Mi piace andare agli eventi. Non solo per incontrare di persona chi lavora nel mondo digitale, ma anche per imparare come ci si deve muovere in esso, per individuare le mie competenze e segnare quelle che mi mancano.
Non sono stata all’Inbound Strategies. Avrei voluto, ne ero attratta, ma non ci sono andata fisicamente. L’ho seguito virtualmente su Twitter e su Facebook e ho comunque preso appunti.
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Inbound Strategies su Twitter: mettendo in ordine gli appunti
Per seguire l’Inbound Strategies ho preso come punto di riferimento il profilo di Social Muffin e da lì mi sono mossa per retwittare tutte le informazioni che mi incuriosivano.
Cora è una vera e propria macchina da guerra quando si tratta di twittare perché riesce a seguire gli speech, individuare i tratti salienti di quanto si sta dicendo e riportarli su Twitter in tempo reale, sfidando una connessione altalenante.
Mi ha incuriosito la dicitura Semantic Web che rimanda alla Semantica, una scienza che studia (per dirla semplice) il significato delle parole. Disciplina complessa, affascinante e che non si finisce mai d’imparare.
Nel mondo virtuale la semantica assume una connotazione comunicativa tra lo scrivente e divulgatore di contenuti e il motore di ricerca, Google. Più l’uso delle parole è corretto e pertinente più l’emissione e la ricezione del messaggio diventano efficaci e comprensibili in una conversazione. Conversazione che è capace di rendere autorevole un sito non solo per il motore di ricerca ma anche per chi usa lo stesso per ottenere informazione, conoscenza, scambio.
Non ho ancora ben capito cosa voglia dire trust nel mondo digitale e mi lascia un po’ perplessa l’abbinamento di parole che rimandano a due mondi completamente opposti (ma non per questo non complementari) come il Marketing Emozionale.
Come si fa ad aiutare le persone a scegliere le informazioni in modo facile, tenendo conto delle loro emozioni? Probabilmente è stato ampiamente spiegato nel corso dell’Inbound Strategies ma faccio fatica a trovarvi una chiave di lettura che mi permetta di comprenderne appieno le potenzialità.
Nel mio immaginario vedo il marketing come una disciplina capace di individuare un mercato rispondendo a domande e generando offerta, gioca sui bisogni materiali ma per i bisogni emotivi la cosa si fa complicata perché non sono identificabili, classificabili, prevedibili.
Le emozioni sono un po’ bastarde e il professionista che lavora su di esse – con l’intento di creare fiducia e, alla fine, vendere – ha un bel da fare per non rimanere invischiato in un circolo vizioso fatto di incognite, volubilità, percezioni. Era su questo che si voleva mettere l’accento ricordando che la comunicazione persuasiva non si può applicare standard?
In seguito ho retwittato spezzoni di frasi che mi davano informazioni utili su come rendere autorevole un sito e parole come:
- target,
- semplicità,
- velocità,
- call to action (invito all’azione)
- monitoraggio,
- link building (tecnica per incrementare link in ingresso a un sito)
- keyword e
- tone of voice
scorrevano velocissime dal profilo di Cora al mio.
Parole poi riportate a mano, in modo più lento, su uno dei tanti block notes di cui amo circondarmi (oltre ai libri). Ho cercato di ricostruire il contesto in cui hanno viaggiato i tweet in modo da potermi sentire tra i partecipanti dell’Inbound Strategies.
Ci sono stati momenti in cui, invece di essere nel giardino di casa a leggere Classici per la vita di Nuccio Ordine, mi sentivo seduta tra il pubblico dell’evento digital ma, alla fine, la formazione che ne ho ricevuto è stata un po’ diversa perché mi ha portata a ragionare sull’uso dei social e a quale piattaforma sia meglio per documentare qualcosa che accade nella realtà.
Inbound Strategies: meglio su Twitter o su Facebook?
Una domanda che non mi sono mai posta più di tanto è come si usa Twitter. Perché? Perché negli ultimi tempi non lo uso proprio, se non per condividere i miei contenuti o quelli altrui, scambiare qualche grazie, seguire persone che sanno usare bene questo strumento.
Rimango ancora fortemente ancorata all’idea che Twitter sia come un bar all’interno del quale si svolgono diverse conversazioni.
Io mi siedo al mio tavolino, mi bevo il caffè, leggo il libro del momento e mi isolo in esso. Mi piace leggere nel brusio, mi fa compagnia e poi non ho molta difficoltà a trovare il mio silenzio interiore se, a farmi da guida, è il testo che scorre sotto ai miei occhi. Facendo retweet dell’Inbound Strategies, mi è sembrato di essere lì.
Non avevo mai seguito un evento in questo modo e mentalmente mi sono appuntata queste cose:
- scegliere di seguire un account specifico che parlerà dell’evento che mi interessa e da qui
- retwittare da altri account per integrare le informazioni mancanti.
- Infine, alternare tweet testuali con tweet visuali per far in modo che i frammenti informativi fossero sensati e armoniosi.
Questo mi ha consentito di usare Twitter senza avere l’impressione di perdermi in un mare di informazioni discordanti.
Per gli eventi live, Twitter è perfetto se hai un punto di riferimento da dove partire. Cora lavora molto bene in questo senso, twitta tanto e sa scegliere i punti fondamentali degli speech da condividere. In questo modo io ho potuto seguire l’evento per ordine e, sempre per ordine, ho ricondiviso sul mio profilo come se fosse un quaderno di appunti.
Su Facebook non è la stessa cosa. Scorrendo la home del social dei social ho notato che alcuni lo utilizzano con i meccanismi tipici di Twitter. Tanti micro post a ripetizione che però mi portavano più al profilo di chi condivideva che al leggere il contenuto pubblicato. Un uso che probabilmente è ottimo per richiamare attenzione più su chi documenta l’evento e che sul cosa si sta dicendo all’interno di esso.
Le conversazioni su Facebook avvengono nella forma di post singolo attorno al quale si crea un gruppo di interlocutori. La prospettiva comunicativa è diversa e fare tanti post in stile Twitter su Facebook potrebbe generare l’effetto contrario perché cambia il punto di riferimento passando dal cosa al chi.
Twitter e Facebook funzionano in modo diverso e per questo vanno tenuti separati.
Nel primo è centrale l’evento e assume forma completa e comprensibile riunendo i frammenti informativi in punti (account) circoscritti, nel secondo la condivisione di micro contenuti porta attenzione al profilo di chi pubblica ma, allo stesso tempo, è come se l’evento passasse in secondo piano e si disperde.
Nel secondo caso, forse è meglio creare un unico post che riassuma l’evento, come è accaduto una volta conclusosi il Seo & Love a Verona. Molti, infatti, hanno scritto delle loro emozioni, di serate passate insieme, di paure da palcoscenico, giubbotti gialli e bellezze della città creando una vera propria miscellanea narrativa in chiave digital.
In conclusione, Twitter e Facebook mi sono sembrati gli strumenti migliori per trasportare nel mondo digitale ciò che avviene nella realtà e comprenderne i meccanismi comunicativi mi ha concesso di seguire l’Inbound Strategies in modo abbastanza completo.
Dico abbastanza perché il non essere a Milano fisicamente mi ha lasciato comunque una piccola punta di malinconia e, per la prima volta, il digital non ha accorciato ma sottolineato una distanza difficile da definire ma che è pur sempre una distanza, seppur addolcita dagli #ScattiDiCaffè condivisi da Sara Daniele.
Questo è stato il mio (non) Inbound Strategies. Anche tu hai seguito l’evento attraverso questi social? Come ti è sembrato?
Photo Credits: immagini di Davide Esposito.
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