Il mese scorso ti ho fatto incontrare Stefano Lanciotti. Si è raccontato attraverso i libri che lo hanno accompagnato nelle fasi più importanti della sua vita – infanzia, adolescenza e maturità – formandolo anche come scrittore di Urban Fantasy.
A breve uscirà La soglia degli abissi, il secondo volume della saga La profezia del Ritorno, avviata da Il Libro delle Ombre.
Mi ha incuriosita la definizione di genere, Urban Fantasy appunto, che ha dato alla storia di Beryl Anderson, ragazza normale che vive a metà fra due mondi, quello terrestre e quello di una dimensione parallela che prende il nome di Nocturnia.
La trama de Il Libro delle Ombre possiede un buon intreccio, non ha un ritmo pesante o noioso, è dettagliato al punto giusto ed è scorrevole, di piacevole lettura. Oggi però vorrei fare qualcosa di diverso. Invece di commentare o recensire un libro, ho pensato che fosse più interessante tornare ad ospitare Stefano Lanciotti intervistandolo.
Vieni a leggere domande e risposte?
P.S. Ti consiglio di leggere fino alla fine, ci potrebbe essere una piccola sorpresa. 🙂
Scrivere secondo le regole dell’Urban Fantasy: intervista a Stefano Lanciotti
Qual è il rapporto tra la tua scrittura e il genere al quale ti ispiri?
Il mio tentativo è sempre quello di essere originale, per quanto possibile. Però non mi piace chi è originale “a tutti i costi”, divertendosi a spiazzare il lettore. Quello che tento di fare è affrontare temi nuovi (semmai ancora ne esistano) oppure affrontare temi “vecchi” con uno sguardo nuovo. È un equilibrio non facile, specie per il fantasy, dove il lettore ama trovare nella lettura i topoi classici del genere, ma nello stesso tempo non vuole avere l’impressione di leggere sempre lo stesso romanzo.
Molti dei romanzi che hai scritto seguono il filone fantasy, perché hai scelto di cimentarti in questo genere?
Il motivo per cui scrivo fantasy è che seguo la preziosissima regola citata da Stephen King nel suo On writing:
E così è stato. Il romanzo, che doveva essere auto conclusivo, si è trasformato in una trilogia, alla quale se n’è affiancata una seconda. Una volta terminata la Saga di Nocturnia, ho affrontato una seconda sfida, quella di ambientare dei romanzi fantasy in un mondo, il nostro, che non è regolato da leggi che ho inventato io e quindi posso manipolare come mi serve. Negli ultimi anni questo connubio tra reale e fantastico si è sviluppato molto e in alcuni casi viene chiamato Urban Fantasy, anche se la trovo una definizione po’ riduttiva. In qualsiasi caso, rende l’idea.
Quando hai in mente una storia da sviluppare, qual è il momento più entusiasmante e quello più frustrante e come gestisci questi stati d’animo?
Confesso di non essere un autore di quelli che hanno in mente tutta la storia, scena per scena, nel momento in cui scrivono la prima parola del romanzo. Io, in realtà, in genere all’inizio ho solo un canovaccio, peraltro più definito nella parte iniziale che in quella finale. Questo modo di procedere è causa sia di entusiasmo che di frustrazione, perché ci sono dei momenti in cui la trama si blocca in una scena che, per assurdo, all’inizio non avevo neppure lontanamente immaginato. D’altra parte, questa estrema plasmabilità di trama e scene permette alla storia di evolvere come un essere vivente e di prendere strade meravigliose, possibili solo perché non “costruite” con largo anticipo.
Quali sono i tuoi modelli di riferimento?
Non sono sicuro di averne di riconoscibili. L’autore che mi ha più influenzato come modo di scrivere è senz’altro Stephen King, mentre quello che mi ha più affascinato come ambientazioni fantasy è stato R.E. Howard, creatore di Conan il barbaro. Ma li ho talmente rielaborati e, per così dire, “masticati” che non credo sia molto facile trovarne traccia in quello che scrivo.
Da dove parte l’ispirazione, il colpo di fulmine per una trama?
In genere succede che c’è qualcosa che mi salta in mente all’improvviso, guardando un film o leggendo un libro. Mi dico “e se invece di così, fosse cosà?” e comincia un lungo processo per cui un’idea matura, a volte anche per periodi piuttosto lunghi, si unisce ad altre idee finché non ritengo che ci sia abbastanza materiale per provare a buttare giù il famoso “canovaccio” cui ti accennavo nella risposta precedente.
Nel tuo lavoro hai scelto di mescolare il Fantasy al Thriller. Qual è il filo conduttore fra i due generi?
In realtà questa idea di “rimescolamento” tra generi è propriamente vera solo per l’incipit di Ex Tenebris, perlomeno a livello di trama. Per il resto i miei romanzi fantasy non hanno nulla di thriller, tranne, forse, lo stile: è scarno, essenziale, veloce, con molti cambiamenti di punto di vista narrativo, incentrato più sull’azione che sulla descrizione.
Qual è la tua visione dell’Urban Fantasy, spiegaci le origini e i meccanismi narrativi che lo definiscono.
Diciamo subito che non mi piacciono troppo le etichette che tendono a “limitare”.
Quando ho cominciato a scrivere Il Libro delle Ombre, mi piaceva l’idea di proseguire alcune linee narrative iniziate nella Saga di Nocturnia (in cui la narrazione parte dalla Terra, per proseguire per quasi tutti gli altri romanzi su questo mondo inventato da me). Quindi ho cominciato a riflettere su come trasportare la magia, le creature e tutto il resto nel nostro mondo, che magico non è. Poi e solo poi, ho scoperto che questo genere viene definito Urban Fantasy. Ma all’interno di questa etichetta ci sono tante cose molto diverse da quello che scrivo io, dai vampiri sexy di Twilight ai cacciatori di demoni di Shadowhunters.
Quale lato della tua personalità di scrittore vorresti che emergesse nella nuova saga in lavorazione?
A dire la verità non mi piace molto che traspaia la mia personalità nei miei romanzi perché, in fondo in fondo, io non mi ritengo un “romanziere”, ma più un cantastorie o, se vogliamo fare un paragone più vicino a noi, un Dungeon Master. Mi piace che il lettore venga trascinato dalla trama e che non veda l’ora di sapere cosa c’è nella pagina successiva, non che si soffermi su messaggi celati dietro le parole. D’altra parte, immagino che sia impossibile scrivere senza far trasparire nulla di me, ma preferisco che sia il lettore, eventualmente, a scoprirlo.
Il romanzo che hai scritto e che è a te più caro e perché?
Si dice che il primo amore non si dimentica mai e per me il romanzo più caro è Phönix, un thriller. Lo è perché è stato il primo libro, perché è stato il romanzo che ha avuto la “gestazione” più lunga (almeno 4 anni dall’idea alla prima parola scritta), perché è stato il mio primo auto pubblicato, perché è stato il primo romanzo pubblicato con un grande editore (Newton Compton, che lo ha ripubblicato cambiandogli il titolo in Israel: operazione Tel Aviv).
Hai già in mente qualche altra idea da sviluppare? Ci daresti una piccola anticipazione?
In realtà ho appena terminato La Soglia degli Abissi, che è il secondo romanzo de La Profezia del Ritorno, che continua la narrazione là dove era terminata nel Il Libro delle Ombre e sono abbastanza svuotato dallo sforzo. Il prossimo libro, in qualsiasi caso, sarà la conclusione di questa trilogia con la chiusura dei molti fili narrativi rimasti in sospeso.
Hai letto fino alla fine? Molto bene, come sempre sei un lettore meraviglioso! 😀
Photo Credits: immagine in evidenza via Pixabay
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