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Collezione Peggy Guggenheim: una passeggiata d’arte a Venezia

16 Luglio 2018
Collezione Peggy Guggenheim: una passeggiata d'arte a Venezia

Ci sono periodi in cui torna in mente qualcosa che ci si era ripromessi di fare e che, come per capriccio, bussa alla porta della memoria per mettere fretta al tempo che passa. Questo capriccio da soddisfare era visitare la collezione Peggy Guggenheim.

Mi segui in questa improvvisata passeggiata d’arte a Venezia?

Collezione Peggy Guggenheim: dal libro alle tracce di una vita dedicata all’arte

Tra i primi libri recensiti su questo blog troverai la biografia di Véronique Chalmet su Peggy Guggenheim. Più che una recensione, è un elenco puntato delle emozioni provate in corso di lettura che si sono rimescolate prendendo forma nel capriccio di andare a Venezia.

Leggere è un po’ come cercare una guida interiore per trovare dei punti di riferimento nei luoghi che visitiamo concretamente o immaginiamo o, ancora, rielaboriamo per creare le nostre installazioni mentali. In quanto installazioni, sono mobili e possono essere ridefiniti in un qualsiasi momento. Questa considerazione è un po’ una metafora del cambiare idea senza però perderne in coerenza.

L’idea di visitare la collezione di Peggy Guggenheim nasce dalla curiosità di fare una passeggiata per verificare alcuni dei punti fissati in un vecchio post e dal bisogno di chiudere un percorso che dal libro si muove verso le tracce lasciate da una vita dedicata all’arte.

Botteguccie minuscole e cariche di souvenir, trasportatori che corrono da una calla all’altra al grido di un ocio, gondolieri in costume caratteristico in pausa telefono o che scaricano casse d’acqua lanciandole come se fossero più leggere di quanto sono in realtà, turisti in posa a ogni angolo e selfie allegato d’ordinanza, questa è la Venezia turistica di tutti i giorni.

La Venezia artistica inizia dal cancello d’ingresso che conduce alla collezione di Peggy Guggenheim a Dorsoduro 704 che occhieggia discreto su un canale, avvolto e seminascosto da piante rampicanti. Biglietti, mini catalogo della collezione e si entra in quella che pare una piccola oasi verde nella città lagunare.

collezione Peggy Guggenheim: ingresso alla casa museo a Venezia

In giardino si dispongono varie opere che per materiali, realizzazione e successione temporale dovrebbero cozzare fra loro e invece ispirano armonia.

Una panchina e la pietra d’Istria di Jenny Holzer sono tra le prime opere esterne fotografate, più per tornare a guardarle che per conoscenza dell’artista. Le frasi incise sulla prima e il riflesso distorto e naturale del contesto sulla seconda invitano sedersi, a soffermarsi un attimo per godersi l’atmosfera, prima di accedere all’area dedicata alla collezione Guggenheim allestita nel Padiglione Greco alla Biennale di Venezia del 1948.

“[…]Quel che mi piacque di più fu di veder comparire nei prati dei giardini pubblici il nome Guggenheim accanto a quelli della Gran Bretagna, della Francia, dell’Olanda, dell’Austria, della Svizzera e della Polonia. […] Mi sembrava di essere un nuovo Paese europeo.”

È ciò che dichiara Peggy Guggenheim nel vedere il suo nome a caratteri cubitali accostato a quello di altri luoghi. Richiama due sensazioni contrastanti che si possono racchiudere in due parole, egocentrismo e bisogno di essere amata o, forse, di dimostrare al mondo che è esistita.

La Guggenheim ha raccolto opere d’arte come a soddisfare la fame di un qualcosa che le è sempre mancato e, anche se il rapporto con gli artisti incontrati si corrodeva in contorti meccanismi di denaro e potere, il risultato finale racchiude:

  • quadri di Mirò, che dipingeva su ogni tipo di supporto, anche sui sassi,
  • opere di Picasso, che ci mise una vita a imparare a disegnare come un bambino,
  • le visioni astratte di Pollock,
  • i sogni surrealisti di De Chirico o Dalì,
  • il pensiero anticonvenzionale del dadaismo di Duchamp,
  • la musica dipinta da Kandinskij.

Dal libro emerge il ricordo di un approccio materno di Peggy Guggenheim alle opere d’avanguardia che si è impegnata a preservare e condividere in giro per il mondo quando era in vita e che ancora continua, a quasi 30 anni dalla sua morte a Venezia.

Evito di guardare le fotografie che ritraggono la mecenate in vecchiaia, nel pieno della sua decadenza fisica ma rimango a guardare il porticciolo sul quale si affaccia il per niente asessuato angelo della città di Marino Marini.

Provo a immaginarla mentre guarda ciò che ora è a libera visione di viaggiatori e turisti. Chissà a cosa pensava Peggy Guggenheim, quando sostava in quel punto della sua dimora, nei libri su di lei si possono trovare svariate e fantasiose ipotesi che però lasciano il tempo che trovano.

La passeggiata d’arte non si conclude uscendo da Palazzo Venier dei Leoni. Prosegue per altre strade di Venezia, meno trafficate. Quelle in cui l’elemento umano c’è ma non scatta foto o ostruisce il passaggio da una parte all’altra di un ponte, quelle dove ci sono panni stesi al sole e quelle cariche di piante verdi su muri scrostati e quelle che si aprono in piazzette dalle cui chiese fuoriescono le note di Vivaldi. Te ne lascio un poche da attraversare con me nella galleria che segue e mentre le scorro, la mia preferita torna costante al Bar Museo della collezione Guggenheim.

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La trovo bella perché Peggy sorride tenendo in braccio uno dei suoi cagnolini (simbolo di fedeltà). Sembra soddisfatta, come se avesse trovato ciò che cercava ponendosi i giusti perché quando decideva se un’opera aveva il valore sufficiente per essere aggiunto alla sua personale collezione d’arte. È il pezzo più bello di tutta la collezione, per me.

E per te?

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