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Bambini nel tempo di Ian McEwan: un romanzo complicato

22 Maggio 2020
Bambini nel tempo di Ian McEwan: un romanzo complicato ma con lieto fine

Bambini nel tempo di Ian McEwan è un romanzo complicato che si sviluppa al di sotto di una superficie narrativa dove la felicità scorre scontata e a portata di mano.

Contesto narrativo che, nel romanzo, si infrange in prossimità della cassa di un supermercato e fa emergere un altro tipo di realtà sconvolgendo la vita e le abitudini dei personaggi che l’autore ha scelto di descrivere, ricostruire mettere alla prova.

Cosa accade in Bambini nel tempo? E quale soluzione offre Ian McEwan?

Bambini nel tempo di Ian McEwan: alcuni aspetti convergenti verso il lieto fine

Edito nel 1984, Bambini nel tempo racconta la storia di Stephen Lewis, romanziere per ragazzi, della moglie Julie, talentuosa violinista e della loro vivace e ciarliera bambina, Kate. Insieme costituiscono un quadro familiare sereno, privo di preoccupazioni materiali e che fanno di Stephen un uomo adulto felice e realizzato in ogni aspetto della sua vita.

Il tempo sembra scorrere come dovrebbe o ci si aspetta che scorra fino a quando, al supermercato, Kate scompare improvvisamente dalla routine familiare: rapita, mentre il padre stava porgendo la merce da acquistare alla cassiera. Un fatto che determina il trauma sul quale la narrazione si sviluppa nel tentativo di sanarlo riportando, passaggio per passaggio, il come i genitori reagiscono, affrontano e rielaborano il dolore della disgrazia che gli è capitata.

In Bambini nel tempo non si sa se Kate è viva o morta, se ricorda o non ricorda i genitori, se sta crescendo bene o male. Sono cose che il lettore ipotizza con i pensieri e le azioni di Stephen che non riesce a smettere di cercare la figlia scomparsa mentre osserva, con apprensione, la moglie Julie chiudersi nel silenzio e nell’attesa di rivedere la loro bambina.

Inevitabilmente, la coppia si sfalda isolandosi ciascuno nella propria individualità. Lui rimane nell’appartamento in città, ripercorrendo ossessivamente l’ultimo tratto di strada percorso con Kate e lei, dopo un periodo trascorso in convento, si ritira in campagna.

“Non avevano bisogno di conforto o consiglio reciproco. Quella perdita li aveva avviati su strade diverse. Non avevano nulla in comune”.

Abbandonato dalla donna che ama e tormentato dal senso di colpa per la scomparsa della figlia, Stephen scivola in uno stato di sconforto e di annichilimento dal quale non trova alcuna via d’uscita, nemmeno quando si sforza di interpretare il ruolo assegnatogli all’interno di una commissione governativa creata per stilare il Manuale dell’educazione del bambino.

Per quanto tenti di razionalizzare, il pensiero di Stephen rimane indissolubilmente e disperatamente legato all’idea e all’immagine che aveva della sua vita prima del rapimento di Kate.

Pur di non arrendersi nella ricerca e di non cedere all’impulso di criticare le scelte della moglie della quale è ancora innamorato, si aggrappa all’illusione che, una volta ritrovata la loro bambina, tutto tornerà come prima. Lui potrebbe riprendere ad essere l’uomo di un tempo: un romanziere per ragazzi, un marito amorevole, un padre attento e affettuoso e tornare a spostarsi sulla superficie di tranquilla sicurezza nella quale era abituato a vivere.

“Superata una certa età, gli uomini subivano un processo di congelamento, erano portati a credere che, anche nelle avversità, si sarebbero trovati a ricoprire il ruolo che il destino aveva loro assegnato. Perché loro erano quel che pensavano di essere”.

Pur di resistere al procedere del tempo che lo distanzia sempre più dal momento in cui ha perso una parte di sé lasciando un vuoto incolmabile, Stephen passa al setaccio tutte le teorie che riguardano il mondo e la gente che lo circonda, il loro modo di affrontare o adattarsi ai cambiamenti o di educare i propri figli nel presente. Si confronta con i valori, gli stili di vita, il modello educativo e le convinzioni dei suoi genitori, si rifugia nei ricordi collegati a Kate, cerca conforto e rassicurazione nelle teorie di Charlie e Thelma, gli unici amici rimasti e collegati al suo passato di uomo realizzato, felice.

Nonostante i ragionamenti, le emozioni e gli stati – generali e particolari, ragionevoli e folli – che si intrecciano in Bambini nel tempo, Stephen si rende conto che:

“Al giorno d’oggi le teorie te le trovi al supermercato. Puoi scegliere quella che vuoi. Sono già bell’e scritte per l’uomo della strada su una quantità di manuali del tipo ‘Strano ma vero’. C’è chi dice che il mondo divide ogni minima frazione di secondo in un infinito numero di versioni possibili in costante ramificazione e proliferazione e che la coscienza ha il compito di farsi strada e creare l’illusione di una realtà stabile”.

Ma Stephen non vuole un’illusione che lo faccia stare meglio. Bambini nel tempo, in tal senso, mostra come in realtà il personaggio cerchi di seguire una via che, adatta a lui e al suo modo di essere e di vedere, lo aiuti a raggiungere una sua personale rielaborazione della perdita dove l’attimo in cui Kate viene rapita si congela nella memoria del passato e prende coscienza che il suo presente risiede in Julie.

Una volta accettato che l’immagine della figlia rapita, con tutti i valori e le teorie ad essa collegati, è irrimediabilmente perduta Stephen realizza che non può più ritardare il momento in cui è necessario perdonarsi e raggiungere la consapevolezza della moglie che, nel suo intimo, non ha mai smesso di attendere il momento in cui entrambi potevano smettere di essere Bambini nel tempo per diventare adulti responsabili e coscienti che i figli non sono conseguenza dell’amore ma risorsa preziosa con la quale coltivarlo.

Bambini nel tempo di Ian McEwan rimane un romanzo complicato così come lo sono i suoi personaggi che però riescono a determinare un altro tipo di realtà. Una realtà migliore che è tale perché trova il modo di collocarsi in un lieto fine probabile e verosimile, meno illusorio di quanto si potrebbe ipotizzare.

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