Amatissima, a cominciare dal titolo, è un romanzo assoluto per come attrae, respinge e spaventa lasciando intendere una narrazione che rifiuta in toto di farsi annichilire dalle aspettative e dalle interpretazioni del lettore al quale si rivolge.
Seduta in veranda sulla sua sedia a dondolo e mentre sta cullando le riflessioni sul lavoro perduto o lasciato in casa editrice, sul desiderio di scrivere e sul significato della parola libera, Toni Morrison compone la Prefazione che inquadra Amatissima e l’importanza del leggere un romanzo intenso e doloroso, bellissimo e grandioso.
Amatissima di Toni Morrison: tramandare o non ignorare?
L’immagine di una donna con un bel cappello, improvvisamente emersa dalle acque di un fiume, interrompe i pensieri che Toni Morrison mette insieme nella Prefazione poco prima di fissare lo sguardo sul 124, la casa che sa tutto ciò che riguarda la storia nota e ignota di Amatissima.
Il 124 è il numero assegnato alla casa del dolore e del rancore situata in Bluestone Road, Cincinnati, Ohio. Una casa bianca e grigia occupata da donne che sanno come e perché sono giunte fino a lì, a piedi o su un carro, dopo essere passate, schiave riscattate o fuggitive, per Sweet Home nel Kentucky.
Il 124 non è la lieta conclusione dello schiavismo e della schiavitù praticata in America a ridosso della Guerra Civile. In questa casa, con un’anca malandata e otto figli venduti e sfruttati come schiavi e forza lavoro, si stabilisce Baby Suggs, ottima cuoca e ancora abile per riparare le calzature dei clienti bianchi.
Halle, il più giovane dei figli di Baby Suggs, è rimasto assieme a un indiano di nome Sixo e a tre coetanei chiamati Paul. Coltivano le terre e allevano il bestiame di Mr Garner e, convinti essere trattati bene, vivono tranquilli a Sweet Home.
“Nel loro rapporto con Garner c’era qualcosa di autentico: lui credeva in loro, si fidava, ma, ciò che più contava, li stava a sentire. Pensava che le cose che dicevano fossero degne di essere ascoltate e le cose che provavano fossero importanti. Rimettersi alle opinioni dei suoi schiavi non lo provava né di autorità né di potere. Fu il maestro a insegnar loro il contrario”.
La tranquillità garantita da Mr Garner si arricchisce di una nuova acquisizione: quella di Sethe, una ragazza di tredici anni scelta per occupare il posto di Baby Suggs divenendo la moglie teorica di Halle e, con l’arrivo del maestro a dirigere gli affari e la tenuta dei Garner, un bene da capitalizzare e disumanizzare.
Amatissima senza esserlo, Sethe sopporta quanto la sua giovane mente è in grado di contenere e tenere insieme. Si occupa di Mrs Garner, delle faccende domestiche, dei figli che, a tempo debito, verranno smerciati sul mercato degli schiavi e ricorda, senza volere e con l’impegno a non pensarci, la madre marchiata e impiccata, la nutrice mutilata che l’ha cresciuta raccontandole storie di navi negriere, di uomini e donne frustrati, violentati, incatenati, venduti e uccisi, il più brutto vestito da sposa che abbia mai indossato e gli orecchini di diamante regalatele dalla padrona.
Sopporta tutto, Sethe, ma, all’arrivo del maestro e apprese le teorie con le quali i bianchi si attribuiscono il diritto e il dovere di distinguere l’animale dall’essere umano, fugge al 124 di Bluestone Road: nella casa bianca e grigia dove Baby Suggs attende di riunirsi alla sua famiglia coltivando le relazioni sociali e religiose con la comunità di colore di Cincinnati.
“Cominciava così: i bambini che ridevano, gli uomini che ballavano, le donne che piangevano. Poi, però, si mescolava tutto. Le donne smettevano di piangere e ballavano, gli uomini si mettevano seduti e piangevano, i bambini ballavano, le donne ridevano, i bambini piangevano finché, esausti e laceri, si stendevano tutti quanti sul terreno umido della Radura senza più fiato.
[…] Baby Suggs […] non diceva loro di mondare la loro vita, né di andare e di non peccare più. Non diceva loro che erano i beati della terra, i miti che l’avrebbero ereditata o i puri di cuore destinati alla gloria. Diceva loro che l’unica grazia che potevano avere era la grazia che potevano immaginare, che se non potevano vederla, non l’avrebbero ricevuta”.
Sethe raggiunge Baby Suggs e il 124 si anima della presenza di Beloved, Howard, Buglar e Denver. È il momento in cui la famiglia di Amatissima si riunisce ed è il momento in cui la lotta per la libertà di scegliere come amare e come vivere combacia con un senso di felicità assoluta e uno stato di grazia che culmina in una festa collettiva. Una festa alla quale segue il gesto indicibile di Sethe e che Baby Suggs capisce di non poter né condannare né giustificare.
I colibrì nella testa di Sethe sono l’immagine più efficace per descrivere ciò che Toni Morrison dichiara essere una storia da non tramandare e da non ignorare perché, per la donna condotta e fuggita da Sweet Home, feroce è il male e il dolore inferto e subito dai propri simili e insondabile la rabbia e il rancore di chi viene abbandonato da coloro che immaginava suoi pari, anelli di una stessa catena.
Le donne del 124 lo sanno eppure, prima di chiudersi nel silenzio, lasciano a Toni Morrison il compito di raccontare, senza giudicare né togliere o aggiungere opinioni in merito, il sacrificio estremo e il disperato bisogno di sicurezza e protezione che ha determinato la ribellione individuale di Sethe e la storia collettiva degli americani nativi, immigrati e importati.
In una sola parola, Amatissima è il superlativo d’eccellenza per dare l’idea di un romanzo strutturato per incidere, su carta, su pietra e sulle coscienze di chi legge e che, alla domanda su quante zampe ha un essere umano, trova ancora le forze per formulare delle risposte da dare ai fantasmi che sono, stanno e non appartengono alla storia scritta da Toni Morrison.
Autrice: Toni Morrison (Chloe Ardelia Wofford)
Titolo: Amatissima
Titolo originale: Beloved
Traduzione: Giuseppe Natale
Casa editrice: Frassinelli
Collana: Pickwick
Pubblicazione: novembre 2013, I edizione Pickwick
Pagine: 410
Prezzo di copertina: € 10.90
No Comments