La linguistica e la storia della lingua italiana sono le materie più affascinanti che abbia studiato. Non posso dire la stessa cosa per quanto riguarda lo studio della grammatica e delle regole che bisogna seguire, per far sì che il linguaggio comunichi un determinato messaggio.
Insomma, da una parte c’è un tema mutevole e fantasioso e dall’altra una disciplina che lo mette in riga. Linguaggio e grammatica si intrecciano e si coordinano, nel formulare vari pensieri e riflessioni.
- Che cos’è il linguaggio, dopotutto?
- Da che parte comincio?
- Perché parlarne mi frena?
Oggi mi cimento a cercare un po’ di risposte. Al limite, correggimi se sbaglio. 🙂
Cos’è il linguaggio? La grammatica regola o condanna?
Esistono vari tipi di linguaggio (letterario, musicale, artistico, non verbale, infantile e così via) e questa molteplicità rende pressoché inutile anche solo il tentativo di dare una risposta univoca alla domanda: “Che cos’è il linguaggio?”. Tutti possono comunicare qualcosa e ognuno può dire la stessa cosa nel linguaggio che più gli è proprio o nel quale si sente a suo agio.
A ogni linguaggio sta la sua grammatica, l’insieme delle regole con cui si esprime. Regole che dettano legge, ma che, comunque, non imprigionano le parole e il tipo di cultura che esse stesse evocano, trovando sbocco e libertà nel linguaggio.
Avevo un professore d’italiano alle superiori che, in classe, ci chiedeva di spengere la luce nelle giornate di sole e di aprire il libro a pagina dugento. A me piaceva, perché quei termini richiamavano il suono della lingua toscana però, non avendoli mai sentiti dal vivo, sembravano sbagliati. In quelle due parole desuete, lasciò indizi sulla storia della lingua italiana e delle sue evoluzioni, comprese anche delle varianti linguistiche raccolte da Dante nel De Vulgari Eloquentia e scrupolosamente ne La storia della lingua italiana di Bruno Migliorini (dal latino al volgare, fino ad arrivare all’età contemporanea).
La grammatica è la regola, il linguaggio è l’anima, la storia di una cultura, quella umana. È una cosa bella, che resiste, che non muore. Tuttavia, è curioso che, quando si nota una parola o un modo di dire regionale in un discorso svolto in italiano corretto, la prima cosa che ci si domanda è se è stato commesso un errore. Perché un linguaggio, che porta con sé tutta una serie di dati e informazioni propri di una lingua che ha resistito e si è evoluta nel tempo fino ad arrivare ai giorni nostri, dovrebbe essere vista o giusta o sbagliata?
Insieme, grammatica e linguaggio sono sia struttura dell’anima sia l’anima della struttura. Si può definire giusto o sbagliato un comportamento ma per quanto riguarda l’anima, è difficile correggerla e condannarla perché, semplicemente, è stata evocata e non dimenticata.
L’anima è immortale, è una conseguenza della grammatica. – Margaret Atwood, L’anno del diluvio
Sulla base di questa citazione, scrivevo su NarraLab:
“Partendo da un dato di fatto e convinzione comune (l’anima è immortale) l’autrice spiega perché è immortale usando una metafora concreta, logica e incontrovertibile (è conseguenza della grammatica).
Per come la immagino io, non esistono lingue morte. La grammatica è la struttura su cui si basa il linguaggio che, per quanto diverso a seconda dei contesti e dei luoghi in cui si usa per comunicare, è immortale.
Esempio: il latino è considerata una lingua morta eppure la sua struttura di fondo persiste tuttora nell’italiano, nel francese, in tedesco, nel rumeno anche. Sono linguaggi diversi, sfaccettature di una stessa anima (o ceppo linguistico) che è latina, appunto.
Anche per questo mi piacciono i fiori. Questo, in particolare, sembra dare un’idea visiva della citazione e dell’immagine che mi sono creata. Per colori, forme e strutture. Questo fiore morirà ma, nei tempi stabiliti, rinascerà e fiorirà in base alle medesime strutture che lo compongono. È quindi grammatica e sua conseguenza oltre che un piccolo, piccolissimo esempio di anima in natura”.
Più lo leggo e lo rileggo, pensando anche a quanto scritto finora, ecco che compare la risposta all’ultima domanda. Quella in cui mi chiedo perché parlare di linguaggio mi frena.
La risposta inclina la testa, legge il testo e borbotta un non convinto: “Non è esattamente così” e seguendo una certa logica andrebbe a smontare pezzo per pezzo ogni frase e il pensiero che vi è dietro. Magari segnalerebbe i periodi in cui la nozione, di linguistica o di grammatica che sia, risulta appresa ma non interiorizzata abbastanza per tramutarsi in contenuto utile e fruibile o forse no?
L’idea di questo articolo non è di fare una lezione di linguistica ma togliere un freno su un aspetto della lettura e della scrittura che apre le porte a un mondo molto particolare dove le parole, se provi a conoscerle con la guida di grammatica e linguaggio, diventano magie e illusioni da cui si può sempre trarre una realtà che si credeva perduta.
Prima di concludere, ti ricordi che qualche riga sopra ti ho accennato due libri da leggere per approfondire il tema di questo post? Ecco, sono quei testi che vale la pena studiare, con calma e piano piano, per far cadere in disuso tutti quei dubbi che mi sono posta e che mi pongo. Tuttavia, iniziare subito con Dante o il Migliorini potrebbe essere un’impresa difficile da portare a termine. Sarebbe come affrontare una maratona, senza essersi allenati prima. Detto questo, questa settimana ci saranno un’ospite e un libro che renderanno l’impresa, una piacevolissima passeggiata.
Continuerai a leggermi, per scoprire a chi e a quale lettura mi riferisco? 🙂
Photo Credits: immagini via Pixabay
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