Elogio della letteratura di Zygmunt Bauman e Riccardo Mazzeo è una delle letture più complesse, articolate e affascinanti che abbia mai affrontato perché:
- affronta la relazione tra letteratura e sociologia,
- si interroga sulle modalità con le quali le due discipline dialogano fra loro,
- riflette sulla condizione umana e su come sta affrontando i cambiamenti contemporanei e
- cerca di definire i bisogni, il senso e il destino dell’umanità.
Elogio della letteratura è una sfida di lettura. Scriverne per comprendere se non tutti, almeno parte degli insegnamenti da cogliere, per esplorare il discorso sviluppato da Bauman e Mazzeo, è stata una prova faticosa ma decisamente stimolante.
Avrò inteso quanto basta per convincerti a leggere Elogio della letteratura?
Elogio della letteratura di Zygmunt Bauman e Riccardo Mazzeo: dialogo tra sorelle
Elogio della letteratura di Zygmunt Bauman e Riccardo Mazzeo è da leggere con attenzione e concentrazione fin dalla prefazione.
Introdotto il tema della conversazione, si chiarisce subito che letteratura e sociologia sono due materie intimamente connesse e complementari. Sottolineate le differenze, il primo capitolo spiega al lettore perché esse sono sorelle e qual è il ruolo che svolgono al servizio dell’umanità.
“La sociologia soffre un po’ della mancanza di parole appropriate per descrivere qualcosa che ha a che fare con la vita e l’esperienza mentre la letteratura è un mondo in divenire così come gli esseri umani sono mutevoli e stratificati”.
A seguire Elogio della letteratura sottopone al lettore le problematiche e gli argomenti, sociali e culturali, che i due interlocutori osservano e analizzano da vari punti di vista.
Partendo dall’ipersemplificazione del linguaggio, protagonista del primo capitolo, Bauman e Mazzeo si domandano il perché la letteratura può davvero costituire la salvezza e, nel secondo capitolo, immaginano un insegnante ideale:
“[…] credo che un insegnante ideale sia in grado di promuovere le capacità umane, fin troppo umane, anche nelle circostanze meno propizie o del tutto avverse”.
per poi procedere sul piano pratico con il terzo capitolo intitolato Il pendolo e il centro vuoto di Calvino. Dal piano del linguaggio ci si sposta a quello psicologico – educativo e i due interlocutori si concentrano sui valori che determinano o influenzano lo sviluppo della relazione tra individuo e società. È in questo punto che entrano in scena il mondo del web e i social network che, di fatto, stanno modificando il contesto (centro vuoto) e ridefinendo (o sconvolgendo) l’approccio, il modo di interagire degli esseri umani.
“I rapporti sociali online si differenziano da quelli offline per la facilità con cui vengono gestiti, per quella modalità che non richiede impegno e non conosce seccature; per la stessa ragione, però, i legami umani nati e coltivati online sono tristemente famosi per la loro fragilità, proprio come è probabile che chi eccelle nell’arte del tweet o del messaggio tenda a sviluppare un’inettitudine all’arte del dialogo”.
Il quarto capitolo di Elogio della letteratura si intitola Il problema del padre e, per un attimo, il lettore potrebbe perdere di vista il filo conduttore del discorso ma, in realtà, ha una logica che si collega saldamente al contesto definito centro vuoto.
L’inettitudine all’arte del dialogo che si sta formando con l’avvento della realtà liquida determina anche uno svuotamento dei valori rappresentati dalla figura paterna e dal suo ruolo all’interno della collettività.
Deresponsabilizzazione è, per la facilità di accesso e utilizzo dei moderni mezzi di comunicazione, il termine che spicca nella trattazione di questo argomento e che:
“spiana la strada alla commercializzazione degli aspetti più intimi dell’aggregazione e dell’interazione umana”.
Letto e riletto ma da riprendere più e più volte è il quinto capitolo, La letteratura e l’interregno che si apre con una citazione di Franz Werfel:
“Appartenere a due mondi, abbracciare con un’anima sola due età è una condizione veramente paradossale, che si ripete di rado nella storia ed è imposta solo a poche generazioni umane”.
Un paradosso che stiamo vivendo ora e del quale o non siamo del tutto coscienti o lo siamo abbastanza per renderci conto che, in questo passaggio, si sta perdendo qualcosa di fondamentale, in grado da filtrare e orientare l’esperienza del cambiamento al quale l’umanità sta andando incontro senza però soffermarsi a riflettere sul prezzo da pagare. La perdita del filtro (e cosa si intende per filtro in Elogio della letteratura) viene spiegata nel sesto capitolo, Il blog e la perdita degli intercessori.
Menzionando Il progetto Kraus di Franzen, Mazzeo e Bauman pongono l’accento sul termine trasmissione – miracolo che consente la continuazione della cultura e della vita – resa possibile da chi si pone come mediatore tra i due mondi citati da Werfel. Scrive Mazzeo a riguardo:
“La trasmissione non è in alcun modo una clonazione; grazie ad essa si diventa, se va tutto bene, ciò che si era destinati a diventare, cioè qualcosa di diverso. Tuttavia è imprescindibile per accedere a sé stessi”.
e induce a formulare la domanda del settimo capitolo, Stiamo diventando tutti autistici? L’interazione sociale online, priva di filtri o freni inibitori, toglie quegli ostacoli che, al contrario, invece di limitare stimolano l’impegno, il desiderio di superarli per relazionarsi con l’altro e definire o dare un senso alla natura e alla cultura dell’umanità.
“La socialità è quell’approccio, quella pratica, che nasce dalla curiosità: restare aperti ad avventure rischiose e mai tentate, che ci inquietano proprio per l’ignoto che racchiudono”.
Come fare a mantenersi aperti e avventurosi, in equilibrio fra due mondi, quello reale e quello virtuale? La menzione al libro di Lakoff che, purtroppo, è fuori catalogo e che sono andata a reperire in biblioteca indica lo strumento per orientarsi verso una possibile risposta contenuta nell’ottavo capitolo di Elogio della letteratura, La metafora del XXI secolo.
La metafora adottata da Bauman e Mazzeo parte dal confronto con quella scelta per definire il XX secolo e segue le storie di Pigmalione e di Narciso.
L’artista che crea e il fanciullo che distrugge, tra l’essere umano si innamora del frutto delle sue fatiche e l’essere umano che consuma e si innamora di ciò che appare. Tra le due metafore che simboleggiano due ere e il passaggio dell’una nell’altra, tra i cambiamenti che ne conseguono e che non sfuggono all’occhio attento delle due sorelle, letteratura e sociologia.
“Narciso, l’archetipo del consumatore, per realizzare le sue ambizioni, non farebbe meglio a rispolverare e a reimparare le arti quasi del tutto dimenticate e abbandonate di Pigmalione, l’archetipo dell’artigiano? Lo può fare, ma a condizione che la cultura che lo ha promosso al rango di metametafora riesca a spostare la sua attenzione dal prendere al dare, dalla distruzione alla creazione, dai centri commerciali all’amore e al lavoro”.
“Si tratta di una sfida titanica, di una missione gravosissima. Eppure affrontarle è la metamissione da cui dipende il successo di ogni altra missione esistenziale”.
Affrontare la sfida con La twitteratura che incombe nel nono capitolo apre gli occhi al lettore sulla formazione in atto di una cultura Karaoke che, alimentata da Internet, priva di filtri, ostacoli e incertezze consente di creare tutte le personalità e le identità che si vogliono, senza correre alcun rischio.
Diventa quindi una scelta obbligata e non si può fare a meno di sottolineare, a penna (azione che non ho mai osato svolgere un libro, ancora di più se di immenso valore nei contenuti) una considerazione di Bauman:
“Non mi stancherò mai di ripetere che l’atto della scelta è l’unico elemento dell’itinerario esistenziale liquido moderno che non possiamo scegliere. La scelta, che un tempo rappresentava un privilegio, si è ormai trasformata in un obbligo, un dovere cui non possiamo in alcun modo sottrarci”.
In Il secco e l’umido del decimo capitolo di Elogio della letteratura trovo una parola nuova, adiaforizzazione.
Bauman ne parla ne La società dell’incertezza, un libro che non ho letto e che, sì ho cercato nel non luogo che è il web, sembra parlare dello scambio tra etica e morale.
Sul vocabolario, adiaforizzazione definisce un atteggiamento di indifferenza morale verso il mondo esterno. Mazzeo cita diversi libri tra cui La legge dell’odio di Alberto Garlini e indica un pericolo rilevato sia dalla letteratura sia dalla sociologia e che non si può più ignorare se si vuole preservare l’abilità umana di esercitare spirito critico e discernimento. Adiaforizzazione sembra chiedere di essere osservata, ricercata, collegata ai segnali lanciati lungo il discorso di Elogio della letteratura. Segnali che attraversano:
- L’ipersemplificazione del linguaggio e la formazione della cultura del karaoke,
- Lo spostamento di valori e percorsi verso un centro vuoto, senza radici e che non lascia traccia né esperienza del dialogo e della relazione,
- La deresponsabilizzazione dei ruoli che fungono da guida per l’individuo durante il suo percorso esistenziale che si muove nello spazio, nel tempo, nelle relazioni e che dovrebbero fare da filtro in quanto strumento di discernimento tra essere e fare, tra ragione e impulso, tra essere umano e…
- La superficie liquida del web senza immergersi in essa, alla ricerca di una base solida dal quale partire per slanciarsi verso la definizione della propria personalità perché è più facile e sicuro la possibilità di creare e distruggere avatar
Adiaforizzazione è la leva adottata da una vera e propria industria del consumo dove la merce è la frammentazione dell’essere umano e l’esperienza ne è il suo prodotto.
Ha qualcosa di inquietante perché sembra indicare una sorta di commercializzazione della natura e della cultura umana. Questo non può portare a nulla di buono e l’undicesimo capitolo, Il trinceramento nell’uno, ne spiega i perché:
“Il fatto, però è che l’attuale cultura di massa oggi annienta la coscienza comunitaria attraverso la diffusione e l’esaltazione dell’egoismo. Forse a questo riguardo non c’è soluzione nelle società dei consumatori. Oggi l’individuo è prima di tutto un consumatore, non un cittadino”.
Spiegati i perché, non ci sono risposte ma Elogio della letteratura trova il suo apice nell’ultimo capitolo intitolato Educazione, letteratura e sociologia. Tutti i pensieri, le riflessioni, i confronti tra Bauman e Mazzeo portano di nuovo al tema principale del libro, lo stretto legame tra letteratura e sociologia e all’importanza delle parole:
“Nessuno crede che la poesia (o l’arte) possano più cambiare il mondo. Nessuno è dedito a una sacra missione. Oggi i poeti sono dappertutto, ma si parlano solo fra loro
[…]
Sono le parole a permetterci, indurci e obbligarci a distinguere tra ciò che è e ciò che sembra essere; sono le parole a creare lo spazio vuoto tra la verità delle cose e la loro apparenza, sono le parole a contrapporsi alle suggestioni, alle allusioni e alle insinuazioni dei sensi mentre tentano di articolare il loro messaggio e di rivendicare il posto d’onore nel tribunale della Verità”.
Infine, nella mia copia di Elogio della letteratura c’è un’altra frase che ho osato sottolineare a penna:
“Il dilemma del nostro tempo si riduce all’abbandono, al rifiuto o alla capacità appresa di interrogarsi. Ad avvizzire e languire è proprio l’arte del formulare domande […]”
mentre, su un quaderno a parte, trascrivo tutti i libri da leggere trovati grazie a Elogio della letteratura. Per rimanere nel discorso, per continuare a interrogarmi ancora.
Autore: Zygmunt Bauman, Riccardo Mazzeo
Titolo: Elogio della letteratura
Titolo originale: In Praise of Literature
Traduzione: Daria Restani
Casa editrice: Einaudi
Pagine: 143
Anno di pubblicazione: agosto 2017
Prezzo di copertina: € 16
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