È la prima volta che leggo qualcosa di Katherine Mansfield.
La scelta di cominciare leggendo il suo Quaderno d’appunti deriva da una delle tante cose dette da Yiyun Li nelle conversazioni sulla letteratura raccolte in Caro amico dalla mia vita scrivo a te nella tua in cui si contrappongono i ragionamenti dell’autrice neozelandese con i pensieri di Virginia Woolf, della quale era contemporanea.
Con Quaderno d’appunti di Katherine Mansfield, tradotto da Elsa Morante, inizia così il mio primo tentativo di lettura di una delle maggiori autrici della narrativa breve del Novecento, troppo presto strappata alla sua arte.
Quaderno d’appunti di Katherine Mansfield: una raccolta che sembra una lista della spesa
Il Quaderno d’appunti di Katherine Mansfield inizia aprendo una finestra su Pat, un giardiniere irlandese del quale l’autrice bambina conserva un ricordo idilliaco e che rimanda a un tempo in cui innocenza e crudeltà sono ancora lontane dal definirsi e dal separarsi come avviene, di solito, quando l’esperienza del vivere condiziona e influisce sulla crescita fisica e mentale di un essere umano.
Il Quaderno d’appunti, fin dalla prima prosa, non ha nulla di magico e romantico. Il futuro della bambina che diventerà donna, scrittrice di brevi racconti e recensora di capolavori letterari sarà segnato dalla lotta costante contro la malattia e contro lo schema sociale di una realtà che sottolinea i limiti che al genere femminile, a differenza degli uomini, non è dato varcare.
La scrittura e il pensiero di Katherine Mansfield non sembra concentrarsi su un punto in particolare, anche se molte considerazioni sono riconducibili alle problematiche che emergono quando si discute sulle differenze di genere o su quello che si sa o si presume che una donna possa o non possa fare.
Non sembra interessata a indagare le dinamiche dei limiti di pensiero e di intenti che si sviluppano su tali argomenti ma è curiosa di capire quando e in che modo e perché tali limiti rendono difficili, se non impossibili, azioni semplici e banali come viaggiare da soli o acquistare fiori senza un obiettivo in particolare.
Motivata ad andare fino in fondo, la scrittura di Katherine Mansfield punta a individuare i momenti esatti in cui il femminile si sente o viene colpevolizzato quando si trova a esercitare il proprio senso critico su spazi e contesti considerati, per diritto, al maschile. In quest’ottica, il Quaderno d’appunti registra con puntigliosa, concisa e razionale precisione i perché sottintesi a tali ragionamenti ed è forse per questo che, senza farsi distrarre da sentimentalismi di sorta, la raccolta somiglia a una lista per la spesa.
Il componimento poetico intitolato La nonna, ad esempio, sembra chiedere il perché il maschio ha tutti i privilegi dei legami affettivi mentre alla femmina ne sono riservati oneri, lacrime e responsabilità.
Nella storiella intitolata Il melo, i perché della narratrice bambina sono diversi. L’interrogativo principale, comunque, è subordinato al gusto di un melo speciale, appartenente al padre il quale, ignaro di averlo, lo guarda con nuovi occhi non appena un amico gli fa notare la rarità e il valore della sua presenza. Una volta assaggiati, in compagnia del genitore e del fratello, il frutto di questa pianta speciale si rivela scadente, immangiabile. Sul momento, fratello e sorella condividono, in una comunicazione muta, questa cattiva impressione e, allo stesso modo, mentono su di essa per non dispiacere l’adulto che, sicuro e convinto dalle buone opinioni dell’amico, si aspettava un sapore meraviglioso.
Ancora, in La battaglia perduta, Katherine Mansfield racconta di una giovane donna che viaggia da sola e che si domanda perché è abitudine accogliere una signora offrendo una bella cameretta con un bel letto, indignarsi quando l’ospite femminile chiede una camera con tavolino e, infine, insinuare che ella non possa permettersi una stanza che non le serve.
Di solito, quando ci si accosta alla lettura di frammenti narrativi sui quali autori e autrici hanno fatto leva per produrre un certo tipo di letteratura, ci si aspetta di aprire una scatola di cioccolatini in cui sono stati selezionati sentimenti virtuosi ed elevati. Il Quaderno d’appunti di Katherine Mansfield non è così e non c’è frase, poesia, storiella che nasconda, per quieto vivere o finto buonismo, il desiderio di togliersi, metaforicamente, fastidiosi sassolini dalle scarpe (e dai guantini) con le quali uomini e donne vanno a passeggio in un mondo che mette in scena sempre la stessa versione del “Lunch” domenicale.
Messaggio, pensieri e discorso di genere anticipati da Virginia Woolf sono gli stessi presenti nel Quaderno d’appunti di Katherine Mansfield, diverso però il modo di affrontarli.
Visionaria e articolata, la prima ha confezionato una letteratura che sceglie l’isolamento e l’assenza per poter realizzarsi. Sintetica e realistica, la seconda ha fatto invece della narrazione breve uno strumento che si muove, senza fraintendimenti, a imporre la presenza della donna in letteratura.
Appurato che entrambe hanno dedicato tempo ed energie nel fornire delle soluzioni in grado di cambiare e migliorare la condizione femminile ci si chiede perché schierarsi a favore dell’una o dell’altra sulla base di una presunta rivalità.
Autrice: Katherine Mansfield
Titolo: Quaderno d’appunti
Titolo originale: The Scrapbook
Curatore: John Middleton Murry
Traduzione: Elsa Morante
Casa editrice: Feltrinelli
Collana: Universale Economica/Classici
Pubblicazione: luglio 2012, Prima edizione
Pagine: 200
Prezzo: € 9
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