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Lettera allo scrittore di Cristina Saracano: alla scoperta di Sebastiano Vassalli

10 Gennaio 2017
Lettera allo scrittore Sebastiano Vassalli di Cristina Saracano

Questa volta è il mio turno di ospitare una Lettera allo scrittore e torna di nuovo la voce di Cristina Saracano, una lettrice che ho avuto il piacere di conoscere da poco sui social e che ha già raccontato quello che ha provato nel leggere la poetessa Alda Merini su Il Mondo di Athena.

Con una punta di vergogna, ammetto di non aver letto nulla di Sebastiano Vassalli ma non è mai troppo tardi per scoprire questo scrittore nostrano, tanto amato dalla mia ospite.

Il problema è, da quale dei libri menzionati comincio? Cristina ne parla così appassionatamente che non so proprio decidermi! Ma forse, anche tu come me, troverai una risposta alla fine di questa lettera. 😉

Sebastiano Vassalli (via Pinterest)

Sebastiano Vassalli (immagine via Pinterest)

Caro Sebastiano,
mi viene spontaneo darti del tu, come se ci conoscessimo da sempre.

La malattia più temuta dei nostri giorni ti ha portato via un anno e mezzo fa e io mi rammarico di non poterti dire tutto ciò personalmente.

Era il 2012 quando ho letto il tuo libro più noto La Chimera. L’ho fatto in breve tempo interessandomi a un’epoca storica di cui io conosco poco o niente. Una volta terminato, ho riletto qualche pagina qua e là, come mi succede quando mi affeziono a una storia e me la voglio sentire sempre addosso.

Anch’io vivo in Piemonte, in una città tra due fiumi, in mezzo alla nebbia. Forse anche per questo ho apprezzato molto La Chimera. La nebbia nasconde i volti delle persone, sta a quelli bravi come te riportarli alla luce. Nessuno avrebbe saputo nulla di un personaggio marginale come la protagonista Antonia, ragazza del Seicento processata e condannata come eretica, se non ci fossi stato tu, abile scrittore, a raccontarci di queste vicende nella pianura novarese di banditi, schiavi, orfani abbandonati che riaffiorano dall’umidità del fiume Sesia e si muovono ai piedi di quel gigante buono, da tutti conosciuto come il Monte Rosa.

Anche in Io Partenope racconti la vera vita di una predicatrice considerata eretica per il suo modo di pregare e di insegnare la religione in una Napoli del Seicento, sorda e muta alle innovazioni.

Proseguendo nel tempo, con Marco e Mattio ci descrivi gli ultimi anni del Settecento nel Veneto, i protagonisti sono i contadini, i poveri, gli ultimi, quelli che non si trovano sui libri di storia, ma che hanno fatto la storia.

Hai anche scritto dell’Italia dell’Ottocento e di Dino Campana, poeta incompreso, indifeso, hai parlato di manicomi e di Belle Époque, che poi sarà stata così bella?

Con Il Cigno ti sei anche occupato di mafia, scrivendo di un grande processo.

Mi piacciono le tue storie perché parli dell’Italia agli italiani.

Hai dato, attraverso documentazioni, ricerca e un po’ di fantasia l’immagine del paese dove siamo nati, dove viviamo e che chi è costretto a lasciare, comunque non dimentica.
Hai raccontato del nostro disordine, fatto anche di storie perdute negli scantinati delle biblioteche, che fortunatamente, uno scrittore bravo ritrova, lavorandoci con fattivo impegno e riuscendo a costruirci una storia.

Hai parlato di religione e di come si sia impossessata della nostra Italia e delle persone, condizionandone il comportamento per centinaia di anni.

Hai risvegliato le paure, le menzogne, gli inganni e la corruzione di secoli prima per farci capire meglio il presente.

Lo so, lo hai fatto per tutti noi, per aiutare gli italiani.

Se leggendoti, riuscissimo a comprendere tutti gli errori e quindi a non ripeterli, sarebbe come in un giorno di primavera, veder risplendere il sole.

Poter ammirare tutto il monte Rosa nella sua maestosità.

Come una chimera.

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