A Ferragosto, pensando ai momenti trascorsi in piscina con Il cappotto di Gogol’, a casa con la trilogia dell’Adamo Pazzo della Atwood o lungo un torrente montano a sbrogliare Quer pasticciaccio brutto di via Merulana di Gadda, pare tradizione, su questo blog, fare delle scelte di lettura un po’ insolite.
Per “rispettare” tale tradizione, L’anno della lepre di Arto Paasilinna pare una lettura ideale per muoversi seguendo i variabili stati d’animo di Vatanen e della sua lepre e viaggiare sul filo dell’umorismo e dell’ironia di un romanzo finnico-naturalistico che si prende la libertà di varcare i suoi stessi confini.
L’anno della lepre, Arto Paasilinna: seguendo un certo tipo di ironia
L’anno della lepre parte in macchina, in una sera di inizio estate e in compagnia di due uomini depressi che hanno appena discusso sulla destinazione da raggiungere.
Il guidatore è un fotografo irascibile e il passeggero un giornalista insofferente al collega che lo conduce, alla professione che svolge e alla moglie, tutt’altro amorevole e devota, che non l’aspetta a casa.
Il giornalista è Vatanen e la lepre, ferma in mezzo alla strada, viene investita dal fotografo che fa in tempo a vederla fuggire nei campi. L’auto si ferma, il giornalista scende e, quando trova la lepre, decide di non tornare indietro e di prendersi cura di lei e della sua zampa rotta.
Vatanen e la lepre vengono abbandonati e così comincia il loro girovagare per la Finlandia, rurale e naturalistica, in cerca di ciò che serve per il loro sostentamento. Occupazione che, malgrado i continui tranelli tesi a Vatanen per obbligarlo a rientrare nei suoi ruoli di marito, dipendente di un giornale e cittadino, gli permette di vivere un anno a stretto contatto con la natura e in rapporti più o meno civili con le persone che incontra durante il suo peregrinare.
L’anno della lepre non è un romanzo privo di ostacoli.
Paasilinna crea una serie di situazioni, metaforiche e paradossali, che Vatanen e la sua fidata compagna di viaggio aggirano preservando il loro bisogno di indipendenza e libertà.
Scrittura e stagioni scorrono regolari in una narrazione che vive con diffidenza le contraddizioni e i malesseri della modernità che, considerata con un senso dell’umorismo delicato, schivo e sfuggente, rendono la lettura un’esperienza piacevole e naturale.
L’ironia che si riscontra nelle azioni di Vatanen, se si rileggono con particolare attenzione gli episodi delle ruberie del corvo e della caccia all’orso, ha qualcosa di intrinsecamente crudele e spietato ma rende comprensibile il perché tali azioni, in quanto dettate più dalla necessità che dal desiderio di limitare o manipolare il ciclo del vivere, del convivere e dell’esistere, vengono compiute.
L’umorismo di Vatanen e della lepre non è immediato o travolgente come ci si aspetta da una commedia ad effetto e non cerca di distorcere il senso del libro puntando sugli elementi surreali che esulano dall’idea comune che la società civilizzata ha di normalità.
È un racconto, quello di Paasilinna, che ironizza molto sulla percezione che rende anormale la semplice azione di soccorrere un animale selvatico e nell’adattarsi, per tutelarlo, a una vita lontana dalla città e dalle occupazioni urbane che rendono un territorio bello e sconfinato come la Finlandia, un luogo chiuso e soffocante e non progettato a misura d’uomo.
L’anno della lepre è un anno di fuga e un anno in cui Vatanen esplora una condizione di semilibertà dopo una vita trascorsa nelle abitudini della cattività. Condizioni sulle quali medita e fa un confronto.
“Vatanen cercò di riprendere contatto con la realtà.
La sua mente sembrava non riuscire ad approdare a nessun fatto concreto: gli sfilavano davanti delle possibilità, e non poche, ma il cervello non riusciva ad approfondirne nessuna tanto da arrivare a quello che può essere definito un pensiero”.
Malgrado i dubbi, la separazione dalla lepre, il tentato ritorno a un accettabile conformismo e la pena di scontare l’elenco di azioni delle quali si è macchiato contro la società e il governo finlandese, Vatanen decide di continuare a seguire lo spirito finnico che lo caratterizza accettando di evadere in terra natia e di rimanere coerente all’immagine che lo scrittore ha del suo personaggio:
“L’immagine che ho di lui è quella di un uomo di una rara profondità d’animo e di una grande bontà; non dimenticherò mai le parole di Vatanen a conclusione del nostro ultimo colloquio: «Così è la vita».”
In conclusione, L’anno della lepre di Arto Paasilinna, anche se fa pensare che tutto volga al tragico, trova un modo per abbozzare un sorriso che se non neutralizza, allenta il senso di sconforto che si prova quando ci si costringe ad adattarsi a una visione unilaterale del mondo con tutte le sue strutture e sovrastrutture. Evadere da queste ultime, comunque, è possibile e ciò rende questo romanzo una risorsa alla quale il lettore è invitato ad attingere senza correre il rischio di invischiarsi interpretazioni che, in fondo, non spiegano nulla sulla natura dell’uomo, degli animali e degli ambienti che condividono. 🙂
Autore: Arto Paasilinna
Titolo: L’anno della lepre
Titolo originale: Jäniksen vuosi
Traduzione: Ernesto Boella
Casa editrice: Iperborea
Pubblicazione: luglio 2020, 33ª edizione
Pagine: 200
Prezzo di copertina: € 14.00
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