In questi giorni, ancora un po’ stordita dalle emozioni del Mashable e dalla frenetica vitalità di Milano, non ho trovato il tempo o la tranquillità necessaria per eseguire il terzo esercizio carveriano.
Dato che però ci tengo a mantenere il canonico appuntamento settimanale con Pausa racconto, ho rispolverato un altro vecchissimo racconto scritto, più o meno, nello stesso periodo in cui pensai alla storia del cane e dell’insetto calcolatore. La prova narrativa di oggi però non ha a che fare con i sogni ma, con i desideri.
Spero ti piaccia e, buona lettura!
Pausa Racconto: quali sono i tuoi desideri?
“Mamma, guarda!” esclamò Mimì, appena svegliata dal pisolino pomeridiano.
Dalla finestra della sua stanza riusciva a vedere, al posto del sole, un enorme fiore bianco.
“Cosa c’è?”
“Un fiore immenso, al posto del sole!” ripetè Mimì “non vedi quanto è grande?”
“Tu sei sempre con la testa fra le nuvole, pensa a studiare che domani hai il compito di matematica e non ho voglia di firmare un’altra insufficienza!”
Mimì si ritrovò da sola, nella sua stanza. Guardò avvilita i libri aperti sulla scrivania. Non aveva nessuna voglia di fare quei noiosissimi esercizi e, mentre pensava se schiacciare o meno un secondo pisolino, la stanza si inondò di luce e apparve una scala di cristallo che portava dritta al centro del fiore luminoso.
“Vieni con noi…” disse una voce lontana.
La ragazza seguì l’invito, con un misto di paura e curiosità nel cuore. I gradini parevano infiniti ma procedette con costanza, fino ad arrivare a una imponente porta rosso fuoco. L’aprì e si ritrovò in una stanza vuota. Al centro, sul pavimento liscio e lucido, chiaro e cristallino, sedeva una bambina dai lineamenti orientali. Era vestita con un semplice kimono, dello stesso colore della porta e portava al collo un medaglione d’argento che girava e rigirava continuamente tra le mani. Sembrava stesse cercando una maniera per aprirlo…
“Chi sei?” chiese Mimì, scostando la frangetta bionda che le ricadeva sugli occhi azzurri.
La bambina non rispose. Ad eccezione delle mani, che continuavano a muoversi e a giocare con il medaglione, tutto di lei era immobile.
“Come ti chiami?” riprovò Mimì.
Niente. La fanciulla non sembrava essersi accorta della sua presenza. Allora Mimì fece per voltarsi e andarsene, ma la piccola disse:
“Sono la custode di questo fiore. Quali sono i tuoi desideri?”
Mimì tornò a guardare la bambina:
“Posso esprimere dei desideri?”
“Sì, ma solo se supererai delle prove. Se ci riuscirai, tutti i tuoi desideri diverranno reali!”
“Oh, e quali prove mi attendono?”
“Prima devi dirmi cosa desideri…”
Mimì aggrottò la fronte e poi sentenziò:
“Beh, vorrei essere bravissima a scuola e poi avere tantissimi soldi per potermi comprare tutto quello che voglio. Mi piacerebbe avere un ragazzo, anche…” all’ultimo desiderio arrossì un po’.
“Che noia, le solite cose” pensò la bimba prima di distendere il suo volto in un dolce sorriso e dire, alla sua ospite:
“Va bene, puoi passare!”

immagine via Pixabay
Una volta concesso il permesso di proseguire, la sala e la bambina sparirono per lasciar posto a un altro scenario. Mimì si trovò a percorrere un sentiero piuttosto ripido. Poggiava su una catasta di libri che saliva sempre di più e sulla cui cima c’era un topolino che scorrazzava da tutte le parti, senza sostare in un luogo preciso. Voltava le pagine freneticamente e sfiorava con i baffetti i caratteri che vi trovava, a volte grandi e arzigogolati, altre piccoli, minuti e quasi illeggibili. Con la coda dell’occhio vide Mimì avvicinarsi. Le andò incontro e, con una vocetta sottile sottile chiese:
“Qual è il primo desiderio che hai riferito alla custode?”
“Vorrei essere bravissima a scuola…”
“Ah!” esclamò il topino “Bene, molto bene. La cultura è potere. Molto bene” mosse i baffetti compiaciuto, si sfregò le zampette e poi cominciò a interrogare la richiedente:
“In che anno Colombo scoprì l’America?”
Scena muta.
“Mi reciti una poesia di Ungaretti? Una qualunque…”
Silenzio.
“Proviamo con qualcos’altro. L’H2O è la formula molecolare dell’…?”
Mimì scoppiò in lacrime. Non sapeva nulla di ciò che il topo le chiedeva il quale, spazientito, la liquidò con un:
“Non hai superato la prova. Dovevi studiare!”
per poi sparire tra carte, segnalibri e tomi che odoravano di muffa, d’inchiostro, di ricordi.
Mimì ancora piangeva quando il sentiero scomparve per tramutarsi in una landa desolata punteggiata, qua e là, da mucchi di materiali e strumenti diversi. Pronti all’uso.
“Il tuo secondo desiderio era di essere ricca, vero?” domandò un folletto al suo fianco. Alla cintura portava un borsello colmo di monete d’oro e d’argento. Le mani portavano anelli su cui erano incastonati smeraldi, rubini, diamanti e ogni tipo di pietra preziosa reperibile nelle viscere della terra.
Mimì annuì, intimidita.
“Sai costruire una casa?”
“No”
“Cucire e confezionare vestiti?”
Scosse la testa.
“Restaurare oggetti antichi? Raccontare storie? Curare malattie?”
“No, no e no.” ripeté Mimì.
“Beh, allora a che mi servi? Io non pago la gente perché passi il tempo a poltrire!” brontolò il folletto, allontanandosi.
Ormai la ragazza era a terra, le lacrime continuavano a sgorgare copiose dai suoi grandi occhi chiari. Qualcuno le mise in mano un fazzoletto. Quel gesto di gentilezza le veniva offerto da un ragazzo bellissimo, talmente bello da non sembrare reale. Era perfetto ma, quando Mimì aprì le labbra per dire qualcosa, lui alzò le spalle e disse:
“Non hai superato la prova, non ci si può innamorare di qualcosa che esiste solo nella tua testa e che non cerchi al di là del tuo mondo personale…”
E così, anche l’ultimo desiderio di Mimì sfumò riprendendo le sembianze della custode del fiore.
La ragazza guardò i delicati occhi a mandorla che la scrutavano curiosa e ammise di non aver superato alcuna prova. Era avvilita. E demoralizzata.
“Per essere brava a scuola, devi studiare. Per diventare ricca, devi darti da fare e lavorare. Per trovare l’amore, devi aprirti alla possibilità della ricerca…” disse la custode, con dolcezza.
“Ma, allora, a che serve desiderare qualcosa se poi questa non si realizza nell’esatto momento in cui ne senti bisogno?”
“Perché desiderare ti costringe a metterci tutto l’impegno necessario per ottenere quello che vuoi. Si tratta di uno stato d’animo che ti focalizza su un obiettivo e che ti sprona a raggiungerlo. Se non desideri nulla, non avrai nulla e nulla farai per migliorare la tua situazione e, automaticamente, ti convincerai di essere inferiore, di non valere nulla. Perché è più facile così…”
La voce della custode del fiore risuonò chiara in Mimì, fino a quando non riaprì gli occhi e si accorse di essere tornata nella sua stanza. Osservò ancora una volta la scrivania, il libro ancora aperto sulla stessa pagina. C’era ancora un po’ di luce, fuori. Si mise a studiare e poi, una volta ripassata la lezione, si offrì per qualche lavoretto domestico.
“Per una vola, mi aiuti senza sbuffare!” disse la madre.
Il giorno dopo, a scuola, Mimì si rese conto che il tempo trascorso a studiare le aveva permesso di svolgere la verifica con facilità e sicurezza.
Si sentiva bene e forse questo traspariva dai suoi immensi occhi azzurri. Forse fu anche per questo che il ragazzo più carino della scuola le sorrise, ammirato.
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