Fuoco fatuo di Willem Elsschot, primo libro edito Iperborea che leggo quest’anno, è considerato un classico della letteratura neederlandese (o olandese). Campo che non conosco e che ho scelto in modo del tutto casuale per spaziare un po’ in tipologie di libri che, per la loro particolarità, sono difficili da ascrivere a un genere specifico.
Fuoco fatuo di Willem Elsschot: un racconto cupo e incisivo
Fuoco fatuo è un racconto in cui Willem Elsschot narra in prima persona le vicende di un uomo comune che sta aspettando il tram per tornare a casa, dalla moglie e dai figli, fingendo come tutti di condurre una vita normale e perfettamente banale.
La storia è ambientata ad Anversa, nel 1946, e la voce narrante sta rimuginando sulla vacuità dell’esistenza con sfumature di pensiero nichilista che, per abitudine e per assicurare il quieto vivere di tutti, dissimula svolgendo sempre le stesse azioni come quella, ad esempio, di acquistare un giornale.
“[…] se non leggo il mio silenzio raggela i familiari. Beh, capisco benissimo che non c’è niente di più deprimente della presenza di uno che guarda fisso nel vuoto come se fosse solo […]”
Fuoco fatuo è composto di una serie di dettagli che non sembrano nutrire alcuna simpatia per il genere umano e, in particolare, nei confronti del narratore. Di figure cupe e amare come quest’ultimo che ne sono tante eppure diventa il punto di riferimento di tre afgani che, appena sbarcati, gli si avvicinano per mostrargli un cartoncino dove è segnato l’indirizzo di Maria Van Dam, una giovane e bella donna che hanno omaggiato con dei doni nella stessa maniera in cui i Magi hanno onorato la Vergine Madre alla fine del loro pellegrinaggio.
I tre cercatori sono diversi e malgrado la resistenza individuale opposta, lo sconosciuto nativo del posto si assume il ruolo di guida e il compito di trovare la donna del mistero.
Cinico e disincantato, Willem Elsschot parte da un’intenzione erotica alla quale fa seguire, in una successione di frasi secche e precise, una narrazione che, pur mantenendosi aderente al percorso tracciato, sviluppa un messaggio che, invece, aderisce a una concezione più spirituale della missione che è stato chiamato a intraprendere.
“Non tutti sono capaci di dare pensando anche a sé stessi, in modo che lo spirito freni la mano”.
Ciò che affascina di Fuoco fatuo è la velocità con cui lo scopo narrativo cambia nello spazio ristretto di poco più di settanta pagine in cui il protagonista, deciso a tenersi stretta la sua individualità, fatica a non chiedere quali siano i punti di vista che i tre uomini dalla pelle scura hanno riguardo l’amore, il sesso, la religione, il potere, la felicità.
Willem Elsschot tratteggia così tutte le visioni di pensiero che, in un certo senso, compongono un’idea di umanità che non si trova dove si immagina che sia e che non è altro che un sogno, una vaga utopia o una concreta chimera. Ciò che resta, tuttavia, è la convinzione comune che, ad un certo punto, sia possibile trovare il Fuoco fatuo che si sta cercando e, per quanto cupo e incisivo o scoraggiante possa essere è comunque un racconto che non smette di credere e sperare nella Provvidenza. 🙂
Autore: Willem Elsschot
Titolo: Fuoco fatuo
Titolo originale: Het dwaallicht
Traduzione: Monique Jacqmain
Casa editrice: Iperborea
Pubblicazione: gennaio 1993
Pagine: 72
Prezzo: € 8.07
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