Le cose che restano di Jenny Offill è il romanzo di questa settimana e il consiglio di lettura che mi è stato dato da Luca Pantarotto della NN Editore.
La mia domanda era vaga. Cercavo qualcosa di femminile da leggere, che fosse in tema con il giorno in cui lo acquistai, l’8 marzo, a Tempo di Libri.
Ora che ho letto Le cose che restano, mi rendo conto che la risposta è stata straordinariamente precisa e mi ha suggerito un libro che affonda le sue radici in tre tòpoi letterari fondamentali; amore, anima e morte.
Domanda, risposta, lettura, domanda, rielaborazione, recensione.
Cosa resta in seguito alla lettura del primo romanzo di Jenny Offill?
Le cose che restano di Jenny Offill: trama e impressioni di lettura
Le cose che restano di Jenny Offill è un romanzo narrato in prima persona da una bambina di otto anni, Grace, figlia di un uomo di scienza e di una linguista che ama i fiori e raccontare, immersa nel buio, leggende africane, aneddoti familiari e la storia dell’universo.
Grace vuole diventare un investigatore privato, appunta parole e vari indizi sul suo quadernino, consulta spesso L’enciclopedia dei Misteri e le piace porre domande su qualsiasi cosa. Attraverso la sua personale visione del contesto familiare in cui vive e viene educata raccoglie tutto quello che può servire per ricostruire la storia dei suoi genitori e il loro rapporto di coppia.
Il caso da risolvere non è ricostruire un’identità familiare composita e frammentata come accade in Isola della Jacobsen ma, forse, determinare a quale scala di valori Grace vorrà aderire una volta diventata adulta. Jonathan e Anna vengono osservati dalla figlia per quello che sono, al di là del ruolo che rappresentano.
Alla trama principale si inseriscono le comparse di personaggi secondari come Edgar, il baby-sitter appassionato di muffe velenose, il fratello gemello del padre e la sua famiglia e ambienti diversi che vanno dalla casa alla sua esatta riproduzione in miniatura, dal freddo lago del Vermont al caldo soffocante di New Orleans.
Tra le cose che restano nel romanzo della Offill è quanto sia centrale e presente la figura materna in tutte le sue sfaccettature. Chiara ed enigmatica, Anna risiede nella memoria della bambina in punti diversi, sia fissi sia in movimento.
C’è la dimora dove la madre le racconta di leggende africane e lingue da codificare, le passeggiate in mezzo alla natura svolte in rigoroso silenzio e la stanza dipinta di nero, tappezzata di stelle, che funge da aula in cui si racconta la storia dell’universo seguendo l’andamento del calendario cosmico. E poi, c’è il viaggio a New Orleans e la costante, perseverante, a tratti quasi disperata ricerca dell’anima.
“Un’anima è come un verme in una mela. – mi disse mia madre – A volte passi tutta una vita senza renderti conto di averla e poi all’improvviso spunta. In Africa, l’anima ha la stessa forma del corpo ma non puoi vederla. Di notte, mentre una persona dorme, lei viaggia per il mondo, ma ritorna nel corpo quando qualcuno la tocca.”
Il padre risulta quasi marginale in quanto appare e scompare in continuazione perché è sempre indaffarato a fare qualcosa, chiuso nel seminterrato a costruire la casa delle bambole o lontano, per lavoro.
Tra le cose che restano di Jonathan è come la sua presenza indichi, al contrario, mancanza. Un’assenza che si lega alla sua capacità di amare e lasciarsi amare dalla moglie e che, ripensando alla metafora con cui viene descritto dal nonno di Grace attraverso la voce della madre, conduce, inevitabilmente alla morte dell’anima:
“Mi disse che alla fine della morte c’era una lunga galleria dove ti aspettavano tutte le persone che ti avevano amato. Se non avevi amato nessuno ci sarebbe stata solo una stanza vuota.”
Le cose che restano è un romanzo in cui il lettore si trova, più che a leggere, a visionare materiale narrativo dal quale trarre tutti gli indizi necessari per ricostruire una trama che, all’inizio, non sembra avere una linearità ben precisa. Del resto, sul dorso della copertina è riportato che:
“Questo libro è per chi tiene un diario con la storia della propria felicità, per chi usa la scienza per mettere in pratica la magia, per chi fa il bagno di notte e dimentica i vestiti sulla riva e per chi accetta di essere un po’ folle per mostrare l’anima al mondo, come luce di stelle che non esistono più.”
E, aggiungerei, è per chi scatta fotografie di istanti da raccogliere in un cassetto e, una volta colmo, riesumare quello che può essere utile per raccoglierlo in un album e farne, infine, Letteratura.
Queste sono le mie impressioni da lettrice riguardo a Le cose che restano di Jenny Offill. Se anche tu l’hai letto, mi racconti le tue?
Autore: Jenny Offill
Titolo: Le cose che restano
Titolo originale: Last Things
Traduzione: Gioia Guerzoni
Casa editrice: NN Edizioni
Collana: la Stagione
Anno di pubblicazione: aprile 2016
Pagine: 234
Prezzo di copertina: € 17
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