Ti ricordi tutti i libri che leggi? Un’altra delle domande ricorrenti di chi nota doppie file di testi parcheggiati sugli scaffali della mia libreria personale, fa slalom tra colonne di storie dislocate tra cucina e salotto e si accorge del lettore che, seduto in disparte, legge mentre il resto del mondo socializza.
Sono domande che non mi sono mai posta ma che, a volte, ho la sensazione che rilevino una strana anomalia.
Per correggere l’anomalia, sono necessarie delle risposte altrettanto anomale o, semplicemente, banali.
Quindi, parliamone 🙂
Ricordi e dimenticanze: anomalie da lettore
- Come fai a leggere tanto?
Questa è una domanda strana. Da una parte il quesito appare lusinghiero. Il lettore forte si sente preso in considerazione, ammirato e riconosciuto per l’impegno che dedica a questa attività ma, allo stesso tempo, insinua il dubbio che la quantità dei libri non equivalga alla qualità delle letture.
Al lettore che rileva questa strana incongruenza non resta altro che rispondere con un anomalo non so e appuntarsi di leggere libri specialistici, per fornire una risposta più esaustiva e argomentata sul tema del leggere per capire da cosa derivi il piacere di sentirsi al proprio posto, tra le pagine.
- Quanti libri leggi?
Rispetto al come fai a leggere tanto, la domanda sulla quantità dei libri letti è più precisa, pratica e concreta. È che anche questa nasconde qualche piccola insidia perché dipende sempre da chi la pone e, di solito, più che un quesito, è una questione tra lettori.
È un po’ come se dei campioni di lettura si misurassero fra loro per ottenere la palma della vittoria da lettore modello. In modo da scalare il livello da lettore così così a lettore medio fino a raggiungere, via via, il compiacente titolo di lettore esperto o il blasonato lettore intellettuale.
In generale, rispondo che leggo una media di 3 libri al mese e mi tengo per me (fino ad ora) il fatto che leggo quanti libri ho piacere di leggere e che mi fanno sentire viva.
Il sentirmi dire che sono brava a leggere tanto rimanendo sulla media dei libri letti e dichiarati non mi fornisce chissà quale piacere ed è un sollievo quando il discorso si chiude sul brava. Così si evitano sterili discussioni e malizie da lettori snob mentre il lettore anomalo può continuare a concentrarsi sulla scoperta e il piacere del non sapere quali sorprese si celano nei prossimi libri.
- Davvero hai letto tutti questi libri?
Una variante che anticipa la verifica se il lettore si ricorda dei libri letti è: – davvero hai letto tutti questi libri? –
Succede quando il questuante prende coscienza visiva del patrimonio di testi raccolti in una vita di letture e inserisce, spesso in buona fede, una nota di stupore e meraviglia nella domanda.
In pratica, un lettore o non lettore guarda e stupisce di fronte alle prove esposte sugli scaffali e con meraviglia chiede come un unico individuo sia riuscito a raccogliere un simile tesoretto di letture e, indirettamente, tasta il terreno per capire se è un patrimonio realmente costruito e acquisito nel tempo (lettore snob) o se è messo lì solo per bellezza (non lettore tollerante) o per accumulare polvere e intasare spazi potenzialmente utili ad altro (non lettore pratico) o…
Al felice titolare anomalo di tale libreria non resta altro che modulare la risposta che l’interlocutore vuol sentire cercando di dissimulare lo sconcerto che, mentalmente, scorre assieme alla voce domande fatte tanto per dire qualcosa, al fastidio di dover far rapporto e motivare l’esistenza e veridicità del proprio patrimonio culturale simbolicamente rappresentato dai libri e fingere di non sentirsi a disagio davanti a cotanta incredulità.
- Te li ricordi tutti i libri che leggi?
La lettura spiegata da Maryanne Wolf è innaturale, questo è ciò che mi ha convinto a leggerlo tempo fa. È una lettura recente eppure, se dovessi prendere un foglio bianco e scrivere per punti ricordi e dimenticanze, mi rendo conto che la prima risposta è anomala.
No, non mi ricordo tutti i libri che ho letto e sì, mi ricordo dei libri che ho letto mentre sto leggendo e, per quanto questa affermazione possa apparire contraddittoria, è la risposta più naturale di cui dispongo. Rispondere con un’affermazione e una negazione pare il sotterfugio più sincero per giustificare l’impulso a leggere e a sentirsi meno in colpa quando non lettori invitano i lettori a smettere di leggere preoccupandosi per il loro bene.
Il bene di chi poi, non sono mai riuscita a capirlo, né mi è chiara questa strana preoccupazione che aleggia intorno all’aura di isolamento che si sviluppa quando una persona legge troppo o troppo poco o nella giusta misura. Ci sono poi varie teorie, pregiudizi e luoghi comuni legati a chi legge e la maggioranza, di solito, concorda sul fatto che la lettura è determinata dal bisogno di colmare una qualche carenza, più o meno grave, di quell’essere anomalo che è il lettore.
Riprendendo il collegamento a Maryanne Wolf, il suo libro dice che leggere è un atto d’amore. L’azione faticosa e innaturale diventa un esercizio di comprensione dei sentimenti che nascono, vivono e muoiono quando si fa esperienza della lettura.
Il ricordo scatta nel momento in cui un libro richiama alcuni dettagli di quelli letti durante un periodo di vita vissuto al di fuori delle pagine e che, incomprensibile sul momento, istruisce sul come rispondere, senza anomalie, a una delle poche domande belle che si possa fare a un lettore ovvero, cosa stai leggendo? E, parlarne un po’.
Avviso: questo, assieme ai temi riguardanti l’approccio di lettura, il piacere di leggere e la nota bibliografica è l’ultimo post riflessione pubblico e condiviso sul blog. I prossimi contenuti li troverai, se desideri approfondire, su LiberSe. 🙂
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