengono finalmente accantonati per lasciar spazio a una ridefinizione del ruolo materno e il tempo necessario per formulare una strategia che difenda Alban dai pregiudizi e dalle discriminazioni che dovrà affrontare e del quale non è ancora cosciente.
Un lupo nella stanza di Amélie Cordonnier infrange, in tempi brevi e incalzanti, il tabù che confonde l’istinto con l’amore materno e racconta, con ironia, come il primo non sia altro che un automatismo naturale utile a innescare il secondo e favorire così l’evoluzione (o l’involuzione) di una relazione che si instaura tra due esistenze che hanno una vita sola per conoscersi e amarsi proponendo, infine, una lettura, tutto sommato, buona e affidabile, disincantata ma non cinica. 🙂
Autore: Amélie Cordonnier
Titolo: Un lupo nella stanza
Titolo originale: Un loup quelque part
Traduzione: Francesca Bononi
Casa editrice: NN Editore
Pubblicazione: aprile 2021
Pagine: 254
Prezzo: € 18
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