Il pendolo di Foucault di Umberto Eco è una delle possibilità di lettura per approfondire, in trasparenza, le tesi presentate in Apocalittici e integrati senza dover per forza passare per Il nome della rosa.
Leggere questo libro è stata una sfida con varie difficoltà. Difficoltà che vanno dal rischio di perdere il filo del discorso, intrecciato a personaggi, vicende e associazioni che regolano e mettono in moto il romanzo, al mantenere le distanze e a non confondere gli stati d’animo con gli ingranaggi che definiscono il complesso macchinario narrativo costruito e perfezionato dall’autore, per il lettore.
Il pendolo di Foucault di Umberto Eco: trama e ingranaggi di un piano ben congegnato
A scomporlo Il pendolo di Foucault di Umberto Eco è compreso di 10 sezioni numerate e indicate con un termine cabalistico (sefirot).
Ogni sezione racchiude e introduce i temi e le strutture portanti scelti per il romanzo costituito da 120 capitoli brevi a loro volta collegati e introdotti dalla nota bibliografia che emerge attraverso le citazioni tratte dai libri letti e studiati da Casaubon, alter ego dell’autore.
Sefirot e citazioni svolgono un po’ la funzione del libretto delle istruzioni da consultare per capire come sono stati disposti gli ingranaggi del romanzo e per monitorare l’andamento e gli esiti di un Piano congegnato dai protagonisti principali, Belbo e Diotallevi, collaboratori della casa editrice Garamond. Personaggi che, ispirati da un misterioso messaggio lasciato dallo scomparso colonnello Ardenti, reinventano la storia mescolando e ricombinando quelle riguardanti il processo ai templari, le rivolte studentesche degli anni ‘60, gli anni di piombo, il nazismo, la scienza e la letteratura e tanto altro ancora.
Con l’entrata in scena di Garamond, l’editore – imprenditore intraprendente e di Aglié, l’onnisciente e prezioso consulente, il Piano ideato per gioco e passatempo dal primo gruppo di personaggi, viene revisionato e confezionato per tutelarlo dalle interferenze dell’investigatore De Angelis e dalle inquietanti insinuazioni del taxidermista Solon.
L’editore e il consulente sono il braccio che si accompagna alla mente dei redattori che, nel libro, romanzano sé stessi e il contesto in cui vivono un po’ per deformazione professionale un po’ per divertimento. Mente e braccio, zelanti, attingono ampiamente dal materiale offerto dai diabolici e APS (autori a proprie spese) così etichettati per classificare gli pseudo intellettuali, i poeti in erba e i sedicenti esperti in materie occulte ed esoteriche che, sempre più numerosi, bussano alla porta della casa editrice desiderosi di pubblicare le loro opere.
Le figure femminili realizzate per dare verosimiglianza a Il pendolo di Foucault, come Gudrun o Grazia, sono le monosillabiche e discrete aiutanti dei personaggi scelti per riscrivere la Storia. A emergere come se fossero provviste di vita propria sono Amparo, Lorenza e Lia. Personagge incasellate nella narrazione perché particolarmente interessanti, indiscutibilmente desiderabili o misteriosamente sagge. Anche quando escono di scena si percepisce la loro presenza e compaiono ricorrenti, come per dare colore o malizia, nelle più di 700 pagine impiegate per trascrivere e appuntare chiacchiere da bar, dotte elucubrazioni e fantasiose connessioni più o meno utili per trovare i depositari di un grande segreto, il solo in grado di svelare il mistero della vita e la verità sulla condizione umana.
Appurato che i depositari di tale sapere sono i veri templari, confusisi nel tempo e con la nascita di una moltitudine di società segrete e logge massoniche, Belbo, Diotallevi e Casaubon lavorano alla costruzione del Piano, convinti di aver cambiato le regole del gioco e illudendosi di essere immuni dalle trappole della stupidità e dalle insidie della follia.
Sono bravi, sono colti, hanno inventiva e lo sanno ma poi realizzano che qualcosa è andato storto, che c’è stato uno sbaglio in corso di rielaborazione e decidono di correggerlo cercando il punto di origine e di movimento de Il pendolo di Foucault.
Un segreto che corre il rischio di perdersi nel lucido assemblaggio e riassemblaggio di concetti, fatti, giochi di ruolo e di strategia orchestrati da Casaubon che, suo malgrado, si trova a diventare passivo testimone di come il Piano, così ben congegnato, prenderà vita in un romanzo che descrive in che modo ogni personaggio arriverà alla sua personalissima perdizione. Solo uno potrà dissociarsi da quanto narrato ne Il pendolo di Foucault e tornare in sé al punto da ammettere che:
“Si capisce tutto quando non c’è più nulla da capire”.
Alla fine, quale sia il vero motore narrativo di questo elefantiaco e ingegnoso libro fatto di risposte e spiegazioni plausibili rimane parzialmente sommerso. Narratore e alter ego, di comune accordo, lasciano che rimanga un mistero al quale solo il lettore può prenderne parte, se serve o se desidera. 🙂
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