Urla sempre, primavera di Michele Vaccari è un romanzo sul potere dei sogni, sul lato oscuro dell’umanità e sulla lotta che tali estremi ingaggiano per distruggere o costruire mondi utopici o distopici.
Rimasta all’idea che il filone distopico sia un genere di tradizione anglofona, come nei libri di Orwell o della Atwood, mi interessava leggere quello che mi sembrava un “romanzo distopico italiano” e scoprire in che modo la natura si supera dando vita a una nuova umanità.
Urla sempre, primavera di Michele Vaccari: è davvero solo un distopico
Urla sempre, primavera è un insieme di libri fra loro correlati e suddivisi per colore: rosso, blu, nero, verde e bianco.
Il contesto è Genova, l’arco temporale si distribuisce tra il 1930 e il 2043 e il filo narrativo che unisce il dove al quando è dato dalle testimonianze lasciate dai personaggi che, ribellandosi o adattandosi alla logica dei tempi in cui sono collocati, hanno modificato il corso degli eventi e lo scenario di base rendendolo diverso da come se lo ricordavano.
Libro rosso
L’inizio del Libro rosso di Urla sempre, primavera è di Zelinda, voce narrante del 2022.
Le ideologie nate con il secondo dopoguerra, le lotte femministe e di classe hanno perso senso e valore frammentandosi in un mare di opinioni e di tensioni in cui non si capisce bene contro che cosa si stia lottando e che ha generato una situazione in cui una società sempre più numerosa, egoista e invidiosa si sente in diritto a ottimizzare i consumi e a tutelare le comodità alle quali è abituata senza intaccare il capitale di cui dispone. Per questo, in quanto unico atto creativo rivoluzionario per una specie in via di estinzione, la maternità viene considerata illegale e la donna che si macchia di tale reato è destinata all’eliminazione.
“[…] tutti pensano che è meglio uccidere chi mette al mondo una nuova vita, se questa nuova vita significherà meno cibo per loro”.
Utilizzando un sistema di registrazione vocale obsoleto ma ancora tecnologicamente efficace, Zelinda decide di non cedere allo status quo che la vuole morta e si organizza per lasciare alla figlia Egle i motivi che l’hanno indotta ad abbandonarla in un bosco rendendola orfana.
L’istinto materno di Zelinda si concentra sul desiderio di stare, in un qualche modo, accanto alla sua bambina e, al contempo, impedire che venga catturata dalle Milizie della Venerata Gherusia.
L’obiettivo non è di lasciare un commentario rivolto al passato sullo stile di Houellebecq ma di fornire, a quella che è già divenuta inconsapevolmente il simbolo della generazione futura, gli strumenti utili a comprendere il potere che la rende unica e importante e a scegliere come, se e per chi utilizzarlo.
Libro blu
Il Libro blu conduce Urla sempre, primavera nella mente di un personaggio comune a Egle e ai suoi genitori ribelli, Il commissario.
È un personaggio che vive nel 2043 quando gli Orfani del bosco potrebbero diventare un problema perché, se organizzati, diventerebbero quella Resistenza che la Venerata Gherusia è convinta di aver sconfitto scacciando gli animali e uccidendo le madri.
Il commissario ha un passato di cui ricorda ma che cerca di rimuovere per debellare i rimorsi di coscienza provati nel tradire chi avrebbe dovuto proteggere e salvaguardare, a prescindere dai sogni e dai desideri personali.
“Certi ricordi sembrano avere vita propria, tanto sanno essere sadici e spietati.
Sono assassini che viaggiano nel tempo.
La porta della mente si apre, ed è di nuovo laggiù”.
A pochi mesi dal pensionamento, si trova a indagare su un caso di suicidio strano perché il cadavere rinvenuto è troppo vecchio per avere un microchip sanitario che lo individui per essere raggiunto e rimosso dall’area in cui giace.
La scoperta del corpo avviene su segnalazione, in un linguaggio che il personaggio di Michele Vaccari conosce bene ma al quale si rifiuta di adattarsi. Sono elementi di caratterizzazione che rendono il Libro blu per certi versi simile a Quer pasticciaccio brutto di via Merulana di Gadda. La differenza è che non c’è un crimine da risolvere cercando di arrivare al movente con il rischio di causare uno scandalo pubblico ma un senso di colpa e uno scandalo privato di cui sanno tutti ma che, per l’andamento narrativo di Urla sempre, primavera, ha una sua rilevanza.
Libro nero
Il Libro nero è assegnato a Spartaco che è, simultaneamente, padre di Zelinda, nonno di Egle, ex partigiano, comunista, anarchico, omosessuale.
Utilizza uno strumento ancora più obsoleto di quello adottato da Zelinda, il diario. È l’arma più efficace di cui dispone per confessare tutti gli errori commessi in gioventù e fare la cosa giusta per sé e per le generazioni future, se ci saranno.
“Mi piacerebbe non fosse utile solo a te, questo mio diario, ma servisse a chiunque, un libretto di istruzioni sul come e perché siamo arrivati a questo punto, come e perché il potere di sognare sia perduto per sempre e tu sia l’ultima in grado di insegnarlo al mondo”.
Il tempo dei sogni di Spartaco inizia negli anni del fascismo e attraversa le lotte utopiche che, volte a conquistare la parità di genere, di salario, di politica e costume, aspiravano a una nuova coesione sociale, a un ideale collettivo che garantisse la libertà annunciata con la fine della guerra e al quale, dopo anni passati nella paura di morire più per l’orientamento sessuale che per le azioni che lo hanno celebrato o condannato come individuo, non credeva fino in fondo.
Il Libro nero è un reperto didattico dove lo scrivente non si sente e non si pone come insegnante. Per quanto avanti con gli anni, Spartaco sembra porsi come un bambino che finalmente trova il coraggio di consegnare il compito che, in coscienza, era suo dovere eseguire.
Libro verde
Con il Libro verde si arriva a Egle, il motivo per cui Urla sempre, primavera dichiara che:
“Nessuno è la conseguenza di niente, ognuno è l’inizio della propria avventura”.
La capacità di entrare nei sogni per parlare una lingua comune, comprensibile a tutti, Animali ed Esseri Umani, ha ottenuto il tempo e la formazione necessari per svilupparsi e, inoltre, la sua destinataria ha le informazioni che servono per fare le sue valutazioni e scegliere le azioni da compiere per trovare il sogno giusto, quello dal quale partire per modificare gli scenari che, caratterizzati da un solo colore, hanno contribuito a costruire un romanzo che si svolge, con varianti delle stesse ripetizioni, da 113 anni.
Più che sovvertire l’ordine stabilito dalla Venerata Gherusia facendo scoccare la scintilla della Rivoluzione, Egle sembra optare per un’azione di recupero e ricostruzione di quanto il passato e il presente hanno sottratto e consumato del futuro per portare avanti, anche e nonostante quanto si dice o si sa del vivere e del morire, un sogno lucido e condiviso al quale tutti possono partecipare.
Libro bianco
Ultima voce in capitolo che, non a caso, si intitola Aldilà chiude, in dissolvenza, le correlazioni tra i libri che hanno dato forma a un romanzo che non è solo un distopico.
L’impressione finale è che si tratti più di una entropia di cui il commissario prende coscienza formulando l’unico pensiero “libero” che gli rimane per non ostacolare Egle, rispettare la memoria di Spartaco e il volere di Zelinda e non interferire con una concezione più sintropica del senso, del valore e del significato della parola Rivoluzione.
Tutto sommato, Urla sempre, primavera di Michele Vaccari è un romanzo che, per il mix di generi, di stili e di contenuti di cui è composto, spacca. Decisamente. 🙂
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