Finalmente ho concluso la lettura de L’effetto Susan di Peter Hoeg ma, sono ancora in una fase in cui sto cercando di capire se mi è piaciuto o meno.
Oggi spiego il motivo di questa incertezza.
Pordenone Legge 2016 e l’incontro con Peter Hoeg
Nel post riguardante gli incontri con l’autore a Pordenone Legge 2016 ho scritto che Peter Hoeg è forse lo scrittore che mi ha colpito di più, per la calma che irradiava dalla sua persona e per il coraggio espresso nel buttare 2000 pagine di materiale, scritto a mano.
Quando gli è stato chiesto come avesse trovato la strada per la storia di Susan mi è piaciuta anche la metafora del seme della creatività che mette radici mentre racconta altro e che si sviluppa in un secondo momento.
Ho avuto l’impressione che il modo di lavorare di Peter Hoeg sia molto naturale, ciclico e scandito da tempi molto lunghi. Ciò che conta non è tanto strutturare trama e intrecci narrativi, ma raccontare come determinati talenti possono svilupparsi, rimanendo in bilico sul confine che separa la finzione e dalla realtà.
“La scrittura di libri è una forma d’arte per entrare in contatto con personalità estremamente profonde. La mia ambizione era quella di creare uno spazio fisico dove esplorare il talento di Susan, quello di indurre le persone con le quali entra in contatto a raccontare le loro cose più intime, più segrete”.
Un artista, per fare questo, necessita di una sensibilità particolare e l’autore ha candidamente ammesso che le sue sperimentazioni narrative non nascono tanto dal desiderio di indagare su determinate questioni sociali per denunciare le incoerenze dei Paesi civilizzati ma dall’impulso a scrivere qualcosa che non sia verità assoluta e universale, ma vera per sé stesso e per il cuore di chi scrive.
“Le società moderne hanno perso un po’ della loro saggezza e la si cerca negli artisti. Nei miei libri non descrivo il paranormale ma mi concentro su dei talenti molto umani e molto speciali. Chi fa meditazione dice che viviamo in una realtà dalla quale ci possiamo svegliare. Io ho una sensazione diversa e, per me, l’arte svolge il ruolo di porta d’accesso a una realtà ancora più grande, allargata e complessa di quella che percepiamo”.
Queste affermazioni mi hanno acuito la mia curiosità nei riguardi de L’effetto Susan ma, una volta che ho cominciato a leggere, mi sono trovata in difficoltà.
#Leggere L’effetto Susan di Peter Hoeg: una realtà fisicamente evanescente
Susan è una scienziata, suo marito Laban è un pianista affermato e poi ci sono i gemelli, Thit e Harald. Nel complesso, si parla di una famiglia apparentemente perfetta che si trova però invischiata in qualcosa di poco chiaro in India e, per non perdere la facciata di perbenismo della quale è ammantata, si trova a dover indagare su qualcosa di oscuro come la Commissione del Futuro.
Ci saranno omicidi e corse contro il tempo e riflessioni su come Susan percepisce la realtà nella quale è circondata, come le viene rivelata dagli altri grazie al suo talento:
“Siamo immersi in una specie di musica d’ambiente, Laban. E non è solo qui, è ovunque in questo paese, l’ho sempre sentita. È una canzonetta che dice che va tutto bene, che possiamo prendercela con calma, che i nostri bisogni sono soddisfatti. Qualcuno si occupa del nostro benessere, le meraviglie non hanno fine, dobbiamo solo rilassarci e goderci la vita. È un canto di sirena. Deve farci dimenticare che viviamo in una finestra temporale molto breve. Deve farci dimenticare una fase più profonda. Ma con me non funziona, Laban. Io ho sempre fame”.
Per tutto il tempo in cui ho seguito i pensieri e le gesta di Susan ho, in un certo senso, subito il suo effetto. Ne parla in continuazione. Non c’è un capitolo in cui Peter Hoeg non racconti quanto questo talento abbia influenzato le sue scelte di donna, di moglie, di madre, di scienziata, di tutto. Tuttavia, più cercavo di capire come funzionasse questo talento e più tutto mi appariva confuso e sfuggente.
Non c’è mai stato un momento in cui non abbia provato simpatia per Susan però, in alcuni passaggi la trovavo un po’ pedante, con i suoi film mentali e il bisogno di elencare al lettore tutti personaggi e tutte le leggi, gli studi e le scoperte teoriche e pratiche in campo scientifico. Dopo un po’ mi risultava pesante anche il continuo caricar informazioni su informazioni legate a esperimenti di laboratorio, incidenti diplomatici e insabbiamenti vari.
Non posso dire che non mi sia piaciuto perché il romanzo è coerente con quanto spiegato da Peter Hoeg. Racconta una realtà complessa obbligando il lettore a individuare e collegare da solo i punti di cose non dette.
Leggere L’effetto Susan mi ha lasciato perplessa perché il discorso di tutto l’impianto narrativo appare come frammentato e spetta al lettore il laborioso compito di trovargli una sua fluidità e scorrevolezza, di trattenere e catturare, per un attimo, una realtà fisicamente evanescente ma non per questo meno tangibile.
E tu? L’hai letto? Hai avuto le mie stesse sensazioni?
Autore: Peter Hoeg
Titolo: L’effetto Susan
Titolo originale: Effekten af Susan
Traduzione: Bruno Berni
Casa editrice: Mondadori
Pagine: 332
Anno di pubblicazione: settembre 2016
Prezzo di copertina: € 19
5 Comments
Purtroppo non conosco l’autore, ma sembra interessante 🙂
Nemmeno io lo conoscevo, prima. È molto particolare e, anche se l’effetto Susan mi ha lasciato un po’ perplessa, ciò non toglie che non mi dispiacerebbe leggere anche Il senso di Smilla per la neve. 😊
Dovrò chiedere se qualcuno nel gruppo di lettura lo ha letto e ce l’ha, così mi tolgo la curiosità!
Fammi sapere, sono curiosa! 😀
Certo!