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Musica e vita: dall’ascolto di Ludovico Einaudi alla visione di Florence

9 Gennaio 2017
Musica e vita: dall'ascolto di Ludovico Einaudi alla visione di Florence

A partire da questa introduzione ho perso il conto di tutte le volte che ho scritto e riscritto questo post ma ti posso dire che ci ho messo due giorni per dargli una parvenza di senso mettendoci dentro due momenti:

  1. la visita al lago di Ragogna e San Daniele e
  2. la visione del film Florence,

Sono momenti che potrebbero determinare l’andamento di questo 2017 appena iniziato.

Non è un post dove ti racconto i miei buoni propositi ma la linea riflessiva è sempre quella quindi, fai un’opera pia… leggimi e, sempre se hai tempo, fammi sapere la tua opinione nei commenti.

Capodanno: gita al lago di Ragogna e San Daniele sulle note di Ludovico Einaudi

Ho trascorso il Capodanno facendo una passeggiata al lago di Ragogna e San Daniele. Non c’ero mai stata (e pensare che è, al massimo, a mezz’ora, da casa mia). Avevo bisogno di qualcosa che mi permettesse di lavar via la mole di inquietudini, ansie e pensieri che non mi avevano fatto dormire una volta conclusi i festeggiamenti del passaggio dal vecchio al nuovo anno. Ok, forse era anche un problema di digestione, ma non diciamolo a nessuno.

La vista del lago mi ha entusiasmata e, allo stesso tempo, rattristata per l’immobilismo glaciale in cui riposava. Mi ha colpito la vista di un mattone (unico elemento dissonante in un contesto naturale) che se ne stava incastrato metà fuori, metà dentro il quale, invece di causare un punto di rottura, era diventato parte integrante del contesto.

“È strano vedere l’acqua ferma, è tutto così immobile che sembra di stare dentro una fotografia” – ha detto il mio compagno.

Non ho potuto fare a meno di fare un parallelismo tra quello che vedevo e la rete. Il lago è diventato il contenitore e io e il mio compagno eravamo i dettagli dello stesso. Pur rimanendo fermi ad osservare, non abbiamo potuto fare a meno di seguire l’impulso di smuovere la fissità nella quale eravamo immersi e così abbiamo cercato sullo smartphone qualche composizione di Ludovico Einaudi. Una volta iniziato il suono del pianoforte ho provato un momento molto particolare.

Lago di Ragogna e San Daniele

Un attimo molto strano e molto bello nel quale ti sembra di Sapere, di avere una chiara coscienza di te stesso, degli altri, del mondo che ti circonda. Ti sembra di riuscire a scorporare tutti gli elementi circostanti e a leggerli dandogli un senso completo ma, comunque, impossibile da decifrare e che puoi solo ascoltare. Ed è solo allora che ciò che appare fisso e immobile fluisce nel cambiamento.

È proprio vero che la musica è l’arte perfetta, riesce a illustrare l’esistenza, la vita, con una precisione e un’intensità impossibile da rendere a parole. Il mondo è il contenitore, la vita è il contenuto, la musica è il ponte tra le due cose. Anche se si disperde nell’aria lascia sempre una traccia dentro chi l’ascolta e ci fa sentire vivi.

Forse è per questo che qualche giorno dopo sono andata al cinema per vedere Florence con Meryl Streep e Hugh Grant, attori che apprezzo molto, soprattutto per quanto riguarda il lavoro che hanno fatto nell’interpretare i personaggi narrati ne La mia Africa di Karen Blixen e in Un ragazzo di Nick Hornby.

Vedere il film Florence: tra musica, spettacolo e steccate di canto

“La musica è la mia vita”

Con questa breve, semplice e, apparentemente banale frase della mecenate ed ereditiera Florence Foster Jenkins interpretata da Meryl Streep.

Tratto da una storia vera, Florence è un’articolata e bellissima metafora della vita e della morte.

La protagonista è una donna generosa nel finanziare la scena musicale di New York (Uh, a proposito, hai mai letto New York Blues di Cornell Woorlich?) e che combatte la sifilide e lo spettro della morte cantando, pur non possedendo alcuna abilità canora.

All’inizio è un po’ difficile entrare nel vivo della narrazione cinematografica. Lo stile di recitazione mi è parso molto teatrale, forse per sottolineare l’eccentricità dei personaggi interpretati o, al contrario, per mostrare con quanta passione certe persone possono essere devote alla vita nella sua essenza.

È l’Arte che imita la Natura caricandola di orpelli fittizi per rendere più sopportabile il momento della Morte o il contrario? (L’incubo dell’esame di Estetica è tornato a tormentarmi, credevo di aver risolto questo rompicapo da mal di testa con un pratico e semplice Bignami…)

Quesito filosofico/esistenziale/estetico a parte, per quanto la rappresentazione di Florence fosse eccentrica, plateale e innaturale a tratti mi è parsa di una autenticità e spontaneità commovente.

Florence il film (via Pinterest)

Florence (via Pinterest)

Ok, ma tutto questo cosa c’entra con la musica, il contenuto e il contenitore e il senso della vita? Secondo me c’entra nel momento in cui Florence parla di quello che ha provato ascoltando la soprano Aida Garifullina:

“Ci pensi che sensazione incredibile? Tenere tremila persone nel palmo della mano? E condividere tutto questo?”

Condividere. È su questo verbo che ho concentrato l’attenzione e la chiave di lettura di questo film. Ecco quindi:

• il contenitore, la vita e la rappresentazione della stessa.
• i contenuti, ovvero le persone che interagiscono fra loro alla ricerca di qualcosa (molto spesso denaro dalla mecenate per finanziare i sogni di chi produce arte musicale)
• il ponte, cioè Florence stessa.

La condivisione è come un ponte, permette il passaggio dal falso al vero e dal vero al falso e, malgrado questa continua mescolanza e confusione di contenuti e di contenitori, diventa un filo diretto con l’essenza stessa della vita.

Florence non sa cantare ma sente comunque il desiderio di condividere sé stessa, di fare da filo conduttore per la musica. Il marito, pur essendole infedele, le è devoto a tal punto che paga e corrompe pur di farle realizzare il suo sogno, perché ne comprende le sofferenze e i bisogni che stanno dietro a questo desiderio di vivere da protagonista. Quando lei sta per salire sul palco della Carnegie Hall, viene colta dalla paura (e chissà, forse anche dal sospetto di non avere alcuna abilità canora) lui e il pianista McMoon sono gli unici a sostenerla e ad appoggiarla, uno per amore l’altro per amicizia.

Sul finale, Florence si espone e canta, causando l’ilarità generale di un pubblico che non riesce a vedere la persona che è ma sente ciò che non sa fare, trovandolo comico. Ha un attimo di cedimento e accade qualcosa di inaspettato che permette di ristabilire un certo ordine delle cose e non è solo un ponte a cantare, ma la vita stessa.

Non è detto che l’essenza della vita sia un’armonia priva di steccature ed è su questa idea che le ultime parole di Florence acquisiscono senso:

“Potranno dire che non so cantare, ma non che non ho cantato!”

P.S. Tornando al lago di Ragogna e San Daniele, quando sono scesa dall’altana e ho voltato le spalle al lago ho sentito un suono sgraziato che ricordava delle interferenze radiofoniche. Da un punto dello specchio d’acqua degli uccelli avevano spiccato il volo e, seguendo parte del perimetro, hanno raggiunto il punto opposto emettendo quegli strani versi. Erano cicogne.

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