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Il palazzo degli specchi di Amitav Ghosh: romanzo di transizione

7 Maggio 2021
Il palazzo degli specchi di Amitav Ghosh: romanzo di transizione magnifico e suggestivo

Il palazzo degli specchi di Amitav Ghosh è un romanzo di transizione che porta lontano e, precisamente, in Birmania.

Attraversarlo, malgrado la prosa piana e scorrevole e gli scenari contrastanti ripresi nei minimi dettagli, è un impegno di lettura che non lascia indifferenti.

Il palazzo degli specchi di Amitav Ghosh: romanzo magnifico e suggestivo

Il palazzo degli specchi di Amitav Ghosh narra la storia di Rajkumar Hara, undicenne orfano che si ferma a Mandalay, la capitale del regno birmano sul finire del 1800.

Rajkumar assomiglia a Kim di Kipling ma, a differenza dell’amico delle stelle di origine anglo-irlandese ripreso a cavalcioni su un cannone, l’orfano del romanzo di Amitav Ghosh è un kalaa di origini indiane che sta servendo al chiosco di Ma Cho quando sente i bombardamenti che annunciano l’invasione della Birmania da parte dell’esercito colonialista costituito da soldati indiani.

Il motivo della guerra è il teak di cui Mandalay è il fulcro commerciale. La famiglia reale si è rifiutata di sottostare agli accordi economici voluti dalla politica inglese in materia di legname e per questo viene deportata a Ratnagiri, luogo predisposto all’oblio per poter gestire meglio la popolazione e le risorse birmane.

Al palazzo degli specchi, fortino che Rajkumar sognava di espugnare, si riversano i sudditi saccheggiando e omaggiando la sovranità delle sale su cui è costruito. È in una delle stanze più interne, dove la regina furiosa si rifugia circondata dalle figlie e dalle ancelle, che il protagonista vede Dolly per la prima volta. Affascinato, la segue nel tratto che la conduce a una vita di esilio in India mentre, per quanto riguarda la famiglia reale e gli eventi birmani non prova alcunché.

“Era in un certo senso una creatura selvatica, ignara del fatto che in certi luoghi esistono legami invisibili che uniscono gli individui tramite personificazioni della loro comunità”.

Deciso a restare in Birmania, Rajkumar abbandona la sua prima datrice di lavoro, Ma Cho, per inserirsi nel commercio del legname facendosi assumere dall’amante di lei, Saya John. Seguendo le regole degli oppressori, costruirà un suo piccolo impero accumulando contatti e sostanze materiali tali da potergli permettere di raggiungere Dolly a Ratnagiri e riportarla con sé in Birmania, annessa forzatamente all’India Britannica.

“L’occupazione inglese aveva cambiato ogni cosa: la Birmania era entrata a far parte dell’impero, trasformata a viva forza in una provincia dell’India Britannica”.

Con questi primi elementi si costruisce Il palazzo degli specchi e l’impegno profuso dall’autore per riflettere le logiche del pensiero e del modello colonialista e le dinamiche che, subdolamente sovrapposte agli usi e ai costumi orientali, modificano i confini antropologici preesistenti all’occupazione.

Il romanzo racconta come, per oltre un secolo, le operazioni volte a sfruttare e ottimizzare al massimo le ricchezze indiane e birmane poste sotto il dominio britannico vengano effettuate spostando le masse autoctone su altri contesti che, private delle relazioni invisibili che legano le persone ai luoghi, si rivelano utili per fornire all’impero soldati e manodopera malleabile e a bassissimo costo.

La comparsa di Uma Dey, moglie dell’ispettore indiano educato al credo e alla cultura inglese, aiuta a seguire e a capire meglio ciò che accade a Rajkumar, alla sua fortuna imprenditoriale e ai collegamenti che seguono il corso delle vicende e dei personaggi che Ghosh descrive indicandoli come i nodi sui quali si costruisce una rete sociale che riformula come può i diritti e le libertà concesse nei confini tracciati dalla politica d’occupazione.

“Ci abbiamo messo molto tempo per capire che per gli inglesi la libertà esiste solo dove governano loro”.

Uma Dey è tra le prime ad intuire la portata delle conseguenze che le azioni messe in atto dall’Occidente avranno sull’Oriente e che complicheranno le modalità con le quali i personaggi si conformano a regole che, sebbene sulla carta accomunino la storia dell’India alla Birmania, in realtà non sono sufficienti a livellare le differenze che le distinguono come nazioni confinanti ma che, anzi, le rendono ancora più inconciliabili fra loro. La rottura tra Rajkumar e Uma Dey, all’inizio alleatisi per il sentimento di amore e amicizia che li lega alla bellissima Dolly, ne è la rappresentazione simbolica più semplice e immediata.

A differenza di Rajkumar che, tutto sommato si adatta alle circostanze per ottenere ciò che desidera e sente appartenergli intimamente, Uma sfugge al crudele destino assegnato alle vedove indiane e si fa portavoce dei movimenti indipendentisti che vogliono restituire all’India, riformata e liberata dalle leggi occidentali, l’identità che le è propria.

Il compito raccolto da Uma, contraltare di Rajkumar e polo opposto attraverso il quale fluisce la storia del romanzo, si distribuisce nelle generazioni successive e nei cambiamenti che avvengono prima e dopo il periodo coloniale, con le due guerre mondiali comprese nel mezzo.

A riassumere, Il palazzo degli specchi racconta nel dettaglio il Grande Gioco di cui parla Kipling, con tutti i suoi riflessi di luci e di ombre. Un gioco che, in un’unica immagine, è stato raccolto e riassemblato nelle sue parti da forze straniere e che, una volta rotto, è stato abbandonato lasciando agli ingranaggi e ai componenti manomessi il compito di ricostruirsi da soli.

A rendere Il palazzo degli specchi suggestivo non è solo l’illustrazione chiara e logica dell’era coloniale e delle nazioni ad essa assoggettata. A renderlo suggestivo è tutta una serie di piccole scene dove figure, insignificanti per la storia globale, acquisiscono forma e importanza nell’istante di uno sguardo in cui si riconoscono e si uniscono a formare una consapevolezza, vera e non indotta, di sé e del loro posto nel mondo. Questo è ciò che avviene tra Dolly e Rajkumar, tra Neel e Manju, tra Arjun e il suo attendente, tra Dinu e Alison e la fotografia e che si dispiegano sulla superficie della narrazione con un’intensità di sentimenti che lascia senza fiato per come questi piccoli mondi individuali resistono alle intrusioni degli spazi e allo stravolgimento di vite, innumerevoli, manovrate e collocate altrove.

Lungi dal far passare il romantico messaggio in cui l’amore vince su tutto, nel libro si può leggere, piuttosto, come i sentimenti di lealtà, di amore e di amicizia sopravvivono alle privazioni e alle devastazioni moderne lasciando tracce di sé tra le rovine di un passato che Jaya, l’ultima discendente dei soggetti narrati, raccoglie risalendo al cuore della Birmania tanto amata da Rajkumar all’epoca della sua giovinezza e completando così il magnifico romanzo che è Il palazzo degli specchi di Amitav Ghosh.

Autore: Amitav Ghosh
Titolo: Il palazzo degli specchi
Titolo originale: The Glass Palace
Traduzione: Anna Nadotti
Casa editrice: Beat Biblioteca Editori Associati
Pubblicazione: giugno 2017, terza edizione
Pagine: 637
Prezzo: € 11

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