Essere originali di Adam Grant è il libro che spiccava dalla borsa di Valentina Vellucci.
Dato che sono particolarmente sensibile ai colori, già dalla copertina ho avuto l’impulso di sapere di che cosa parlasse.
Ho cercato di leggerlo in pochi giorni, così da non perdere il filo del discorso su come gli anticonformisti cambiano il mondo. Ho lasciato riposare le pagine lette a lungo prima di scrivere questo post e ora condivido con te gli appunti presi.
Essere originali vuol essere una sfida al pensiero comune per creare nuove idee, vieni a scoprire come si potrebbe fare?
Essere originali di Adam Grant: la creatività vista da una prospettiva diversa
Scrivere di che cosa parla Essere originali di Adam Grant, composto di 8 capitoli, mi fa rivivere un esame di storia in cui un professore mi chiese di parlare del manuale dato da studiare.
Essere originali, Adam Grant, Hoepli
Tra la paura di non sapere abbastanza e la sicurezza di aver studiato fino all’ultimo secondo, risposi con un’altra domanda invitando il professore stesso a dirmi da quale capitolo voleva che cominciassi. A pensarci bene, forse in quell’occasione fui incosciente a non proporre il tema in cui mi sentivo più sicura rischiando di essere interrogata là dove la mia preparazione mancava di solidità.
Investitori ciechi e investitori con un occhio solo
L’esame mi andò bene e così, ripeto l’audacia. Salto il primo capitolo di Essere originali, La distruzione creativa e passo subito al secondo, dove si fa subito un’importante distinzione tra creatività e originalità:
“Quando ci lamentiamo della carenza di originalità nel mondo, la attribuiamo all’assenza di creatività. Se solo si potessero generare più idee nuove staremmo tutti meglio. In realtà, la barriera più insormontabile all’originalità non è la generazione di idee ma la selezione di esse.”
Al distinguo, seguono dei paragrafi che mettono in guardia il lettore sui rischi dell’intuito e di come esso, inserito in un contesto sbagliato, ha fatto fallire idee ricche di potenzialità.
Succo del discorso argomentato nel secondo capitolo di Essere originali è che un’idea, buona o cattiva che sia, deve attecchire là dove ci sono le competenze e la lungimiranza necessarie per renderla fattibile, concreta ed efficace.
Insomma, a valere di più non è il trovare qualcuno che ti dica: – bellissima idea, facciamola! – ma nell’avere l’appoggio di chi sa dove e in che modo piazzare quella stessa idea per farle raggiungere un risultato di successo.
“Il problema non è mai l’idea: è sempre l’esecuzione”.
A questo si aggiunge anche un’adeguata valutazione dei rischi che si possono o non possono correre.
L’idea romantica del salto nel vuoto non sembra far parte delle personalità originali tratteggiate da Adam Grant. Tutte le persone di successo che compaiono in Essere originali non vengono fuori dal nulla e, all’occorrenza, sapevano cosa fare in caso di fallimento. A quanto pare, le persone veramente originali sono gli investitori con un occhio aperto e uno chiuso che, se non funziona il piano A, è meglio aver da parte anche un piano B, C…
il bastian contrario
Il terzo capitolo di Essere originali è uno dei più affascinanti del libro perché non solo elenca e spiega in che modo si può rendere familiare un’idea innovativa ma suggerisce anche le modalità più efficaci (tempi, luoghi, persone e contesti) in cui è cosa buona e giusta alzare la voce. Non per prevaricare o sminuire ma per proporre, far passare, convincere l’interlocutore del momento ad ascoltare una voce diversa dal coro. Cosa non molto semplice da fare perché:
“Leader e manager apprezzano i dipendenti che prendono l’iniziativa di offrire aiuto, costruire reti, raccogliere informazioni e chiedere feedback. Ma c’è una forma di iniziativa che viene penalizzata: avanzare suggerimenti”.
Non semplice ma, anche in questo caso e seguendo gli esempi raccolti da Adam Grant, comunque fattibile.
Non c’è fretta e Riccioli d’oro e il cavallo di Troia
Per il quarto capitolo, Non c’è fretta e, con calma, l’autore e il lettore possono dialogare sul tempismo, la procrastinazione strategica e lo svantaggio della prima mossa. Una pausa rilassante ma non oziosa, prima di immergersi a capofitto nel quinto capitolo dal fiabesco titolo, Riccioli d’oro e il cavallo di Troia.
Essere originali è difficile perché si arriva ad un punto che non si può far tutto da soli. È necessario trovare altre persone con cui creare delle coalizioni per raggiungere, insieme, un obiettivo comune per avviare un vero cambiamento. Tutto molto bello però c’è un ma:
“Per definizione, i tentativi di modificare lo status quo sono condotti quasi sempre da un gruppo di minoranza che si oppone alla maggioranza. Le coalizioni possono essere molto efficaci, ma sono anche intrinsecamente instabili: fanno grande affidamento sulle relazioni tra i singoli membri”.
Questo stralcio di testo chiarisce, in parte, una serie di dubbi che ho cercato di mettere per iscritto in Individualità e collettività. Dubbi che tuttora rimangono e che emergono soprattutto quando Adam Grant fa notare che, a volte:
“condividere le tattiche è meglio che condividere valori”.
Un’eccezione che conferma la regola? Consapevolmente o meno, il prima le tattiche e poi i valori rimanda all’eterno quesito machiavellico in cui ci si domanda se il fine giustifichi o meno i mezzi.
Una risposta univoca non c’è e, dati i rischi dell’intuito e l’importanza di alzare la voce, l’azione più originale che si possa fare è valutare caso per caso e prendersi tutto il tempo necessario per uscire fuori dagli schemi, rispettandoli e volgendoli a proprio vantaggio.
Ribellarsi conviene
Al sesto capitolo Adam Grant si sposta nel campo della famiglia e dell’educazione dei figli facendo riferimento anche studi e ricerche in cui si attesta che i secondogeniti tendono ad essere più originali dei primogeniti.
Al di là delle differenze tra carattere e personalità e di come esse si intrecciano per costituire l’identità di un individuo in crescita, l’autore fa notare lettore alcune sfumature degli approcci educativi e parla di modelli da seguire.
Modelli che non sempre fanno riferimento ai genitori ma che possono essere trovati, ad esempio, nei libri:
“Durante l’infanzia molte persone originali trovano i loro primi eroi nei protagonisti dei romanzi, che sfruttano la creatività per compiere imprese uniche”.
Sarà per questo che continuo ad avere la fissa per la trovata di Tom Sawyer per non dipingere la staccionata o per l’ombra di Peter Pan?
Ripensare il pensiero di gruppo
Divagazioni a parte, il settimo capitolo di Essere originali:
- si aggancia al quinto capitolo sulla necessità delle persone originali di creare delle coalizioni,
- riprende il concetto del bastian contrario, espresso nel secondo capitolo e,
- rielabora e ricontestualizza i rischi dell’intuito, l’alzare la voce e la convenienza del ribellarsi per arrivare a definire il Think Different un vero e proprio modello di cultura.
L’assunto di base di questi tre punti è che:
“Le opinioni in dissenso sono utili anche quando sono sbagliate”.
In questo caso, l’esempio vincente menzionato da Adam Grant conduce alla figura del finanziere Ray Dalio e dei suoi principi. Principi che invitano a generare dibattiti costruttivi, creativi e originali. Principi che prendono l’ordine perentorio del:
“Non portarmi problemi, portami soluzioni”
e lo stravolgono perché:
“Gli artefici sono pensatori indipendenti: curiosi, anticonformisti, ribelli.
Praticano una sincerità brutale e antigerarchica. E agiscono di fronte al rischio, perché in loro la paura di lasciarsi sfuggire un successo è più forte della paura di fallire”.
Smuovere le acque e non far rovesciare la barca
Con il settimo capitolo, il percorso per diventare originali non giunge al capolinea ma rende ancora più chiaro quanto questa strada sia irta di rischi, pericoli e perplessità.
Il lettore potrebbe arrivarci stravolto e cadere, o in uno stato di ansia lancinante o nel limbo del “ma chi me lo fa fare!”. Adam Grant deve aver pensato anche a questo, proprio per gestire l’ansia, l’apatia, l’indecisione e la rabbia, ecco che, come una piccola ancora di salvataggio, giunge l’ottavo capitolo. Qui si scoprono definizioni come ottimismo strategico e pessimismo difensivo e, una volta spiegate al lettore, Essere originali trova la sua conclusione in quella che, tra le tante citazioni, svolge il ruolo di frase cardine su cui poggiano tutte le argomentazioni raccolte:
“Diventare originali non è la strada più semplice per ricercare la felicità, ma ci lascia perfettamente pronti per la ricerca della felicità”.
Anche tu la pensi così?
Autore: Adam Grant
Titolo: Essere originali Come gli anticonformisti hanno cambiato il mondo
Titolo originale: Originals
Traduzione: Ilaria Katerinov
Casa Editrice: Hoepli
Anno di pubblicazione: ristampa 2017
Pagine: 294
Prezzo di copertina: € 19
2 Comments
Grazie per la dritta!! Non lo conoscevo ancora 😉
Di nulla, Chri, è stato un piacere!:D