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Paradisi minori di Megan Mayhew Bergman: alcuni frammenti contemplati

20 Marzo 2020
Paradisi minori di Megan Mayhew Bergman: frammenti da leggere con cura

Paradisi minori di Megan Mayhew Bergman è il secondo titolo NN editore di questa settimana.

Un libro che mi è stato suggerito dalle pagine bianche di Tempo variabile di Jenny Offill e che volevo leggere da quando, a Tempo di Libri, riposi i miei acquisti in una borsa con una sua citazione stampata sopra.

Una curiosità di lettura che mi è rimasta impressa e che, per fortuna, ho avuto modo di cogliere per fare una passeggiata narrativa dai quali traggo alcune considerazioni sui frammenti contemplati.

Paradisi minori di Megan Mayhew Bergman: frammenti da leggere con cura

La frase della borsa che pubblicizza Paradisi Minori di Megan Mayhew Bergman è il finale di Le arti della casalinga.

È la prima narrazione del libro e racconta di una madre sola che si mette in viaggio, alla ricerca di parole e affetti. Lungo il tragitto pensa alla sua condizione di casalinga e alla famiglia dalla quale proviene e che crede di aver deluso con le sue scelte di vita.

Il piccolo paradiso della protagonista, fatto di cornici intagliate, tende ricamate, difficoltà e sacrifici quotidiani e di ricordi semplici e comuni, si incrina con la morte del padre, con l’esilio della madre in una casa di riposo e la separazione di questa da Carnie, un pappagallo grigio africano scelto come animale da compagnia e di cui la figlia rifiuta di prendersene cura.

Carnie finisce in una gabbia da zoo, fra i suoi simili e diventa il motivo ricorrente della voce narrante che si mette alla sua ricerca per recuperare un frammento di quel paradiso perduto che la faceva sentire a casa. O forse, per appurare di essere guarita dalla malattia che affliggeva i suoi genitori o, chissà, per cambiare una credenza creatasi attorno a una bugia pronunciata per proteggerla e alla quale segue questa rivelazione:

“La verità è che siamo pazzi, malati d’amore tutti quanti”.

Una rivelazione che non ha niente di straordinario ma che ha il valore, dolce e struggente insieme, di testimoniare uno di quei Paradisi minori che, nonostante il dolore e la separazione, resiste e si sente perché non fa rumore.

Il male di amare introdotto con Le arti della casalinga segue anche i percorsi tracciati in Uccelli di un paradiso minore e si sposta nella relazione padre e figlia riunitisi in un contesto stagnante ma carico di speranza.

Immersi e isolati nella Grande Palude Lugubre, padre e figlia trascorrono il loro tempo gestendo i pochi turisti interessati a giocare a golf o a dedicarsi ad attività all’aria aperta come il trekking e il birdwatching confidando di riuscire, un giorno, ad individuare una creatura considerata estinta in natura.

Attività che però vengono svolte e intraprese da personaggi anziani e che costituiscono una saltuaria compagnia non particolarmente adatta per una giovane donna single che, nonostante ciò e con uno spirito di devozione filiale che commuove, si dichiara felice.

Un altro piccolo frammento che l’autrice, dopo averlo illustrato, stacca piano piano dalle mani della protagonista e del lettore che, a lei, un po’ si affeziona al punto da augurarle di essere accontentata nella sua volontà.

“Volevo che le cose rimanessero uguali. Volevo che tutto fosse immobile, ovunque, ma aprii lo stesso le altre finestre e lasciai entrare il mondo”.

Le narrazioni di Paradisi minori procedono in un’esplorazione che conduce verso e accanto a situazioni affrontate dal punto di vista femminile e che racconta le cose per quello che sono dedicando particolare attenzione ai molteplici aspetti che rendono i personaggi ancora in contatto diretto, simbiotico quasi, con la natura.

Una natura selvaggia che però non è tenera e può anche tradire, mettere in discussione il rapporto che si instaura con essa, come accade a Lila in Salvare la faccia.

Lila è una veterinaria il cui volto è stato deturpato dall’aggressione di uno degli animali che stava curando. Secondo il fidanzato, i segni non hanno tolto nulla alla sua bellezza, l’unica cosa che secondo I tre moschettieri una donna possiede ma che lei sa per certo di aver perduto.

Sono cicatrici impossibili da nascondere con un po’ di trucco e, facendosi notare anche a distanza, acuiscono i suoi tormenti interiori e, chiedendosi, dove possa aver sbagliato:

“[…] desiderò essere più bella che orgogliosa.”

Come se in questo modo diventasse più semplice lasciarsi amare per quello che si è e si è sempre stati invece di non lasciar trapelare il sospetto che il vero motivo di amore è, in realtà, dato dal frammento di incantevole bellezza esteriore di cui era provvista e per il quale non ha avuto la cura che ci si aspettava da lei.

Ogni racconto di Paradisi minori di Megan Mayhew Bergman affascina per la dolcezza stilistica che li contraddistingue e l’equità con cui l’autrice affronta temi umanistici sostituendo l’idea di realtà con una visione in armonia con il mondo naturale.

Ho scelto Le arti della casalinga, Uccelli di un paradiso minore e Salvare la faccia in modo completamente arbitrario e soggettivo perché, oggettivamente, tutta la raccolta esplora in che modo ambiente, animali e personaggi si relazionano fra loro. Da ognuno si può estrarre un frammento i cui bordi frastagliati e irregolari invitano ad un approccio di lettura che sia vicino e distaccato insieme, se vi vuole vederli bene senza provare troppo male e per ottenere il permesso di spostarsi liberamente in una letteratura naturalistica senza sentirsi un elemento estraneo o, peggio, di troppo.

Autore: Megan Mayhew Bergman
Titolo: Paradisi minori
Titolo originale: Birds of a Lesser Paradise
Traduzione: Gioia Guerzoni
Casa editrice: NN Editore
Pubblicazione: luglio 2017
Pagine: 235
In copertina: Anita Inverarity, Jewel
Prezzo di copertina: € 18

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