Seduta al tavolo del Caffè dei Libri di Udine, in ricordo di un momento di chiacchiere e convivialità, Il Signore della paura di Franco Cardini era tra i doni da scambiare al social aperitivo organizzato, l’inverno scorso, da Giulia Marchesan e Fabio Sonce e che mi ha portata ad acquistare anche un libro di Oliver Sacks.
Al di là della carta regalo, chiusa dagli adesivi con il logo Giunti, il titolo era ben celato ma l’inconfondibile forma, assieme ad altri piccoli indizi, non lasciava dubbi sul fatto che si trattasse di un libro. Un romanzo storico per l’esattezza e scelto da chi, durante le conversazioni a più voci, mi spiegò che i libri e la lettura erano un’altra sua grande passione, dopo il make up.
Passioni inconciliabili fra loro o, semplicemente, due modi diversi per coltivare il gusto per la bellezza? Chi lo sa, quel che è certo è che Il signore della paura di Franco Cardini è stata una piacevolissima scoperta oltre che un utilissimo ripasso di storia medievale prossima al periodo Rinascimentale. Ed è stato anche un viaggio, lungo e tortuoso, faticoso a volte, ma che valeva la pena di fare nella bella stagione.
Ti va di saperne di più?
Il Signore della paura di Franco Cardini: trama e impressioni di lettura
Il Signore della paura di Franco Cardini è ambientato in un periodo storico denso, complesso, articolato e affascinante racchiuso in una sottile linea temporale che anticipa il passaggio dal Medioevo al Rinascimento.
Siamo nel 1400 e il ricordo della Grande Peste del 1348 (anche se non viene subito menzionata) è ancora fresco nelle memorie dei personaggi che si mettono in viaggio alla ricerca di una figura che sta ribaltando le sorti del Medio Oriente e minacciando gli interessi d’Occidente. Timur Beg, Il signore della paura è il centro focale del romanzo che, come un buco nero, attira verso Samarcanda:
- il camarero del re di Spagna, Ruy. Un dotto signore castigliano che cattura subito le simpatie del lettore perché si presenta come un eccellente padrone di casa, amante del buon vino e della buona tavola, capace di sostenere ogni tipo di conversazione con gli interlocutori più disparati. In una scena, in particolare e poco prima di partire, la figura di Ruy può benissimo richiamare le pagine del Satyricon di Petronio.
- Il nobile Buondelmonti, Oliviero detto Vieri il quale, sconvolto dal ritrovamento della Venere Dimonia nelle sue terre, comprende che è giunto il momento di abbandonare Firenze per fuggire verso terre ignote e che, sotto le spoglie di ambasciatore, nasconde ben altri intenti e tormenti.
- Arrigo, un ex cavaliere di Firenze rinnegato dalla Signoria per l’aver prestato servizio a Giangaleazzo Visconti, duca di Milano, per aver amato ciò che non avrebbe dovuto amare e che cerca di espiare le sue colpe riparando in Terra Santa e indossando la veste del frate.
Troveranno quel che cercano? E cosa cercano queste figure così fragili e ricche di personalità presso Il signore della paura che più che un uomo pare un simbolo, un punto di riferimento, a cavallo tra storia passata e profezia futura? Conoscenza, valore, perdono?
Sono domande che non si può fare a meno di porsi mentre si intraprende un viaggio in questo bellissimo romanzo storico che giaceva incartato sul tavolo di un bar contemporaneo, circondato da persone reali che si muovono nel terreno intricato della realtà virtuale per comunicare, raccontare, far conoscere le proprie personali passioni e competenze. Sono domande che forse sanno di retorica ma che, volendo, si potrebbero voltare in espressione del bisogno esistenziale di dare un senso a quanto si sta vivendo nel momento attuale.
Al di là dei personaggi principali, delle descrizioni dettagliate di paesaggi e culture che si intuiscono come diverse ma che non sono poi così distanti fra loro, di credenze, ignoranze e pregiudizi, i punti più belli de Il signore della paura si muovono e alternano con grazia e coerenza pagina dopo pagina.
Lungo il cammino si incontrano e si impara a conoscere la dolce figura di Reparata, a guardare dietro la maschera di austera severità di Rinaldo Buondelmonti, a riascoltare la storia di Pigmalione e Galatea grazie a Isabella che tanto ama i colori, a trovare in un principe russo la raffigurazione di una manticora per poi rimanere affascinati dalla comparsa di una rara tigre bianca e di tutto quello che rappresenta.
Un po’ dispiace salutare troppo presto il veneziano Andrea Loredan che al, come diremmo oggi in inglese, budget a disposizione dichiarato da Arrigo risponde:
“Se dici di avere quaranta fiorini, vuol dire che ne hai almeno una settantina. Facciamo a metà: dammene trentacinque”.
Sarebbe stato bello soffermarsi un poco su questa arguta risposta definita dall’autore aristotelica per logica e pitagorica per esattezza. Così, giusto per approfondire un po’ le conoscenze e le abilità sommerse passate, come una fiammata, in appena tre righe.
Dispiace anche veder sfumare troppo presto il cammeo dato a Shlomo, il medico ebreo di Ruy, e le sue convinzioni:
“Il fatto è – spiegava il medico – che io sono un uomo piacevole e discorsivo: ma c’è gente alla quale non la perdono. Non sopporto gli imbecilli, i chiacchieroni che parlano senza cognizione di causa, i boriosi che si fanno forti dei saperi altrui senza averne compreso sul serio il senso, i vigliacchi che stanno sempre con il più forte e che fanno i forti con i deboli, quelli che attribuiscono le fortune che hanno avuto alla loro intelligenza e alla loro intraprendenza, gli ottusi che credono di avere la verità in tasca, i superbi ostinati che non si mettono mai in discussione e i pusillanimi che danno sempre ragione a chi vince, i delatori, gli infami…
Insomma – commentava Ruy – tu sei un odiatore del genere umano: o quasi”.
Dispiace perché volevo vedere come andava a finire l’elenco peraltro, ben chiosato dal paziente Ruy, ma il viaggio di lettura nei percorsi de Il signore della paura è ancora lungo e tutto da scoprire perché attraversa un mondo che crediamo di conoscere ma del quale, in realtà, conosciamo ben poco.
Il romanzo di Franco Cardini è una splendida occasione di ripasso di storia medievale prossima al periodo Rinascimentale ed anche uno stimolo ad andare oltre ai confini della cultura grazie allo strumento, antico e funzionale, globale e condiviso che è il libro. Solo così si può superare il sottile dispiacere che il lettore prova quando attraversa e abbandona alcuni personaggi o paesaggi durante la lettura e trovarne altri e prevenire, nel più breve tempo possibile, il trauma inevitabile che scatta sull’ultima parola dell’ultima pagina di un romanzo che è un prezioso biglietto d’andata, un salvacondotto tutto da esplorare, verso un romanzo storico. 😉
No Comments