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Le Umili prose di Aleksandr S. Puškin: proposito di rilettura

15 Marzo 2021
Le Umili prose di Aleksandr S. Puškin: proposito di rilettura

Le Umili prose di Aleksandr S. Puškin è uno dei libri che ho scelto per realizzare il proposito delle riletture da portare a compimento nel corso del 2021.

Ricordo che I racconti di Belkin, La donna di picche, Kirdžali e La figlia del capitano mi piacquero, di questo sono certa. Ciò che mi suggerisce una seconda lettura è che, in effetti, non ricordo i motivi per cui li trovai belli.

Umili prose di Aleksandr S. Puškin: sintesi e racconti da rileggere

Prima di rispondere ai perché certe opere meritano una rilettura, mi sembra necessario fare una piccola sintesi delle Umili prose alle quali Aleksandr S. Puškin, che aspirava alla poesia, si adattò per distogliere l’attenzione dal suo essere refrattario alle regole e alla gerarchia della politica e della società russa.

I racconti di Belkin sono una serie di aneddoti in cui si misura e si narra:

  • l’onore e il coraggio di un uomo nei confronti della morte e in relazione alla vita,
  • la storia di giovani amanti privi dello stesso destino,
  • il dissidio interiore di un impresario che teme che il suo ruolo sia meno onesto ed essenziale rispetto ad altre professioni,
  • la scoperta di un padre nel prendere atto che, in quanto genitore, non è detto che sia l’unico destinatario di amore, cura e devozione della figlia e, infine,
  • il modo più comune che viene adottato per risolvere un disaccordo tra vicini della stessa nazionalità ma di diversa mentalità e che nemmeno i risolutori designati possono evitare con comportamenti contrari e vari mascheramenti.

Ad ognuna di queste tematiche è assegnato il titolo Lo sparo, La tormenta, Il fabbricante di bare, Il direttore della stazione, La signorina contadina.

La donna di picche può essere un racconto semi-inventato o un esempio di sintesi e connubio su quanto narrato e reinterpretato in opere letterarie come Il maestro e Margherita di Bulgakov o Il giocatore di Dostoevskij. Romanzi che approfondiscono i chiaroscuri dell’arte dell’intrigo e del senso del tragico che, per come sono tratteggiati nel racconto di Puškin, si notano con maggiore discrezione lasciando che i personaggi preservino la loro cecità riguardo al fraintendimento che li condurrà alla disgrazia e alla follia.

Su Kirdžali ci si può chiedere se è veramente esistito o se, invece, non è che la scheda di un personaggio che ben si adatterebbe, per furbizia e ferocia, a meno Umili prose come, ad esempio, Guerra e Pace di Tolstoj.

Infine, La figlia del capitano, è una storia che nella sua brevità sviluppa una vasta gamma di relazioni che si incrociano tra personaggi e in base ai contesti narrativi in cui sono collocati. In essa si possono seguire le vicende di un giovane che, pur desiderando una vita nella splendente società di San Pietroburgo, obbedisce al padre che lo vuole avviato alla carriera militare.

Spedito a prestar servizio in un luogo sperduto e senza prospettive con la compagnia del suo vecchio precettore e umile servo, il protagonista è rappresentato in perenne attesa di un qualche evento o occasione da cogliere per ritagliarsi uno spiraglio di realizzazione individuale in cui possa vivere, almeno illusoriamente, la possibilità di scegliere cosa fare del suo destino e della sua vita. Siffatto personaggio, plasmato, condizionato, usato e manipolato dalle aspettative e dalle intenzioni, palesi e sottintese, sulle quali fanno leva le dinamiche proprie all’educazione e all’impostazione familiare, servile, truffaldina e militare è impossibilitato a maturare un’identità cosciente che lo renda meno burattino e lo distingua, per questo, dalla massa. Distinzione che non sarebbe stata possibile, tuttavia, se Puškin non avesse scritto La figlia del capitano e se Paolo Nori, traduttore e curatore della raccolta, non l’avesse inserito, a ragion veduta, in quelle Umili prose che tanto gli piacquero per compiutezza e verosimiglianza e che, dopo la rilettura, confermano la percezione che esse abbiano realmente anticipato la letteratura russa dell’Ottocento, quando essa ancora non esisteva.

In sintesi, è sufficiente leggere l’introduzione di Paolo Nori e i motivi che lo hanno guidato a selezionare questi e non altri racconti di Aleksandr S. Puškin per individuare il perché è un piacere leggere Umili prose.

Il piacere della rilettura (oltre che del leggere) invece, sembra provenire dalla sensazione di disporre delle chiavi culturali più adatte per permettere anche al lettore estraneo di capire cosa si prova quando capacità introspettiva e coscienza esistenziale si misurano e si contrappongono all’ineluttabilità del fato rendendo la letteratura russa ottocentesca immensa nella sua bellezza proprio perché ha dell’incredibile, pur esistendo da secoli.


Autore: Aleksandr S. Puškin
Titolo: Umili prose
Titolo delle opere originali: povesti pokojnogo Ivana Petroviča Belkina/Pikovaja dama/Kirdžali/Kapitanskaja dočka
Traduzione: Paolo Nori
Casa editrice: Feltrinelli
Collana: Universale Economica/Classici
Pubblicazione: aprile 2007, Seconda edizione
Pagine: 233
Prezzo: € 9.50

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