1984 di George Orwell è un libro pericolosissimo perché può farti passare il bisogno di leggere se, per un qualche strano motivo, ne emergesse il desiderio.
1984 è il libro che ho spesso pensato di leggere ma dal quale ho cercato di tenermi alla larga. Dopo La fattoria degli animali, questo tipo di letteratura mi faceva paura.
Forse, parafrasando Orwell, capivo il come ma non capivo perché.
Perché (non) leggere 1984 di George Orwell: letture estreme e traumatiche
1984 di George Orwell compare nel 1949, poco dopo la Seconda Guerra Mondiale, ed è un romanzo distopico (così ho letto) perché prospetta:
“una società caratterizzata da aspetti negativi e indesiderabili, dovuti a fattori come lo sviluppo tecnocratico o l’eccesso del controllo statale”.
Come già riscontrato ne Il racconto dell’ancella o nella trilogia dell’Adamo Pazzo di Margaret Atwood, anche 1984 di George Orwell è una lettura estrema perché affrontarla equivale a distruggere le abilità di ricostruzione del lettore.
Per abilità di ricostruzione del lettore intendo quel processo in cui egli individua delle analogie con il mondo in cui vive che, collegate e ricostruite all’interno del percorso narrativo costruito dall’autore, lo aiutino a comprendere la natura umana e a dargli una direzione coerente od opposta a quella indicata dal libro scelto.
Le analogie fanno parte degli attrezzi della cassetta del lettore e sono molto personali, ognuna è unica a modo suo e sono preziosi strumenti per esercitare il libero pensiero.
1984 di George Orwell le fa saltare tutte ed è una lettura pericolosissima perché le manipola portando il lettore a perdere ogni speranza di resistere e/o di individuare un finale alternativo evitando così un trauma psicologico ed emotivo.
Perché, una volta concluso, ho desiderato non leggere 1984 di George Orwell? Perché è un romanzo strutturato seguendo un’immaginazione logica e non creativa e il suo risultato finale è verosimile e incontestabile.
In temi sviluppati nel romanzo non dicono al lettore cosa potrebbe succedere se (dandogli qualcosa su cui lavorare, per resistere) ma come le cose si sono messe in moto per arrivare alla distopia analizzata da Orwell e che è andata ben oltre il 1984.
Tra le argomentazioni sviluppate per ottenere questo effetto ci sono:
- la falsificazione della memoria,
- la neolingua,
- l’annullamento degli estremi e
- l’annientamento totale di ogni margine e possibilità di confronto.
Nel primo punto Winston si occupa di falsificare i dati riguardanti la produzione dei beni di prima necessità comunicati dal Partito, detto anche Grande Fratello. Basta cancellare e sostituire così che non rimanga traccia di un passato potenzialmente scomodo e che potrebbe far nascere un pensiero divergente scatenato dall’archivio della memoria individuale e personale.
Il protagonista di 1984 vive in un mondo in cui, in linea teorica, anche acquistare un quaderno su cui scrivere non è impedito, eppure è considerato psicoreato. Deve stare attento a non farsi scoprire dai teleschermi, se non vuole essere vaporizzato. In pratica, c’è libertà di azione ma non di pensiero.
Il secondo punto, la neolingua, riguarda lo strumento attraverso il quale si può alterare la memoria e cancellare tutto ciò che determina o induce allo psicoreato. Winston padroneggia bene, a suo dire, la neolingua ma, quando si trova a falsificare qualcosa di più di un semplice dato statistico e che ha a che fare con avvenimenti passati si attiva in lui il processo della memoria. Facendo leva sui suoi ricordi rileva delle incongruenze tra quello che deve falsificare e quello che è in realtà accaduto.
Subentra il dubbio e Winston cerca di spiegarlo attingendo all’archeolingua e a nascondere il germe dello psicoreato attraverso la neolingua.
“La neolingua non era concepita per ampliare le capacità speculative ma per ridurle e un simile scopo veniva indirettamente raggiunto riducendo al minimo le possibilità di scelta”.
Tuttavia sa che prima o poi verrà scoperto, è stato educato ad essere scoperto grazie a un metodico e sistematico annullamento e ribaltamento degli estremi. Il terzo punto è sintetizzato da 1984 in questi slogan:
La guerra è pace
La libertà è schiavitù
L’ignoranza è forza
Ripensando a certi detti popolari, queste tre frasi sono ciò che resta di quanto è stato falsificato, ridotto e manipolato per svuotarli del loro significato originario facendo sì che venisse perduto, dimenticato per sempre. Manca la narrazione originaria e completa, l’archetipo. Si salvano solo gli assunti finali che nascondono lo scopo ultimo del nucleo di 1984 e che Orwell spiega e ricostruisce inserendo un libro scritto dal fondatore di una confraternita nemica al Partito e alla quale, con Julia, Winston decide di farne parte.
Perché? Per essere felice o per essere libero?
“Winston smise per un attimo di leggere, soprattutto per assaporare il fatto che stava leggendo per davvero, comodamente e in piena sicurezza. […] Era la felicità, era l’eterno”.
Libro dal latino Liber viene tradotto con libero.
Libero era anche la condizione alla quale lo schiavo aspirava in tempi antichi. Una condizione in cui veniva legittimato a stare a condizione che il suo padrone e proprietario non lo reclamasse per un anno e un giorno, ovunque egli fosse. Una volta passato questo lasso di tempo, allo schiavo veniva affiancato il termine liberato e poteva decidere di muoversi e vivere tra i suoi simili, di sposarsi e avere figli, anche se rimaneva comunque privo dei diritti dei cittadini che componevano la società costituita.
Il mondo distopico di 1984 di George Orwell si sovrappone e si confonde con il mondo antico facendo di questo romanzo un trattato di storia al contrario, che si sposta su più piani temporali.
Il quadro complessivo che ne emerge non solo continua a mantenersi pressoché intatto ma viene abbracciato come qualcosa di innovativo e votato al cambiamento e al lettore non rimane alcuna speranza per il destino ultimo dell’essere umano.
Per concludere, 1984 di George Orwell è la stanza 101 della soppressione del bisogno e del desiderio di leggere. In coscienza e, per la prima volta, non ti invito ad entrare ma la porta è aperta. Ti auguro di riuscire, fin dove è possibile, a credere nell’utopico pensiero di Winston espresso nell’assunto:
“Se c’è speranza, essa risiede nei prolet”.
Autore: George Orwell
Titolo: 1984
Titolo originale: Nineteen Eighty-Four
Traduzione: Stefano Manferlotti
Collana: Oscar Moderni
Editore: Mondadori
Pubblicazione: ristampa 2018
Pagine: 323
Prezzo di copertina: € 14
2 Comments
Ho letto questo libro la prima volta a 18 anni equest’anno che ne ho 39. L’ho fatto leggere ai miei ragazzi di quinta. Non credo tolga la voglia di leggere. Il monito dell’avanzare della neolingua (oggi analfabetismo di ritorno dato da sms sincopati e messaggi vocali) porta a dare valore ed assaporare ogni sfumatura di significato, ogni sinonimo ogni declinazione verbale della lingua che parliamo; la presenza dei teleschermi che registrano e proiettano fa sorgere dubbi e riflettere su quali app scaricare o come e se usare lo smartphone; il fatto che esista un solo reato, il pensierocrimine, sottolinea l’importanza della libertà di pensiero e come sia questa la scintilla del cambiamento. Il finale, infine, non rappresenta la sconfitta di Smith, ma la sopravvivenza inestirpabile della verità. Ho sempre letto il finale in senso ironico, paradossale per alcuni dettagli: 1. O’ Brian dice “tutti prima o poi guariscono. Allora ti spareremo”, ma non gli sparano mai (allora non è “guarito”); 2. Winston dice: se vuoi custodire qualcusa devi nasconderlo a te stesso; 3. quando le folle esultano per la vittoria Winston resta seduto e ripensa al proiettile. Secondo me dice “amo il Grande Fratello” per nascondere a se stesso e quindi custodire la libertà ( W. dice anche “essere liberi è morire odiando il Partito”; O’ Brien “l’uomo solo e qujndi libero perde” e W. restavivo e solo, quindi libero).
Ciao, Silvia,
anche il mio post è ironico, a cominciare dalla negazione inserita tra parentesi nel titolo.
Detto questo, pubblico volentieri il tuo commento. Aggiunge un altro pensiero in merito al libro recensito.
Buon proseguimento di letture, 🙂