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Informazione e cultura: come sarà il web tra 10 anni?

12 Dicembre 2016
Informazione e cultura: come sarà il web tra 10 anni? (immagine via Pixabay

Visto che mi sono trovata bene al corso Da zero a blogger l’idea di sedermi a un tavolo per un caffè e quattro chiacchiere con insegnanti e compagni d’avventure, in bilico tra realtà e virtualità, mi piaceva troppo per dare forfait.

La sera del 30 novembre, dopo aver girato in tondo per tre volte alla ricerca di un parcheggio, sono quindi tornata a Casa Giacomuzzi Moore, sede dello spazio Oblò.

Mentre mi facevo valere con il piatto carico di patatine in sacchetto che avevo di fronte, Fabio ha lanciato un tema di discussione:

“Cosa e come cambierà il web e il suo utilizzo nei prossimi 10 anni?”

… la domanda era più complicata di così e, anche se si è cercato di semplificare attraverso dei mattoncini di Lego per trovare delle possibili risposte, il tema base è andato comunque a frammentarsi in mille altri dubbi e scenari. Con pazienza certosina ho pensato di raccogliere tutto qui, in questo post.

Leggerlo, magari, potrebbe darti conferme o ispirarti nuovi quesiti. Chissà…

Storytelling Caffè: aspettative future e discorsi apparentemente fuori tema

Nel momento stesso in cui Fabio ha lasciato andare il tema, a me è venuto in mente il libro di Rudy Bandiera intitolato Rischi e opportunità del web 3.0.

Ho realizzato anche che, oltre al fatto che stiamo vivendo una vera e propria rivoluzione digitale dove reale e virtuale si mescolano e si integrano sempre più, del libro mi sono rimaste impresse di più delle previsioni partite già negli anni ‘80 con film di fantascienza come TerminatorA.I. – Intelligenza Artificiale (quest’ultimo più recente, inizi del 2000, se non ricordo male).

Film che mi avevano affascinata e anche traumatizzata perché, per quanto inverosimili fossero gli scenari ipotizzati, non erano poi così distanti dalla realtà. Mi sono ricordata anche che in prima media la professoressa d’Italiano aveva raccontato che nel giro di appena 10 anni, i computer avrebbero invaso tutte le case del mondo e tutto sarebbe diventato più veloce, più semplice, più tutto.

Non so perché ma le mie sensazioni, allora, furono di preoccupazione. Quasi di paura. (Forse perché mi immaginavo il robot assassino di Terminator 2).

Il tema è vecchio come il mondo e gioca su una linea sottile su quanto l’essere umano possa evolversi senza dover per forza giocare a fare Dio. La tensione verso l’immortalità, il futuro, la sperimentazione è tipica della natura umana e le tecnologie attuali sembrano aver dato spazio e alimentazione anche all’ambizione di poter controllare l’incertezza dell’esistenza fisica acquisendo informazioni su informazioni; contenendole, catalogandole, manipolandole.

A scuola ho sentito spesso ripetere che la cultura è potere, sul web invece il potere proviene dalle informazioni e dalle capacità dell’uomo di gestirle con strumenti sempre più sofisticati, dal computer di base al social network che si sceglie di abitare.

Non so te, ma a me tutto questo fa paura. Una sensazione difficile da definire che fa capolino nel mio neurone agitato quando sento che Google sta investendo su aziende interessate alla vita eterna mentre Facebook si ridefinisce in continuazione, attuando scelte volte a contenere l’umanità che lo popola e limitando il più possibile l’uscita verso l’esterno, e altre piattaforme.

Il web è già futuro, la percezione che io ne ricavo è che non vi sia il tempo per far sedimentare un passato, né un punto fermo dove sostare nel presente, per osservarlo scorrere. Con queste premesse, è difficile fare delle previsioni di qui a un’ora, figuriamoci tra dieci anni…

I punti fermi, i punti saldi. Ecco forse è questo il senso e il ruolo fondamentale delle relazioni virtuali, fare da ancore di salvataggio in tutto questo mare di opportunità, e di rischi. Le relazioni determinano la rete ma questo non ha portato alla conclusione dell’incontro targato Storytelling Cafè e sono sorte altre domande, altri mattoncini di Lego da incastrare.

“Cosa vuol dire fare rete?”

Sono saltate fuori parole come relazioni sociali, cultura, memoria e informazione, blogging e personalità (e anche Personal Branding). Parole che invece di dare risposte hanno generato ulteriori domande e discorsi apparentemente fuori tema.

“Gli amici su Facebook sono reali o virtuali?”

Lo si può appurare solo incontrandoli di persona, cercando quelle conferme che sulla rete vengono solo percepite, intuite.

In un continuo scambio tra virtuale e reale, ciò che più colpisce non è tanto la capacità del web di far incontrare persone geograficamente lontane ma vicine nei sogni, negli interessi, negli obiettivi umani e professionali, ma la possibilità di trovare conferme e punti d’incontro tra il mondo fisico e reale e quello effimero e virtuale.

Eventi come Web su Carta e il Mashable Social Media Day sono stati per me importanti non solo perché potevo vedere persone in carne ed ossa con le quali interagisco abitualmente ma perché ho avuto la possibilità di riconoscerle, e di riconoscere parti di me stessa in loro.

Il web ci permette di vedere, il mondo reale di riconoscere.

Ma poi ci si è domandati il motivo per cui le persone raccontano le loro cose più intime e personali sui social mentre, nella realtà, mantengono il riserbo con amici e parenti o li informano solo dopo aver postato, pubblicato condiviso.

Esibizionismo? Voglia di mostrarsi pensando che la schermata di un pc o di uno smartphone siano sufficienti per non essere, paradossalmente, visti o presi per matti? O forse perché nel mondo reale, mettersi in piazza a raccontare o raccontarsi potrebbe essere un comportamento stravagante, come quello di Tamburino Filippetti? Quanto personale deve essere un blog? Quante e quali maschere si possono indossare sul web (se ce ne sono) rispetto a quelle confezionate per la vita vera, di tutti i giorni?

A parte l’ansia che ispirano queste domande, per quanto mi riguarda non vi è un limite alla spontaneità o alla costruzione di un’identità fittizia e artificiale. Si può essere personali tanto quanto lo si reputa (o lo si senta) necessario.

La bicchierata di fine novembre mi ha fatto capire che ci metto tanto di mio, in ogni post che scrivo, ma per quanto possa sembrare strano, non racconto tutto perché la mia libertà finisce nel momento in cui inizia quella altrui e viceversa. I confini tra ciò che è buono condividere e ciò che non lo è ci sono, a prima vista non si notano, ma ci sono.

La percezione che si ha dell’esporsi per veicolare un messaggio o anche solo per divertire, è relativa. La percezione che ho di me è diversa da quella che hanno gli altri e, a volte, mi sembra di essere alle prese con un rompicapo troppo complesso da risolvere definitivamente.

Se la rete è liquida, lo è anche la personalità di chi vi si muove e la utilizza come strumento, di svago o professionale e questo va a modificare anche le differenze tra vita privata e vita pubblica, intaccando anche la concezione comune di privacy.

Sul web non esiste la privacy intesa come luogo sicuro e inespugnabile dove potersi rifugiare quando ci si sente feriti o attaccati dagli altri. Più tempo vi passo e più mi sembra che questo concetto abbia delle similitudini con valori come la fiducia, il rispetto e la capacità degli individui di mantenere il riserbo su determinati aspetti della vita di altri, al di là di simpatie e antipatie.

Se si possiede un minimo di responsabilità e buon senso nelle relazioni instaurate sia nel mondo reale sia nel mondo virtuale, allora si può ben sperare anche per la sopravvivenza della privacy la quale, peraltro, rimarrà sempre incerta tanto quanto l’essere umano è fallibile e imperfetto.

Ad ogni azione segue una conseguenza. Sul web si eseguono migliaia di azioni, si possono intuire alcune conseguenze ma prevederle…

Pechino, in un dipinto della dinastia Ming (immagine via Wikipedia)

Pechino, in un dipinto della dinastia Ming (immagine via Wikipedia)

Il Web tra dieci anni? Dipende dagli schemi che si costituiranno

Ora come ora il web è fonte di informazioni e ci si sta muovendo per gestirle e controllarle sempre meglio per mezzo di macchine potentissime, che non si stancano mai di assimilarle, rielaborarle e produrne di nuove, gli esseri umani.

Pensavi ai computer e agli smartphone? E invece no, il futuro del web saranno sempre gli uomini e le donne che lo abiteranno e ne usufruiranno.

Quello che mi appassiona e incuriosisce sono gli schemi e le modalità con le quali si determinerà un nuovo tipo di cultura, quella digitale.

Anni fa sono andata a Treviso per visitare una mostra dedicata all’antica Cina, mi pare si chiamasse La via della seta: nascita dell’Impero Celeste e ciò che mi rimase impresso furono le chiavi con le quali i mercanti potevano accedere alla Città Proibita e la spiegazione del perché la città stessa fosse strutturata in quel modo.

Se non ricordo male, il cuore dell’impero riproduceva in terra e nella realtà fisica il mondo degli dei e degli antenati. Era la mappa della cultura di una civiltà complessa, articolata e molto molto affascinante. Compito degli uomini era di rispettare l’ordine così costituito imparando a comprenderne i nodi e le connessioni su cui potevano o dovevano muoversi per rispettare un destino già tracciato.

La preveggenza, la divinazione, non stava nell’anticipare un futuro lontano, ignoto e regolato dall’alto (come da cultura occidentale) ma nel saper leggere il presente adeguandosi e adattandosi ad esso.

È questo quello che mi affascina del web, con quali modalità di ragionamento ci accostiamo alla rivoluzione tecnologica che stiamo vivendo? Alla maniera occidentale, partendo per assoluti causa – effetto, vero – falso, Essere – non Essere? O alla maniera orientale, cercando le analogie, le interazioni che si creano tra la realtà fisica e quella virtuale? La cultura digitale porterà all’equilibrio tra due polarità creando un terreno dove ognuno avrà il suo posto e la sua realizzazione?

Credo di essermi posta questi quesiti anche quando ho buttato giù le prime (noiosissime) parole che aprono le paginette conclusive della mia tesi di laurea magistrale:

“L’interesse ad avviare uno studio comparativo polare su due civiltà antichissime come quelle della Grecia e della Cina nasce da una curiosità che mira a ricercare una sintesi culturale universale attraverso il prisma del percorso binario” – Pensiero causale e pensiero correlativo. Due culture a confronto.

Una tesi stranissima per il mio percorso di studi universitario perché mi sono trovata costretta a rivedere il passato e ad addentrarmi in temi che non mi competono ma mi incuriosiscono.

È la ricerca, la voglia di sciogliere dubbi e formularne di nuovi che mi esalta e mi diverte.

Questo blog mi consente di fare questo. Qualche volta non sono nemmeno tanto sicura di quello che scrivo perché pensiero e scrittura corrono su due binari paralleli ma a velocità sfalsate, ma mi ci imbarco lo stesso. Sia mai che lungo il percorso non riesca a trovare la mia metà di chiave, come quella che i mercanti orientali avevano quando volevano accedere alla Città Proibita, il punto di arrivo e di partenza della conoscenza. Il luogo su cui un esploratore occidentale scrisse meraviglie, arricchendo la sua propria cultura di appartenenza, Marco Polo.

Se vogliamo prevedere il futuro, ogni tanto ci dobbiamo immergere nel passato mantenendo un piede nel presente. Io provo a fare questo leggendo ma a volte mi rendo conto di trovarmi di fronte a un’impresa che sembra al di fuori delle mie possibilità e/o competenze. È come se avessi davanti l’immagine di uno scarabocchio dal quale traggo una linea alla volta, per mettere ordine e avere una visione del mondo chiara e completa.

Farlo da sola è più complesso e faticoso di quanto avessi previsto, ma diventa più semplice nel momento in cui tu mi leggi fino in fondo. Perché mi stai aiutando, forse senza volere, a vedere da un’altra prospettiva con i tuoi commenti o anche solo apprezzamenti.

A proposito, secondo te, come sarà il web tra 10 anni? E come cambierà il modo di preservare e veicolare informazioni e cultura?

Photo Credits: immagine in evidenza via Pixabay

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2 Comments

  • Reply Federica Segalini, copywriter 12 Dicembre 2016 at 10:46

    Davvero un bel post Rita, ricco di spunti importanti. Grazie per averlo scritto!

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