Tratto da una storia vera, Il vento idiota di Peter Kaldheim della Edizioni e/o è il memoir che ho scelto per concludere il ciclo di letture di gennaio.
A convincermi, in questo salto oltreoceano, non è solo il titolo accattivante ispirato da Bob Dylan ma anche il riferimento a Kerouac e al suo On the Road.
Vero o romanzato, del resto, non ha importanza. Ciò che può interessare, in questo memoir, è la storia e il modo in cui Peter Kaldheim racconta, nonostante Il vento idiota che la caratterizza, l’America e le anime perse capaci di inaspettato altruismo.
Il vento idiota di Peter Kaldheim: sulle tracce di Kerouac
Il vento idiota è il racconto in prima persona di Peter Kaldheim, ex seminarista, ex redattore, ex marito, ex carcerato che, a trentasei anni, ha brillantemente disceso la gerarchia di scuse e fallimenti per approdare al livello di alcolista e spacciatore tossicodipendente in fuga da New York per aver ingannato il suo fornitore di droga.
Al suono dei versi di Bob Dylan che richiamano frammenti di filosofia greca Pete lascia e abbandona il fondo, toccato deludendo le persone della sua vita, per salvare la pelle e decide di seguire la strada fingendo, per sopravvivere, di riesumare il vecchio sogno di diventare un romanziere.
“Ovviamente, una parte di me si rendeva conto che la pretesa di seguire le orme di Kerouac era solo una fantasia autoincensatoria che mi permetteva di prendere emotivamente le distanze dalla situazione penosa in cui mi trovavo; ma quando sei a terra e senza un soldo bucato ti aggrappi a qualunque cosa pur di convincerti che non sei proprio uno zero. Se fantasticare su Kerouac era l’unico modo per tenermi su di morale, be’, che diavolo. Se non altro sarei stato in buona compagnia”.
Diverso e simile a In un milione di piccoli pezzi di James Frey, Il vento idiota segue un percorso di recupero che più che alla comunità si affida ai frammenti di umanità sparsa da un capo all’altro dell’America del Nord cantata dagli idoli, musicali e letterari, letti e ascoltati dagli anni ’60 agli anni ’80.
Per buona parte del viaggio, Pete, non è in cerca di sé stesso e, nel descrivere la realtà cruda e disperata che attraversa, si rende simpatico al lettore per l’umorismo spiccio con il quale prende atto del suo essere uno dei tanti ai quali probabilmente manca, oltre al talento, la forza di volontà necessaria per fare qualcosa di più che sopravvivere liberandosi dalle dipendenze in cui è caduto.
Le passate esperienze dei ruoli falliti e delle buone intenzioni deluse, tuttavia, giocano in favore dell’istinto di conservazione del protagonista e voce narrante. Una tappa alla volta, Il vento idiota gli fa incontrare altre persone come Charlene, Kalvin o Gino che ci sono passate e che stanno provando, anche solo con l’immaginazione, a gestirne gli effetti al punto da potersi permettere di offrire un caffè, un passaggio o una ragionevole ramanzina al newyorkese in disgrazia e diretto a Ovest.
Il vento idiota sfiora continuamente scambi e gesti di gentilezza che diventano l’occasione ideale per raccontare, anche a un estraneo raccattato per strada, storie tragiche, banali, folli e, a loro modo, così singolari da essere trascritte a matita su pezzi di carta racimolati in un motel e che andranno a costituire il primo nucleo del memoir di Peter Kaldheim. Tali appunti, assieme a una multa per vagabondaggio, si riveleranno molto più preziosi dei documenti d’identità perduti e dimenticati in una stazione di servizio, a pochi giorni e a chilometri di distanza dalla sua fuga precipitosa da New York giustificando, man mano che si procede con la lettura, la presenza della dedica di apertura del libro:
“Ricordatevi solo che nella vita vi sono molte cose inutili, e che poche son quelle che guidino a un solido fine. – Teofrasto”
Giunto a Portland, Pete attirerà l’attenzione di un altro invisibile, John Comunquesia. È uno degli ultimi incontri fondamentali per la riuscita di un romanzo in cui si parte dalla convinzione che a nessuno importi della persona per poi vederla confutata da altri estranei che si comportano come se, a non importare, siano le intenzioni dichiarate o nascoste di individui che non sono né peggiori né migliori della rete sociale di cui fanno parte. Un tipo di comportamento che il narratore pensava di trovare solo nei libri di Kerouac e di altri scrittori dallo stesso stile di vita e di pensiero e di cui, grazie alle informazioni di John Comunquesia, ne riconosce il valore umano.
Comunque sia, Il vento idiota di Peter Kaldheim ha tutto ciò che serve per riabilitare un fine che, perduti i mezzi, trova modo di riacquisirli realizzando il desiderio di mettere insieme un sacco di storie da raccontare che forse non hanno l’ironia un po’ amara di Steinbeck o la rabbia di Orwell ma rappresentano un onesto modello di letteratura di serie B inteso in senso buono e, in fiducia. 🙂
Autore: Peter Kaldheim
Titolo: Il vento idiota
Titolo originale: Idiot Wind
Traduzione: Silvia Montis
Casa editrice: Edizioni e/o
Pubblicazione: 3 giugno 2020
Pagine: 348
Prezzo di copertina: € 17
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