Trascorsi tre anni dalla presentazione del libro su Alfons Mucha, scritto dal figlio Jiří e pubblicato da Schena Editore, mi sono decisa a leggere L’artista e il suo tempo.
L’idea era di seguire fin dove possibile i dettagli e i particolari che rendono comprensibili i motivi che, da una parte, sottolineano la celebrità raggiunta da Alfons Mucha grazie a uno stile nuovo e moderno, precursore della grafica pubblicitaria e, dall’altra, il perché simili opere di successo siano state accolte con superficialità sminuendone il valore finale al punto da non considerare con sufficiente distacco e oggettività la sua opera più importante e significativa, l’Epopea slava.
Alfons Mucha, l’artista e il suo tempo: dettagli e particolari raccolti da Jiří Mucha
L’artista e il suo tempo delinea, dunque l’uomo, la tecnica e l’epoca in cui Alfons Mucha visse, progettò e produsse una quantità immensa di dipinti, manifesti, sculture, francobolli, scenografie teatrali, libri e cartoline.
Il metodo di approccio di Jiřì Mucha sembra seguire la combinazione di stili che il padre adottava per comporre e soddisfare tutte le richieste che gli venivano commissionate dai personaggi più influenti dei movimenti artistici, sociali e politici che gravitavano nella sua sfera d’azione.
In un miscuglio tra narrazione, collage di documenti e testimonianze, distacco critico e coinvolgimento emotivo l’autore ricostruisce il soggetto principale immaginando il dietro le quinte di una personalità che, già nell’esteriorità con cui si presenta (un bell’uomo dai modi cortesi e dalla natura gentile) è di per sé quasi impossibile mettere a fuoco in un’immagine fissa, poetica, semplificata e facilmente riconducibile all’artista geniale, folle e di talento.
L’artista e il suo tempo, oltre a fare una carrellata più o meno cronologica che comunichi con precisione la versatilità e la prolificità di Alfons Mucha pone l’accento anche, e soprattutto, sulla sua natura umana. Una natura che, estremamente ricettiva e indissolubilmente legata al piccolo paese moravo in cui nasce, influirà sì sulle modalità di espressione per cui verrà riconosciuto e celebrato ma non sull’idea e sulle intenzioni che aveva dell’arte e della sua utilità.
A Ivančice, l’unica arte effimera considerata valida e rispettabile perché moralmente e spiritualmente edificante è il canto religioso e l’abilità di Alfons Mucha in essa, oltre che per il disegno e il colore (non molto apprezzati dalla comunità morava di cui fa parte) gli permette di obliterare il primo biglietto di uscita dal luogo di nascita e di esplorare altri contesti, fondamentali per la sua formazione, che il destino stabilisce a Brno, Vienna, Monaco, Parigi e New York.
In queste fasi di passaggio e di soggiorno, Mucha assimila velocemente e con naturalezza gli elementi con cui le nazioni ospitanti costruiscono e definiscono le proprie identità e che gli saranno molto utili per accattivarsi la stima e il riconoscimento che gli servono (oltre al denaro) per attirare l’attenzione anche sulla distante ma mai dimenticata Moravia.
L’immensa produzione di Mucha, raccolta e rielaborata dal figlio, tratteggia le luci e le ombre dell’artista diviso dall’essere continuamente oberato di lavoro e dal desiderio di realizzare opere utili per il suo paese d’origine.
Le attività, professionali e mondane, riportate secondo un plausibile ordine cronologico (era sbadato riguardo a date e avvenimenti) e finanziario (che lo dipingono come una persona capace di produrre profitto senza trarne vantaggio per sé stesso) spiegano con maggiore profondità l’interesse e la fascinazione che l’artista aveva sviluppato per:
- la fotografia e le invenzioni moderne,
- per i movimenti artistici più vicini alla sua visione dell’arte come quelli dei simbolisti, dei Nabis e dell’Art Noveau,
- per le scienze occulte, le sedute spiritiche e la scrittura automatica e, in generale,
- per tutte personalità più in voga ed eccentriche dell’epoca come, ad esempio, Gauguin e Rodin.
L’artista e il suo tempo mostra, nell’accumulazione di tutte le combinazioni prodotte su ordinazione, il talento di Alfons Mucha nel rappresentare le nazioni di adozione secondo il suo stile e, al contempo, incontrando i gusti e le idee dell’epoca.
L’apprezzamento del padre di Jiřì all’estero, tuttavia, non combacerà mai con quella d’origine che, peraltro, le era più cara.
“Era convinto che la sua opera fosse genuinamente slava e non capiva come i suoi connazionali potessero accettare senza scrupoli quegli elementi che erano loro completamente estranei. Tuttavia a Praga l’opinione era un’altra. Scrivevano di lui con orgoglio, perché non aveva mai tralasciato di sottolineare la sua origine cieca, e la fama aveva avuto ricadute anche su di loro, ma sotto l’aspetto nazionale li lasciava indifferenti. Per l’arte ceca, scrivevano, Mucha non significa nulla: è un francese che non ha niente da dirci”.
Tale freddezza in un popolo di cui Alfons Mucha si sentiva un portavoce artistico può spiegare anche la carenza di informazioni riguardanti il suo rapporto con le donne o, meglio, l’assenza quasi totale di tracce di un coinvolgimento sentimentale per un tipo in particolare. Ciò sembra quasi voler coprire, con un velo di pudore, la sofferenza provata dall’artista quando la natura dei suoi sentimenti non veniva compresa e che creava un vuoto che, nel libro, viene colmato dalla febbrile attività di idealizzazione della femminilità e delle sue attrattive in forme stilizzate, esclusivamente decorative e perfette per essere usate, con profitto, dalla nascente industria della moda, dello spettacolo e dell’intrattenimento culturale.
L’artista e il suo tempo di Jiřì Mucha raccoglie molti particolari che ancora oggi dovrebbero far riflettere e le cui combinazioni non hanno esaurito materiale di approfondimento e di discussione su temi molteplici, intrecciati e che, per fissare la concentrazione solo su alcuni di essi, potrebbero essere quelli inerenti:
- il come le masse attingano dall’ingegno dei singoli individui le immagini che sentono o vogliono dare di sé e di una collettività unita, liberale, progressista,
- il concetto di tempo perso e rubato per catalizzare sull’artista l’equilibrio tra il ruolo mediatico e medianico che ricopre a uso e beneficio della comunità e della sua essenza e
- il dove è possibile notare la presenza di elementi che non ci si aspetta di trovare, abilmente occultati, in opere note per la freschezza e la delicatezza di linee e colori che raccontano il desiderio di bellezza, leggerezza e spensieratezza di un’epoca incerta e turbolenta.
Che epopea, la vita e le opere di Alfons Mucha…
Autore: Jiřì Mucha
Titolo: Alfons Mucha – L’artista e il suo tempo
Traduzione: Tiziana Menotti
Casa editrice: Schena Editore
Pubblicazione: aprile 2017
Pagine: 310
Prezzo: € 25
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