Con Ninfa dormiente di Ilaria Tuti si chiude, in bellezza, la parentesi di letture dedicata ai thriller e ai casi indagati, su questo blog, durante il mese di luglio.
Questa volta ci si sposta in Italia, in luoghi isolati, incontaminati e apparentemente idilliaci. Luoghi dove il tempo sembra essersi fermato in un equilibrio naturale, selvaggio e cristallino ma che presentano dei lati oscuri che costituiscono gli scenari attraverso i quali si delinea il profilo del commissario Teresa Battaglia e il suo modo di sciogliere segreti e di portare alla luce misteri sepolti nella memoria.
Ninfa dormiente, Ilaria Tuti: misteri e segreti
Ninfa dormiente di Ilaria Tuti inizia dalla fine e dall’inizio.
La fine inquadra Teresa Battaglia, una donna di sessant’anni costantemente in lotta con la sua mente e con un’infida malattia che, man mano che progredisce, consuma le risorse e le energie che le consentono di svolgere bene il suo lavoro di poliziotta e di criminal profiler. Il momento in cui dovrà mollare la presa sulla realtà e il suo lavoro è sempre più vicino. Lo sa, ne è consapevole e si sta preparando per rimanere autosufficiente più a lungo possibile e per far sì che la squadra che sta formando sia in grado, in futuro, di autogestirsi senza aver bisogno del suo intervento e del suo intuito.
L’inizio è il quadro attorno al quale si scoprirà che la ninfa dormiente è realmente esistita perché è stata dipinta con il suo sangue, con l’obiettivo di lasciare una traccia su un omicidio risalente alla primavera del 1945.
Troppe poche informazioni per costruirci un caso. Teresa Battaglia ne fa comunque una questione personale e lo segue come se fosse l’ultimo della sua carriera e, malgrado non lo dimostri apertamente, confida nell’aiuto del suo vice Massimo Marini: un buon poliziotto che però nasconde un oscuro passato. Un passato sul quale la protagonista di Ilaria Tuti non ha ancora indagato per poter gestire un personaggio introverso, ribelle e costantemente scettico riguardo i metodi d’indagine del suo superiore che, per giunta, è una donna di sessant’anni.
La coppia Marini-Battaglia non sembra avere fiducia l’uno nell’altra ma con il rinvenimento della Ninfa dormiente e l’interesse mediatico che ne consegue, in quanto realizzato dal noto artista ex partigiano Alessio Andrian, è costretta a collaborare in quello che è un cold case avvenuto nella Val Resia. Luogo che non solo potrebbe aver preservato tracce e resti del cadavere ma che, di fatto, custodisce le antiche origini dei suoi abitanti:
“La Val Resia è un’isola genetica e linguistica pressoché perfetta e per questo preziosa, da un punto di vista scientifico. Almeno lo era fino a pochi anni fa. Lo garantiva l’isolamento derivato dall’essere una vallata chiusa.
[…]
Il DNA dei resiani è ancora quello delle popolazioni fondatrici. Delle loro origini, però, si sa poco. Loro stessi sono ancora alla ricerca di risposte alle domande esistenziali: da dove vengono, chi sono. Di certo c’è che non appartengono a nessun ceppo genetico dell’Europa occidentale. La loro lingua è uno slavo arcaico, antichissimo. Arrivato a noi immutato”.
La Ninfa dormiente è, dunque, resiana. È il primo elemento certo sul quale Teresa Battaglia baserà il corso delle indagini ostacolate, peraltro, dalla logica e dalla deontologia professionale di colleghi e superiori e dal riserbo ermetico degli attori che hanno contribuito alla realizzazione del quadro e che rimangono gli ultimi testimoni o sospettati dell’assassinio commesso.
Parecchi sono i segreti e i misteri che s’intrecciano, non visti, nel sottobosco narrativo realizzato da Ilaria Tuti. Le paure e i sensi di colpa provati da Marini e dalla Battaglia sembrano rallentare il ritmo delle indagini anche se, in realtà, li avvicinano alla soluzione del caso e a una verità che va al più presto svelata. Nel frattempo, infatti, il colpevole si è risvegliato e ha ripreso ad uccidere. Il suo segreto è in pericolo e, più cerca di depistare e dividere il commissario e il suo vice, più questi diventano più vicini a sé stessi rendendo Ninfa dormiente un thriller e un romanzo avvincente e intrigante.
Con piccoli movimenti e uno stile di scrittura che assimila sempre più informazioni fornendo impressioni di personaggi che si muovono alla cieca, Ilaria Tuti fa un lavoro straordinario nel definire una narrazione che toglie tutte le ipotesi possibili e ragionevoli che, di norma, si costruiscono attorno al mistero della vita e al movente della morte.
I paesaggi e le atmosfere sono fotografati con precisione certosina e con una notevole attenzione per le diversità adottate per risalire alla vera storia della Ninfa dormiente. Questo dà alla narrazione una forma antica e attuale, piacevole da leggere, interessante da osservare e da valutare in tutte le sue particolarità o, al limite, da lasciare sul fondo delle interpretazioni o considerazioni di lettura che se ne possono trarre.
Infine, nella trama abbondante e ricca di suggestioni e di scoperte che divergono dal filo conduttore stabilito all’inizio e alla fine di un romanzo complesso e stratificato è stato interessante riscontrare una particolarità che accomuna Ninfa dormiente a Il pendolo di Foucault di Umberto Eco. Una particolarità che rende il libro di Ilaria Tuti un’opera creativa a tutti gli effetti. Da leggere, per verificare. 🙂
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