libri Recensioni

Università futura tra democrazia e bit: l’idea di Juan Carlos De Martin

16 Settembre 2019
Università futura di Juan Carlos De Martin: democrazia e bit, tradizione e innovazione

Università futura di Juan Carlos De Martin è il libro affiancato a L’impronta digitale di Lorenzo Tomasin in uno degli incontri ascoltati a Pordenone Legge 2018.

Una conversazione tra docenti universitari che poteva rivelarsi uno scontro tra cultura umanistica e cultura tecnologica e che, in realtà:

  1. ha confermato la necessità di mantenere aperto il dialogo sul futuro dell’umanità in rapporto alle moderne tecnologie e
  2. ha avuto il merito di dimostrare che è nell’interesse di tutti trovare una linea comune per mantenersi in equilibrio tra democrazia e bit.

Università futura è lo strumento ideale per capire il presente e preservare la tradizione al confronto senza identificare vincitori o vinti e impegnandosi a lasciare in luce i soggetti interessati a collaborare fra loro, nel rispetto delle reciproche diversità.

Università futura di Juan Carlos De Martin: democrazia e bit, tradizione e innovazione

Università futura di Juan Carlos de Martin è strutturato in cinque capitoli e si apre dichiarando che:

“L’università italiana è nata quasi mille anni fa, finalizzata all’acquisizione di capacità professionali”.

Segue una panoramica che illustra come l’avvento dell’università di massa abbia fatto dimenticare il senso di un sistema educativo di stampo medievale riducendolo a modello didattico adatto solo a formare lavoratori specializzati.

Introdotto quello che appare come un malinteso culturale, Università futura:

Indica

Le sei sfide del ventunesimo secolo:

  • democratica,
  • ambientale,
  • tecnologica,
  • economica e
  • geopolitica

Capitolo in cui si comincia a definire il tipo di università e l’approccio educativo che essa deve garantire per fornire alla società gli strumenti per individuare, analizzare e risolvere i problemi che emergono nel momento stesso in cui i laureati decideranno come affrontare e superare le sfide future.

Riporta

La situazione de L’università oggi in Italia facendo emergere come,negli ultimi quarant’anni, si sia trovata nella situazione di aver perso un senso e un’identità di essere che ha resistito ai cambiamenti e alle rivoluzioni di secoli non meno complessi e rivoluzionari di quelli odierni.

Pur possedendo una tradizione storica di tutto rispetto, l’università italiana descritta da Juan Carlos de Martin sembra, in realtà, aver snaturato sé stessa cadendo nell’illusione che, per recuperare la sua arretratezza e il suo ruolo di coscienza critica del contesto sociale in cui è immersa, fosse sufficiente imitare abbracciare in toto i modelli educativi tipici delle facoltà americane e adottare sistemi organizzativi e logiche aziendali. Per questo L’università oggi si trova ridotta da luogo dove coltivare la conoscenza a semplice ente predisposto a erogare servizi formativi e professionalizzanti.

In questo capitolo, inoltre, l’autore spiega come l’università sia stata limitata e abbia limitato il suo margine d’azione passando dal ruolo di istituzione culturale ad azienda che si rivolge ai suoi studenti come se fossero clienti da attirare a sé nella corsa al prestigio e all’eccellenza. In tal senso sembra quindi:

  1. aver dimenticato la sua caratteristica associativa, dedita allo studio e alla condivisione della conoscenza,
  2. rinunciato al potere di scegliere autonomamente le modalità più adatte per educare la sua comunità di riferimento alla consapevolezza di sé in relazione al mondo circostante,
  3. perso di vista lo scopo di formare cittadini liberi e provvisti di un’etica volta a far evolvere e innovare la società di appartenenza.

Manifesta

Un’idea di università che, se fosse rimasta coerente con quanto promulgato nel 1988 a Bologna con la Magna Carta delle Università Europee, sarebbe stata presente invece che futura:

“L’università è un’istituzione autonoma che produce e trasmette criticamente la cultura mediante la ricerca e l’insegnamento. Per essere aperta alle necessità del mondo contemporaneo deve avere, nel suo sforzo di ricerca e d’insegnamento, indipendenza morale e scientifica nei confronti di ogni potere politico ed economico”.

Un’idea di università che è molto semplice e, allo stesso tempo, complessa da mettere in pratica perché ancora sommersa dalle finte innovazioni e dai radicati pregiudizi e che portano in superficie un’immagine distorta e non aderente all’università stessa.

Il terzo capitolo di Università futura è il più corposo perché riprende una conversazione interrotta (i motivi vengono spiegati nel secondo capitolo) e, tenendo in considerazione le sfide da affrontare, propone tre obiettivi da recuperare per far sì che l’università torni ad essere un luogo e un’associazione dedita alla cura della persona, alla coltivazione del sapere e alla costituzione di una società democratica rispettando i doveri che le sono propri.

Doveri che si assumono la responsabilità di:

  • preservare,
  • tramandare,
  • comunicare,
  • commentare,
  • estendere ed
  • educare

al sapere, alla conoscenza condivisa, all’apprendimento.

Chiarisce

La citazione di Elias Canetti, da sola, è sufficiente per avere un’idea chiara degli argomenti trattati nel quarto capitolo di Università futura.

“L’imparare deve rimanere un’avventura, altrimenti è nato morto. Ciò che impari di momento in momento deve dipendere da incontri casuali e bisogna che continui così, da incontro a incontro, un imparare nelle metamorfosi, un imparare nel piacere”.

Le persone dell’università è uno scorcio panoramico sulla natura composita di un’istituzione nata da individui accomunati dall’intenzione di dedicarsi alla conoscenza per amor di conoscenza e distingue, senza fare preferenze, alcuni dei ruoli e delle mansioni la rendono una comunità estesa smantellando, di fatto, le convinzioni e le opinioni che vedono l’università come un luogo chiuso, antico, obsoleto e quasi superfluo per contribuire ancora allo sviluppo di una società sana, solida ed equilibrata.

Ribadisce

Nel quinto e ultimo capitolo, si riuniscono le fila del discorso per:

  1. consigliare alcune possibili direzioni che l’università può e deve seguire per riappropriarsi della sua identità e autorevolezza e per affrontare al meglio le sei sfide indicate nel primo capitolo e
  2. specificare che il digitale può essere un servizio aggiuntivo per dare fiducia e libertà al ruolo svolto dall’università oltre che convalidarsi come strumento utile per migliorare e lasciar trasparire, consapevolmente e con criterio, le relazioni e le innovazioni che scaturiscono all’interno e al di fuori dell’ambito universitario.

Vista da questa lettura, l’idea di Università futura appare semplice nel potenziale e tecnicamente fattibile, se si pensa alle risorse e alle conoscenze che questa comunità dedita al sapere ha raccolto, conservato e tramandato dal Medioevo a oggi.

Riprendendo, con la memoria, il confronto tra Lorenzo Tomasin e Juan Carlos De Martin a Pordenone Legge 2018 tra le parole che mi sono rimaste impresse è quando, sul finale, l’autore de L’impronta digitale chiosa le argomentazioni del suo interlocutore con un:

“Se tutti ragionassero così il problema non sussisterebbe”

Una frase che, dopo aver letto entrambi i libri, assume maggior valore. perché aiuta a comprendere che l’idea di Università futura è sì semplice e fattibile ma è, allo stesso tempo complessa da applicare (e da difendere). Nonostante ciò, tentar di cambiare direzione, non è più rimandabile.

Università futura di Juan Carlos De Martin, retro libro

You Might Also Like

No Comments

Leave a Reply

error: Content is protected !!
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: