I leoni di Sicilia di Stefania Auci è un romanzo storico diverso dal solito perché non “gioca facile” attingendo dai grandi personaggi che all’isola sono collegati, per natali, storia, tradizione culturale.
I leoni di Sicilia è un romanzo storico diverso perché si concentra sulla storia, familiare e imprenditoriale, dei Florio dalla fine del 1700 al 1868 (primo libro) e dal 1868 al 1930 (secondo libro).
I leoni di Sicilia è un romanzo storico diverso perché…
Il leoni di Sicilia di Stefania Auci: trama e impressioni
I leoni di Sicilia di Stefania Auci inizia con un terremoto in Calabria, a Bagnara.
Ignazio e Paolo Florio, preoccupati per l’incolumità della loro famiglia e coscienti del fatto che la terra natale ha poco da offrire in termini economici e di riscatto sociale, decidono di trasferirsi a Palermo per rilevare l’aromaterapia con la quale il cognato, Paolo Barbaro, intrattiene una relazione commerciale. A Bagnara lasciano la sorella Mattia, amata ma sfortunata e un passato che sopravvive solo nei ricordi per le persone care e perdute.
Durante il viaggio portano la speranza di un futuro migliore dove far crescere il piccolo Vincenzo in sicurezza economica e sociale e la responsabilità di dover fare i conti con la condizione di esuli costretti, per necessità e disperazione, ad abbandonare la terra e le persone amate.
Arrivati a Palermo, i fratelli Florio cominciano a porre le basi del futuro da loro tanto sognato mentre Giuseppina, moglie di Paolo e cognata di Ignazio, si chiude in un rancore ostinato e combattivo appena mitigato dal figlio, dalla nipote Vittoria, presenza quieta e docile e dal carteggio letterario segreto con Mattia Florio.
Gli anni passano e le pagine de I leoni di Sicilia scorrono con curiosa sincronia.
Si legge e si cresce insieme ai personaggi realmente esistiti e che riprendono vita con la scrittura di Stefania Auci. Una scrittura che riporta una storia che non si studia sui libri e si impara a conoscere attraverso una narrazione strutturata con cura, per la ricerca e la precisione con cui sono riportati dati e fatti storici, e che si sente per come l’autrice rende tutta la gamma di emozioni e stati d’animo che caratterizzano i personaggi descritti in uno stile, fermo e passionale che, percepito in Florence ne I Leoni di Sicilia emerge rabbioso, come un ruggito.
È un ruggito, quello dei Florio. Intenso, comprensibile e ricco di variazioni.
Negli uomini la rabbia che li alimenta è usata, in una sorta di risposta emotiva al trauma del terremoto a Bagnara, per difendere ciò che spetta loro di diritto, per costruire la sicurezza di un futuro solido sia sul piano economico sia su quello immobiliare da tramandare ai figli e per ricominciare da capo, in cerca di un riscatto sociale che gli restituisca la dignità di esseri umani.
Una rabbia che si mescola a quella, antica e mai spenta, di una Palermo magnifica ma ostile, sospettosa, nei riguardi di chi viene da fuori e sempre più insofferente alle oppressioni dei dominatori stranieri. Una Palermo vivace che tutto osserva, annota, giudica e che, per non sentirsi sminuita, non dimentica. Con aristocratica ferocia, la Palermo scelta e amata dai Florio, coglie ogni occasione per ricordare loro che non sono altro che “facchini arricchiti”, ospiti in una terra che mai gli apparterrà del tutto.
Una rabbia che, nelle donne dei Florio, è molto più forte e violenta perché, privata della possibilità di esprimersi, si chiude nel silenzio dovuto e preteso da Giuseppina o nella pazienza e nell’ascolto attento di Giulia.
Una rabbia tutta femminile, accumulata e gestita con una forza e una caparbietà non meno inferiore a quella che anima i loro mariti, che esplode giustamente quando questi dimenticano che le loro compagne di vita non sono proprietà di cui disporre a proprio piacimento, né sono così docili e accondiscendenti da tollerare anche la minima mancanza di rispetto.
Giuseppina e Giulia, per amore, mantengono il silenzio e sopportano con pazienza ciò che provano agli occhi del mondo esterno ma è nel privato e con il lettore o la lettrice che si possono osservare perché queste donne sono straordinarie. Sono tali perché Stefania Auci fa una cosa molto semplice e complessa, restituisce loro una voce che contiene tutte le sfumature dei sentimenti umani e che, preservati e coltivati nei proverbi siciliani, rimangono tra le righe dei paragrafi che sintetizzano il contesto storico in cui I leoni di Sicilia si muovono.
Forse è per questa rabbia, questa intensità nel raccontare non solo i fatti ma anche le persone, quello che sono o possono essere stati, che rende il lavoro di Stefania Auci un’opera letteraria che tutto contiene e nulla lascia incompreso e che, con generosità, lascia il lettore libero di leggere qualcosa che, nell’immaginazione, può sentire diverso e così vero che si fa fatica a lasciar andare i suoi protagonisti. Per sapere come continuerà la saga dei Florio dopo il 1868 si deve, a malincuore e con pazienza, aspettare. 🙂
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