Dopo Trainspotting di Irvine Welsh approdo al suo ultimo lavoro, L’artista del coltello. In questo romanzo torna la figura di Franco Begbie il quale, da delinquente violento e fuori controllo diventa un artista di successo e un padre e marito modello.Un esempio di redenzione, o no?
Su questo dubbio parto per commentare il libro di oggi che farà da filo conduttore con i libri scoperti a Pordenone Legge con i buoni propositi di lettura raccolti nel #BookDreams2017.
L’artista del coltello di Irvine Welsh: qualche accenno sulla trama
Se Trainspotting è un libro che ruota attorno alla droga e a una rabbia anti sociale da parte di un gruppo di sbandati, L’artista del coltello si concentra solo ed esclusivamente su un unico individuo, irrazionale e completamente fuori controllo. Begbie, appunto.
Franco ha scontato il suo debito con la società trascorrendo, in pratica, tutta la sua gioventù chiuso in un qualche carcere. Durante gli ultimi anni della sua redenzione, è stato abbastanza furbo da cogliere un’opportunità che si chiama Melanie. Una bella, ricca e colta californiana desiderosa di reintegrare in società quelli che sono considerati veri e propri rifiuti utilizzando l’arte come forma di terapia. I due s’innamorano, si sposano, hanno due figlie.
Lui sembra essersi liberato da una vita violenta e rabbiosa. Ha assunto un aspetto umano mentre quello bestiale viene incanalato nella creazione di statue in creta di personaggi celebri. Il fascino di queste creazioni non sta nell’esatta riproduzione del soggetto ma nelle creative soluzioni che Begbie adotta nel sfregiare e mutilare corpi e volti. Sono opere macabre che, nella sua nuova vita, vengono considerate vere e proprie opere d’arte.
“-L’arte vale soltanto quello che la gente è disposta a pagare. Tu ti sei inserito in un clima. Hai talento.-
Il mio talento era far male agli altri. Era quella che sfogavo, la voglia di fare del male a un altro essere umano. – “
Tutto sembra andare bene poi il passato squilla e Franco si trova costretto a tornare in Scozia, per partecipare al funerale del suo primogenito, Sean, assassinato dalla malavita di Edimburgo.
L’artista torna a casa e si trova a fare i conti con i demoni (definirli fantasmi sarebbe un po’ troppo semplicistico) del suo passato. Durante il suo soggiorno, parenti e vecchie conoscenze le studiano tutte per far emergere in lui il vero Begbie, quello che par essere morto e sepolto nell’immagine dell’artista americano di successo Jim Francis.
L’artista del coltello di Irvine Welsh: l’evoluzione della violenza
L’artista del coltello parla di un individuo catalogato fin da bambino come un criminale violento a causa della famiglia di appartenenza e della dislessia.
Tanti dei crimini e degli atti di violenza dei quali Begbie si macchierà, una volta raggiunta l’età adulta, possono essere ricondotti a un modello educativo deviato e a una difficoltà di apprendimento che nei tempi in cui vive ancora non si conosce e viene derisa e indicata come handicap.
Il primo modello di riferimento è rappresentato dal nonno Joke, un ladro, un ubriacone e un assassino, il quale insegna al nipote più ad incutere paura e terrore negli altri che porsi come guida nel costruire un percorso di crescita fondato su fiducia e rispetto.
La rabbia feroce di Begbie viene poi fomentata all’interno dell’ambiente scolastico a causa della sua dislessia che gli impedisce di decodificare i segni grafici che compongono un testo. Un disturbo, diagnosticato verso la fine dell’Ottocento, che si inasprisce con un sistema educativo antiquato e volto più a correggere tramite umiliazioni e punizioni corporali che a formare con un piano di studi e di sostegno adeguato.
Il fascino de L’artista nel coltello sta tutto nella critica che viene fatta ai meccanismi che regolano il funzionamento di istituzioni educativo/formative (la scuola) e contenitivo/correttive (le carceri). È sullo sviluppo di questi temi che si comprende il percorso di Begbie e le scelte con cui Irvine Welsh costruisce il profilo psicologico dei suoi personaggi:
“Io vedo la gente così. Non esiste il buono e il cattivo separati. Quello che mi interessa è vedere questi personaggi vivere dei momenti difficili dove, di solito, si è portati a prendere delle decisioni stupide che portano a delle reazioni a catena. Mi interessa questa interfaccia tra la tensione interiore e i comportamenti esterni”.
L’artista del coltello, rispetta il senso della citazione di Camus che apre la narrazione:
“L’uomo è l’unica creatura che rifiuta ciò che è”.
mostrando, forse, l’unico essere umano che non rinnega la sua natura ma che, per proteggere la maschera di rispettabilità e di redenzione che si è costruito, ha imparato a incanalarla e a dissimularla.
In pratica, Begbie ha ricevuto, grazie alla moglie Melanie, quegli strumenti che gli sarebbero stati utili in gioventù non per prendere coscienza di sé, ma per nasconderlo meglio all’esterno. In questo senso, la menzione ad Arancia Meccanica è pertinente.
L’artista del coltello non è una storia di redenzione. Solo una raffinata evoluzione nel modo di perpetrare dolore e violenza che da impulsiva e incontrollata diviene premeditata, e per questo più oscura e inquietante.
Autore: Irvine Welsh
Titolo: L’artista del coltello
Titolo originale: The Blade Artist
Traduzione: Massimo Bocchiola
Casa editrice: Guanda
Pagine: 285
Anno di pubblicazione: settembre 2016
Prezzo di copertina: € 18
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