Quarto volume Alla ricerca del tempo perduto, Sodoma e Gomorra completa gli intricati fili dei pensieri e degli stati d’animo che il Narratore sviluppa tra infanzia, adolescenza e prima giovinezza.
Sodoma e Gomorra, come si evince dal titolo, rilegge e rielabora quanto appreso sulla sessualità delle realtà che lo circondano e che si esprimono e si confondono nei diversi modelli di comportamento sociale descritti nei romanzi precedenti.
Proust, Sodoma e Gomorra: sintesi e impressioni
Sebbene sia suddiviso in due parti, Sodoma e Gomorra non rappresenta solo due facce di una medesima realtà ma se ne serve per rappresentare, in quattro capitoli e con Le intermittenze del cuore, un mondo che si frantuma in molteplici direzioni indicate e governate dagli impulsi sessuali elencati dal Narratore di cui Proust si serve per portare avanti La ricerca.
Sodoma e Gomorra I
Accennato sul finale de La parte di Guermantes, Sodoma e Gomorra I è l’antefatto e il racconto integrale di quanto scoperto dal Narratore mentre attendeva conferme sull’invito ad accedere, ufficialmente, nell’alta società.
Lo scambio di sguardi tra il barone di Charlus e l’umile Jupien tradisce nei due, inconsapevoli di essere osservati, l’attrazione omosessuale che, per come si concretizza, al Narratore-testimone ricorda le pratiche e le strategie adottate dal mondo botanico per garantire la riproduzione.
“Era un miracolo quello a cui avevo assistito, quasi dello stesso genere, e non meno meraviglioso. Non appena ebbi considerato la cosa da questo punto di vista, tutto, in quell’incontro, mi parve soffuso di bellezza”.
L’interesse a decifrare la socialità, i segreti e i misteri dell’educazione e del vivere aristocratico assume un altro punto di vista che, dal piano politico e intellettuale messo in luce dal caso Dreyfus, sposta l’attenzione sulla natura umana e di come si cela e si manifesta in base alla nascita e ai diritti e i doveri di classe.
In Sodoma e Gomorra I, quindi, il confronto non è più tra classi – superiori, intermedie o inferiori – ma si gioca sul come, tra queste distinzioni formali e a prescindere dal genere di appartenenza, si determina l’attrazione e il desiderio di unione, fisica e non, tra esseri umani più o meno consapevoli delle ambiguità che caratterizzano il ruolo e l’immagine che interpretano per scelta o per natura.
Sodoma e Gomorra II: primo capitolo
Confermato l’illustre invito a casa della principessa di Guermantes, il proposito del Narratore è di seguire la linea d’analisi tracciata nella prima, breve parte di Sodoma e Gomorra.
Ancora intimorito dall’alta società e dall’importanza sensibile e immaginaria che le attribuisce, il Narratore si adopera per essere presentato al principe e al padrone di casa nel rispetto dell’etichetta e delle convenzioni aristocratiche così da liberarsi, una volta per tutte, della sensazione di essere un intruso che nulla ha a che fare con le persone che contano davvero, per nascita o per prestigio politico e intellettuale.
Sbrigata questa formalità, che si rivela più complicata di quanto si aspettava, il Narratore si adegua al contesto e da esso raccoglie tutte le informazioni utili allo scopo e che provengono dalle intenzioni, dissimulate e veicolate con altri linguaggi, degli ospiti presenti in sala. In questa poliedrica socialità, unico punto fermo per il Narratore è Swann, anch’egli presente nella cerchia dei Guermantes e che, sebbene molto malato, si rivela la fonte più attendibile oltre che l’unico e, forse, l’ultimo interlocutore disposto a fornire, in confidenza, le verità che stanno alla base delle opinioni formulate su politica, amore e gelosia.
Una volta separatosi da Swann, il Narratore tornerà al suo desiderio per Albertine e al ricordo, ormai privo di significato, del suo innamoramento per Gilberte. Desiderio che, soddisfatto, allontana il ricordo e sembra fornire un attimo di respiro, di tregua dalla mutevolezza in cui la sua sensibilità è immersa.
“In una certa misura, le manifestazioni mondane, per quanto inferiori ai movimenti artistici, alle crisi politiche, all’evoluzione che orienta il gusto del pubblico verso il teatro di idee, poi verso la pittura impressionista, poi verso la musica tedesca e complicata, poi verso la musica russa e semplice, oppure verso gli ideali sociali, gli ideali di giustizia, la reazione religiosa, i soprassalti di patriottismo, ne costituiscono tuttavia il riflesso lontano, incrinato, incerto, offuscato, cangiante. Di conseguenza, nemmeno i salotti possono essere dipinti in quell’immobilità statica che ha potuto giovare, si qui, allo studio dei caratteri, i quali dovranno essere anch’essi per così dire trascinanti in una sorta di movimento storico”.
Una pausa, quella della relazione intima con Albertine, che non garantisce l’equilibrio interiore del Narratore trascinato nella girandola di salotti affini o contrari ai poli a loro volta rivali e in ascesa gestiti da Madame Swann e da Madame Verdurin. Per questo il primo capitolo di Sodoma e Gomorra II si chiude con un secondo crollo nervoso del Narratore, più lieve di quella conseguente la rottura con Gilberte, che si avvia, di nuovo, verso Balbec.
Le intermittenze del cuore
Balbec, tuttavia, ha perso tutta la magia captata All’ombra delle fanciulle in fiore.
Il modo di fare e di parlare del direttore e del personale dell’albergo non mettono più in soggezione il Narratore, né la stanza gli ispira quel senso di spaesamento che l’aveva angosciato durante il primo soggiorno. In questo contesto, estraneo e familiare insieme, Le intermittenze del cuore trovano spazio per il momento in cui la coscienza risente della morte della nonna restituendo un’immagine, dimenticata, di sé.
“Più volte, da allora, avevo parlato di lei, e anche pensato a lei; ma sotto le mie parole e i miei pensieri di giovane ingrato, egoista e crudele, non c’era mai stato nulla che assomigliasse alla nonna, perché nella mia leggerezza, nel mio amore del piacere, nell’assuefazione a vederla malata, il ricordo di quel ch’era stata non lo serbavo in me che allo stato virtuale”.
È una parentesi di consapevolezza, di presenza a sé stesso e ai propri cari che si snoda e si esaurisce in poche pagine, prima di tornare Alla ricerca del tempo perduto e alla seconda primavera del Narratore.
Sodoma e Gomorra II: secondo, terzo e quarto capitolo
Nel secondo, terzo e quarto capitolo di Sodoma e Gomorra II, la bellezza percepita nella natura umana e nella diversità dei modi con cui si manifesta si indebolisce e, pur riallacciando le relazioni e i rapporti iniziati nei volumi precedenti, il Narratore non riesce più a provare per essa un moto di meraviglia.
Lontana dal frastuono e dal fascino dei salotti parigini, l’aristocrazia francese rappresentata dai marchesi di Cambremer e da nobili di campagna dalle genealogie non meno prestigiose di quelle vantate dalla parte di Guermantes ricompare, a Balbec, smitizzata e spogliata di tutte le sue attrattive.
“Così non erano solo i nomi dei luoghi di quel paese ad avere perduto il loro iniziale mistero, ma anche i luoghi medesimi. I nomi, già per metà svuotati d’un mistero che l’etimologia aveva sostituito con il ragionamento, erano scesi ancora di un grado”.
Assorbito dagli svaghi offerti nei dintorni di Balbec, il Narratore di Sodoma e Gomorra scivola in riflessioni ciniche e disincantate sul barone di Charlus che, invaghitosi di Morel, figlio del maggiordomo dello zio del Narratore e aspirante violinista, entra a far parte della cerchia borghese dei Verdurin. Riflessioni distratte, di tanto in tanto, dalle disquisizioni toponomastiche di Brichot, dal sonno e dalla disponibilità della sua compagna di viaggio, Albertine.
Nell’insieme, il quarto volume Alla ricerca del tempo perduto, è una lettura sconfortante dove ciò che a prima vista era parso soffuso di bellezza viene man mano sporcato dalle intenzioni comuni in cui, ad essere prioritario, non è il soddisfacimento di desideri e aspirazioni – fisici, intellettuali, esistenziali – ma l’interesse a smascherarli, manipolarli e ridicolizzarli per favorire le idee che si hanno sul come apparire migliori dell’individualità che si esprime diversa rispetto alla collettività che attraversa.
Il vivace e intellettuale salotto dei Verdurin si tiene dunque stretti i suoi fedeli non perché tiene a loro ma perché la loro presunta mediocrità, periodicamente riunita, aumenta il valore collettivo della sua realtà soffocando, in quello individuale, il desiderio di “staccare” e di farsi una vita indipendente da quella predisposta ogni mercoledì. L’immagine del barone di Charlus, inserita in questo contesto per la sua relazione con Morel, si riduce a una figura, ridicola e insignificante, che è utile solo per ampliare il numero dei fedeli che non crede ai nobili natali e alle illustre parentele di cui parla.
In tutte queste situazioni che sviliscono l’immaginazione e la capacità di osservazione del Narratore, nemmeno l’accondiscendente Albertine si salva da una muta condanna. La più bella delle fanciulle in fiore l’annoia tanto dal non avere nessuna difficoltà a promettere alla madre, alla quale si è sostituita l’immagine della nonna, che l’avrebbe presto lasciata perché, ormai, è convinto di sapere tutto sulla natura della sua amante.
La verità intravista con Le intermittenze del cuore è lontana però basta una frase casuale di Albertine a mutare i destini di entrambi. Il narratore, coerente con la natura ingrata, egoista e crudele che lo caratterizza, cambia idea e la convince a seguirlo a Parigi per farne La prigioniera del prossimo romanzo Alla ricerca del tempo perduto.
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