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Il bene e gli altri, Dante e un’etica per il nuovo millennio di Filippo La Porta

20 Settembre 2019
Il bene e gli altri di Filippo La Porta: un saggio dialogo sull’etica

Cos’è il bene? Cosa significa fare il bene? E come si determina e manifesta in rapporto al mondo e agli altri?

Queste sono alcune delle domande che trovano risposta ne Il bene e gli altri di Filippo La Porta rileggendo Commedia di Dante esplorandone l’etica che, per quanto indissolubilmente legata al Medioevo, preserva una visione del mondo capace di abbracciare anche il nuovo millennio.

In che modo?

Il bene e gli altri di Filippo La Porta: un saggio dialogo sull’etica

Il bene e gli altri di Filippo La Porta approfondisce la letteratura dantesca, per fornire al lettore e agli scrittori un’immagine diversa della Divina Commedia e che si discosta da quella politica o religiosa e moralista fissata nei libri di studio.

Per definire il Dante etico, si cita Simone Weil e le sue riflessioni inerenti i concetti di bene e male, reale e non reale e, ripetendo più volte che fare il bene è dare realtà agli altri, Filippo La Porta chiarisce che:

“Simone Weil […] si limitava a chiederci di non essere idolatri, di non amare cioè le false divinità, di accettare quindi il vuoto – l’insensatezza dell’esistenza – senza affrettarsi a riempirlo, a inzepparlo di idoli. –

Seguendo la logica del discorso, Il bene e gli altri mostrare come, in realtà, il diavolo è sia stupido sia ricco di immaginazione e in che modo compie il male colmando i vuoti dell’essere negando, di fatto, attenzione a quello che c’è, è vero, è reale. Rimanendo aderenti ai pensieri comuni sia in Dante sia in Simone Weil e aggiungendo altre opere critico-letterarie a sostegno e rinforzo della tesi di questo libro, la realtà è:

“relazione, la nostra relazione con gli altri e, dunque, è consapevolezza della varietà del mondo creato e poi cognizione del proprio limite, del fatto cioè che ogni cosa, ogni persona ha un proprio ritmo che non possiamo violare… il bene è essenzialmente discrezione, sapersi fermare, non invadere, attenzione all’altro”.

Relazione, consapevolezza, attenzione diventano le chiavi di lettura de Il bene e gli altri e gli strumenti adottati per ricostruire il Dante etico comunicato, narrato, illustrato nella Divina Commedia.

L’opera dantesca e la ricchezza delle immagini che la compongono e la ispirano diventano vere e reali. La varietà linguistica e il passaggio di stili che si riscontra nelle cantiche immergono il lettore nella consapevolezza dell’autore il quale, varcate le porte infernali, si esprime nei suoi comportamenti, nel come reagisce a ciò che vede e apprende. I peccati assumono un altro tipo di gravità e fanno emergere lo schema etico dantesco che, sovrapposto al modello delle riflessioni weilliane, permette a Il bene e gli altri di:

  • spiegare in che modo una mente sana è in grado vedere bene e di distinguere tra valori (precondizioni di un’esistenza reale) e etica (che non ha a che fare con precetti da seguire ma con la dimensione della verità o senso delle cose) e sulla base di tale distinzione scegliere quando, come e se agire;
  • specificare che per imparare a vedere bene e con chiarezza è necessario esercitare prima l’intelletto (volto a comprendere) e poi il cuore (sede delle emozioni);
  • porsi il dubbio, fermarsi e prendersi il tempo necessario per aver il quadro complessivo della situazione e scegliere come agire bene mantenendosi sul piano della mediazione volta a promuovere la nascita di nuovi equilibri o andamenti.

Dato che:

“oggi l’intera cultura di massa ci spinge quotidianamente a non trattenerci mai, ad appagare tutti i desideri, a riconoscere qualsiasi limite come intollerabile censura”

l’esempio di Dante diventa il più adatto da seguire per applicare quelli che appaiono dei precetti etici in grado di invitare al confronto con l’altro. Esempio seguito da intellettuali come Auerbach e Pasolini in cerca di una nuova vita, che avesse una morale universale, non esclusiva e in grado di alleggerire un Io sovrappeso:

“La morale coincide con l’amore il quale è fondamentalmente attenuazione dell’Io e dunque affermazione dell’altro, della realtà – sempre imprevista – dell’essere”.

Questa rilettura del messaggio etico insito nella Divina Commedia rende più chiaro quando è buona cosa parlare di sé (Autofiction) e secondo quali modalità utilizzare la retorica:

“Dante parla impudicamente di sé e contro le prescrizioni della retorica”

al fine di aiutare gli altri a comprendere, a vedere bene. In tal senso, Il Bene e gli altri persuade il lettore a notare come un’opera medievale riesca ancora a ispirare e a suggerire un diverso modello di conoscenza tratteggiata come:

“[…] attesa paziente, passività ricettiva, capacità di attenzione prolungata, perfino rinuncia ad utilizzare tutta l’intelligenza calcolante poiché questa deve riconoscere il proprio limite e abbandonarsi ad altro.”

La Commedia si mantiene un punto di riferimento valido, dal quale è ancora possibile trarre un’etica privata che può sfumare nell’etica civile e che ricorda che l’artificio letterario è un mezzo per esprimere delle verità.

Filippo La Porta, inoltre, indica che gli interpreti più vicini allo spirito dantesco sono coloro che hanno compreso che la varietà linguistica è un valore necessario per conoscere e operare una conversione umanistica poiché il Dante etico:

“sapeva bene che la realtà umana è quanto mai mutevole, precaria, instabile, transitoria e proprio per questo viva e degna di amore”.

Il bene e gli altri è un libro bellissimo per come si parla di Dante, del suo modo di intendere e fare letteratura e per come definisce un’etica per il nuovo millennio.

Un’etica che vuole essere una proposta alternativa (e più aderente alla realtà umana) a quella proposta e formulata dal La metamorfosi di Kafka. Un libro bellissimo e, consolatorio perché concede la possibilità di “credere alle lacrimette” e a dare realtà a ciò che amiamo per quello che è e non per quello che immaginiamo o vogliamo che sia.

Il bene e gli altri e il Dante etico secondo Filippo La Porta

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