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Leggere Henry James: commento a due racconti

21 Aprile 2017
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In queste settimane ho ripreso a sfogliare i libri di racconti che sono usciti con Il Sole 24 Ore fino a qualche mese fa. La scelta è ricaduta su Henry James e, in particolare, su Autobiografia degli anni di mezzo e La panchina della desolazione.

Avrei voluto parlarti dei racconti di Henry James la settimana scorsa, per festeggiare il suo compleanno. Nacque, infatti, il 15 aprile del 1843 ed è curioso come un autore, a distanza di poco più di un secolo dalla sua morte (28 febbraio 1916) continui a far trasparire dai suoi scritti modernità e giovinezza perenni. Probabilmente è su questo che partono tutte le discussioni e i ragionamenti per capire quando un’opera letteraria merita di essere identificata come un classico capace di resistere fino ai giorni nostri.

Al di là di questo pensiero puramente personale, vieni a leggere di che cosa trattano Autobiografia degli anni di mezzo e La panchina della desolazione?
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Henry James e la sua Autobiografia degli anni di mezzo

Autobiografia degli anni di mezzo è una miscellanea, incompiuta, di memorie.

Quando ne ho iniziato la lettura ho cominciato a temere di essermi imbattuta in un libro che considerare noioso è dir poco. Lo stile di Henry James appare complesso per l’uso di periodi piuttosto lunghi e articolati. A volte ci si perde in riflessioni e divagazioni che sembrano non avere né capo né coda per poi trovare, nel mare di pensieri e sensazioni, passi come questo:

“Non siamo mai davvero vecchi, perché non sappiamo mai rassegnarci a smettere di essere giovani: la giovinezza è un’armata che schiera l’intero battaglione delle facoltà e tutta la freschezza unita a passioni e illusioni nella marcia forzata verso quel territorio nemico che è il regno della perdita di ogni freschezza […]”

Se è vero che non siamo mai davvero vecchi, perché temiamo la vecchiaia?

Henry James è uno scrittore americano che ha instaurato una profonda relazione con Londra e i suoi esponenti letterari. Partendo da questo dato di fatto, il passo riportato e tutta la narrazione percorre non solo gli usi e i costumi di due società correlate e diverse ma sottolinea, quasi, la tendenza dell’una e dell’altra ad esistere solo legandosi a un determinato periodo storico.

In America vige il culto della giovinezza, non solo estetica ma anche interiore, come se la vita si concentrasse solo ed esclusivamente in questa fase. Tutto deve essere proiettato al futuro mantenendosi sempre nel presente fresco e ribellandosi ai segni che indicano lo scorrere del tempo. Un’idea di eterna giovinezza che, svuotata del significato dato da Henry James nel piccolo frammento che ti ho riportato, diventa vera e propria ossessione e panico da vecchiaia.

In Autobiografia degli anni di mezzo traspare un senso di inquietudine di matrice americana che sprona il protagonista a cercare di instaurare una relazione con una società inglese chiusa in un ostinato isolamento. Un’Inghilterra affascinante proprio per il suo essere ancorata ai valori, alla cultura e alla sicurezza fiorite e controllate nel corso del lungo regno della regina Vittoria.

Londra, agli occhi di James, è meravigliosa per il suo essere vecchia e giovane allo stesso tempo. Ha qualcosa di misterioso e palese che l’autore vuole comprendere fino in fondo, per instaurare una relazione con un altro tipo di giovinezza. Una giovinezza racchiusa nei luoghi e negli intellettuali nati e cresciuti in una terra ricca di storia, cosciente di un prestigio che non perde freschezza con l’andare nel tempo ma persiste nel presente e che, ribelle, si pone l’obiettivo di mantenersi anche nel futuro.

Un racconto molto, molto affascinante questa Autobiografia degli anni di mezzo di Henry James. Ha vinto le mie prime resistenze e mi ha indotta a continuare la conoscenza con questo scrittore ne La panchina della desolazione.

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Henry James e La panchina della desolazione

In Autobiografia degli anni di mezzo si scopre un Henry James che riflette sull’idea di cultura e giovinezza facendo interagire l’uomo con il contesto urbano in cui vuole integrarsi.

Il principio le dinamiche della relazione ritornano anche in La panchina della desolazione. Una relazione uomo e donna, tra il libraio Herbert Dodd e quella che appare, fin da subito, la crudele e senza scrupoli Kate Cookham. Egli soccombe alla forza di lei e si rassegna alla piega degli eventi perché, tanto:

“Fin dai tempi più lontani, di cui aveva ricordo, c’erano state cose per le quali aveva sofferto, mentre gli altri non ne soffrivano; e aveva tenuto la maggior parte della sofferenza per sé – il che gli aveva insegnato, in un certo senso, come soffrire e come, quasi, trovarvi piacere”.

La narrazione si concentra, all’inizio, sul personaggio maschile. Dodd oscilla tra l’amarezza e la tristezza derivante dalla sua condizione esistenziale e il tentativo disperato di mantenere una certa dignità. In fondo, Herbert è un gentiluomo e come tale deve comportarsi, qualunque cosa accada.

Le prospettive immaginate in corso di lettura, pagina dopo pagina e un poco alla volta, si ribaltano. La psicologia dei due personaggi assume una sfaccettatura nuova e viene in un certo senso smascherata dai modi e dall’uso fatto di una certa somma di denaro.

Il vil denaro, moneta di scambio e base delle relazioni commerciali, si intromette in una relazione d’amore che giunge a una rottura e, inaspettatamente, rivela la vera natura di Kate e di Herbert. In che modo? Questo non te lo posso dire, lo puoi scoprire solo leggendo La panchina della desolazione per poi tornare qui, a lasciare il tuo pensiero nei commenti. 😉

Se non hai mai letto nulla di Henry James, questi sono i link Amazon per i racconti commentati in questo post e per uno dei suoi romanzi più noti, da leggere assolutamente:

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