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Le assaggiatrici di Rosella Postorino: il lato insignificante della Storia

18 Gennaio 2019
Le assaggiatrici di Rosella Postorino: trama e impressioni di lettura

Intravisto in libreria e spesso presente nelle liste lettura come uno dei migliori libri del 2018, Le assaggiatrici di Rosella Postorino rimane, per me, uno di quei libri da leggere con cautela e sensibilità.

È probabile che ci voglia anche una certa dose di coraggio nel decidersi a scrivere un romanzo che tiene in maggior considerazione ciò che tende a essere lasciato sullo sfondo delle pagine di storia.

Perché?

Le assaggiatrici di Rosella Postorino: trama e impressioni di lettura

Le assaggiatrici di Rosella Postorino è una testimonianza romanzata di come Margot Wölk sopravvisse al nazismo assicurandosi che le pietanze destinate a Hitler non fossero avvelenate.

Nel romanzo Margot viene descritta attraverso due personaggi femminili, Rose e Leni.

Siedono a tavola una di fronte all’altra assieme alle altre assaggiatrici, non possono rifiutarsi di mangiare ciò che potrebbe ucciderle. Hanno paura e hanno fame. La prima si interroga su quello che sta subendo, l’altra cerca di comprendere e di adeguarsi al compito impostole.

“Mia madre diceva che quando si mangia si combatte con la morte”.

Assieme a Rose e Leni siedono altre donne più o meno consapevoli di sé. Ognuna impegnata a sostenere il peso di colpe che non si sono scelte e a nascondere in segreto ciò che vogliono veramente. Si studiano a vicenda, nel disperato tentativo, in assenza di uomini, di trovare una persona di cui fidarsi, che le difenda.

È da questa riunione forzata di donne tedesche – spaventate, sole e affamate – alle prese con ciò che Rosella Postorino chiama la lista delle colpe e dei segreti che la storia prende vita.

Le assaggiatrici è un romanzo che mostra come l’umanità è stata condotta al macello da un unico individuo che ha saputo far leva sulle sue debolezze e accentrare su di sé forza e potere. Un potere in cui non sono ammesse debolezze o cedimenti tali da indurre i suoi fedeli al tradimento.

La possibilità di essere tradito è come il veleno nelle pietanze delle assaggiatrici.

L’antidoto è usare le Invasate, la fragile Leni, la sarcastica Augustine, la frivola Ulla, la materna Heike, l’innocente Beate e, infine, la bella ed ermetica Elfriede perché:

“Più grande è un uomo, più insignificante è la donna”.

Le assaggiatrici non sono state scelte per tutelare la vita di Hitler ma per assicurarsi che rimangano deboli, che si convincano di essere stupide poiché la loro vita non ha alcun valore se non di sottostare alla volontà degli uomini.

Le assaggiatrici è un romanzo sulle relazioni che si instaurano tra elementi deboli dell’ordine costituito e di come quelle che sembrano debolezze diventano i reali punti di forza sui quali fare affidamento.

Leni si fida di Rose ma Rose non sa da chi trarre la forza di lottare per la vita e non per la morte.

All’inizio si aggrappa all’idea del ritorno del marito Gregor, partito in guerra convinto di fare il bene della Germania e, allo stesso tempo, si giustifica con la memoria del padre tedesco ma non nazista.

“Guarda quest’offerta, allora, guardala: offro la mia paura di morire, il mio appuntamento con la morte rimandato per mesi e che non posso annullare, li offro in cambio della sua venuta, papà, della venuta di Gregor. La paura entra tre volte al giorno, sempre senza bussare, si siede accanto a me, e se mi alzo mi segue, ormai mi fa quasi compagnia”.

Cerca di adeguarsi alla situazione e, allo stesso tempo, di integrarsi con le altre e, in mancanza di uomini, si chiede:

“Come si diventa amiche?”

Le assaggiatrici prova a rispondere e mostra le varie sfaccettature delle donne sedute a tavola tre volte al giorno, di come affrontano la paura e la vergogna e del loro bisogno di starsi accanto, cercare un modo di volersi bene scegliendo con attenzione con chi condividere i loro segreti.

Provano a sopportare riunendosi al di fuori della mensa per preparare Rose al ballo organizzato dalla baronessa Maria, giocando con carte divinatorie fingendo di essere streghe o redarguendo i propri figli che, nei loro giochi infantili, interpretano i paesi d’Europa dichiarando di voler diventare forti come il padre.

“Tu non sai niente della forza. Tuo padre era forte e guarda com’è andata a finire”.

Sentenzia Augustine al figlio il quale, ferito, si rinchiude nella sua stanzetta. Rose lo segue e cerca di consolarlo cantandogli una delle canzoni insegnatele a casa dal padre e, a scuola, da un maestro ebreo arrestato davanti ai suoi occhi.

Le assaggiatrici non ne parla eppure è da questi dettagli che scorrono altre storie provenienti da periodi diversi e che percorrono le strade della tortura fisica e psicologica, dei roghi, dei conventi, del matrimonio, della schiavitù, delle camere a gas e in sentieri sui quali sono disposti ai lati volti e voci ostili.

Ripensando a Il sogno del drago di Enrico Brizzi è emerso un collegamento di lettura. Un pellegrino sta cenando e conversando con due donne, e ad un certo punto, vengono interrotti dalla risata di un compagno di viaggio che si rivela, con orgoglio e senza vergogna, un nazista. La conversazione si fa sgradevole, donne e pellegrino non hanno più fame e il clima di comunione che si sentiva nell’aria corrompe il riposo del giusto. La mattina dopo gli avventori si rendono conto che sono chiusi dentro, i gestori si sono dimenticati di aprire le porte. Il nazista ride, apre una finestra e salta fuori. Il pellegrino e voce narrante non vuole uscire dalla finestra aperta dal nazista e così, ne apre un’altra.

Allo stesso modo, leggere Le assaggiatrici di Rosella Postorino è come varcare la finestra aperta da Enrico Brizzi.

Fa un po’ paura perché, a differenza di quanto si sa della storia dell’umanità, Le assaggiatrici stacca le donne dallo sfondo dell’insignificanza, supera la legge del più forte che vince sul più debole e, allo stesso tempo, le invita a riappropriarsi del diritto di essere considerate come esseri umani. Aspetto che tende ad essere dimenticato. Per questo la mia impressione personale è che ci vuole coraggio a scriverne e, forse, anche una buona dose di fiducia nel leggerlo.

E tu, uman*, che ne pensi?

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