Scoperto per caso, o meglio, acquistato al buio, Nick Hornby ha attratto il mio interesse con Tutta un’altra musica, sufficiente per convincermi a mettere in lista letture anche Un ragazzo e Come diventare buoni. Il primo si è rivelato una sorta di ripasso del film About A Boy, il secondo è l’argomento del libro della settimana.
Tutti vorrebbero vivere in un mondo migliore dove si va d’amore e d’accordo in un tripudio di buona educazione, senso civico e carinerie. Come diventare buoni potrebbe essere una possibile risposta a questa tensione utopica o forse no.
Vieni a scoprirlo?
Come diventare buoni di Nick Hornby: trama e impressioni in corso di lettura
Lo scenario che si apre in Come diventare buoni è quello di un parcheggio. La protagonista femminile, Kate, chiusa nell’abitacolo della macchina, parla al telefono con il marito David.
Conversazione banale, per illustrare la routine quotidiana di una famiglia della media borghesia apparentemente stabile e serena. I primi tratti della psicologia di lei, di lui, dei figli appaiono normali, fino a quando (sempre nello spazio di poche pagine) lei non chiede il divorzio. Per telefono.
Seguono pagine e pagine in cui Kate ripercorre un matrimonio fatto di alti e bassi e che viene analizzato e razionalizzato da ogni angolazione e con precisione chirurgica.
David è l’uomo più arrabbiato di Holloway e non perde occasione di gettare, in una rubrica giornalistica, strali contro la comunità in cui vive.
Tom, il figlio maggiore ha dei tratti caratteriali che, molto probabilmente, lo condurranno a formarsi una visione del mondo e delle persone cinica e disincantata.
La sorellina Molly appare spesso una bambina superficiale e tendenzialmente bigotta.
Tutto sommato i personaggi narrati da Nick Hornby ispirano più antipatia che simpatia. Sensazione che si inasprisce in corso di lettura quando la comunicazione che si delinea all’interno del nucleo familiare diventa via via più chiara e dettagliata.
I rapporti tra moglie e marito e tra genitori e figli, già di per sé tesi e confusi, vengono poi completamente stravolti con l’arrivo di Buone Nuove, un ex drogato con poteri taumaturgici (cura dei malanni fisici e spirituali con la semplice imposizione delle mani) e idee alquanto strampalate sul come rendere il mondo un posto migliore, in cui tutti si impegnano a diventare buoni.
Katie si ribella istintivamente a questi cambiamenti repentini introdotti da un elemento estraneo alla sua famiglia perché Buone Nuove mette in discussione tutte quelle che per lei erano certezze e indicatori della sua bontà. Lei è un medico, cura le persone e, di riflesso, questo dovrebbe renderla e definirla una persona buona. La metodica distruzione degli schemi mentali in cui ha inserito emozioni e ricordi la conduce sull’orlo della follia e aumenta il desiderio di fuga dal marito, dai figli, dalla situazione che si è venuta a creare.
Più tardi, nel dormiveglia, comincio a sognare che tutta la gente del mondo che vive una brutta vita – tutti gli spacciatori, i produttori di armi, i politici corrotti, tutti i cinici bastardi che ci sono in giro – viene toccata da Buone Nuove e cambia come è cambiato David. Il sogno mi spaventa. Perché ho bisogno di queste persone, mi servono come bussola.
Kate perde il suo personale senso dell’orientamento e quando si decide ad allontanarsi parzialmente da tutto e da tutti ritrova il suo centro e così lo esprime:
È l’atto di leggere in sé che mi manca, la possibilità di ritirarmi sempre più dal mondo fino a che non ho trovato un po’ di spazio, un po’ di aria che non sia viziata, che non sia già stata respirata migliaia di volte dalla mia famiglia.
Come diventare buoni di Nick Hornby: conclusioni
Lo stile di scrittura di Nick Hornby è, come al solito, semplice e riconoscibile ma, nel complesso, Come diventare buoni è tra le storie che mi sono piaciute di meno.
Sul retro del libro, il The Times Literary Supplement, dichiara che è impossibile trovare un personaggio per il quale non si provi un impulso di simpatia. A me verrebbe da dire il contrario, non sono riuscita a simpatizzare con nessuno di essi o forse l’ho fatto secondo percorsi contrari alla mia idea di empatia.
A fasi alterne ho apprezzato e condiviso mentalmente i pensieri di David, Kate e Tom. Molly mi è rimasta antipatica dall’inizio alla fine. Forse perché non riuscivo a vederla se non con gli occhi della madre, protagonista e voce narrante?
Insomma, senza tanti giri di parole, buona l’idea ma forse poco convincente lo svolgimento.
Al di là dei passaggi riportati e sui quali si possono spendere fiumi di parole in analisi e riflessioni, Come diventare buoni sembra quasi un lungo lamento esposto su più livelli. Più di una volta mi sarebbe piaciuto entrare nel romanzo e dire a Kate di fare quel che minacciava di fare. Un po’ di grinta, cavolo. David mi è parso un personaggio tutto fumo e niente arrosto e avrei voluto saperne di più sulla figura di Tom, posto spesso e volentieri ai margini della narrazione.
Il finale, l’ho letto tre volte e non l’ho ancora capito.
Aiutami tu!
E poi, perché dopo aver letto questo libro mi sento un po’ cattiva?
Autore: Nick Hornby
Titolo: Come diventare buoni
Titolo originale: How to Be Goog
Traduzione: Stefano Viviani
Casa editrice: Guanda Tascabili
Anno di pubblicazione: gennaio 2016, terza edizione
Pagine: 292
Prezzo di copertina: € 12
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